F1 Canada 2013: le curiosità del GP di Montreal

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Paolo Ciccarone
Tutte le curiosità del GP del Canada, dalla vittoria di Alesi con la Ferrari al perché delle defaillance di Damon Hill su questo circuito| <i>P. Ciccarone, Montreal</i>
4 giugno 2013

Per chi è stato contagiato dalla febbre Villeneuve, quella particolare forma di tifo nei confronti di Gilles Villeneuve, il pilota della Ferrari scomparso l’8 maggio 1982 a Zolder, in Belgio, trovarsi per le strade di Montreal è il massimo. Tutto ricorda Gilles, l’epopea di un passato che è ormai storia e un presente che da quella storia trae ancora vitalità e ragione di essere.

Una trasferta atipica

Andare a Montreal per il Gran Premio di F.1 del Canada non è andare al lavoro, ma tuffarsi nei sogni e nei ricordi di un semplice appassionato che tocca con mano quello che all’epoca era solo leggenda. Questo per dire che la trasferta canadese è molto diversa dalle altre. Montreal è una città in pure stile americano ma col tocco tipicamente europeo: c’è il quartiere italiano, quello greco, il libanese, quello cinese e via di questo passo.

Ogni etnia ha conservato le proprie tradizioni e i propri stili, per cui passeggiare da un quartiere all’altro è come fare il giro del mondo in pochi minuti. Non c’è nessuna altra città al mondo che faccia sentire a proprio agio lo straniero. Perlomeno quelle toccate dal circo della F.1, beninteso. Qui non ci si sente mai soli o fuori posto ed è per questo che quando sbarca il mondo della F.1 si assiste a una grande festa.

Una location straordinaria

Tanto per cominciare il luogo dove questa festa si svolge è semplicemente affascinante. I box situati lungo il bacino olimpico, sull’Ile de Notre Dame, sono una specie di passeggiata dove fare lo struscio, fermarsi a guardare i container a mò di casetta che ospitano le squadre come quando per le strade di Rimini o Riccione si va a fare shopping.

I riflessi dell’acqua, i colori della natura, le marmotte e gli scoiattoli che vivono ancora numerosi e incuranti della gente, i due ponti che in lontananza collegano le due sponde del fiume San Lorenzo, con le campate spettacolari del Jacques Cartier, ti portano in un mondo nuovo e piacevole. Le sei ore di fuso orario, inoltre, consentono di scappare via dall’autodromo, una specie di circuito cittadino con parvenze di impianto permanente, in tempo utile per andare a spasso in centro a fare shopping, a guardare vetrine e a comprare di tutto senza sentirsi in colpa per aver lasciato i box in orari inconsueti per gli standard nostrani.

circuito gilles villeneuve
L’attività in pista è frenetica nelle prime ore del mattino. Parlare a un collega in alcuni casi potrebbe rivelarsi fatale: per molto meno qualcuno ha dichiarato una guerra con armi atomiche. Finite le prove le uniche conversazioni fra i giornalisti riguardano solo il lavoro: “Cosa ha detto Alonso? La McLaren che dice? Hai una trentina di righe su Vettel che devo fare il pezzo Red Bull?”

Attività frenetica

L’attività in pista è frenetica nelle prime ore del mattino: di solito gli inviati alle 8 o alle 9 sono già nei box a cercare informazioni e dritte per buttare giù la base degli articoli. Alle 14, ora locale, quando si concludono le prove, in Italia sono le 20 e i quotidiani sono ormai in fase di chiusura, per cui rimane pochissimo tempo per scrivere e inviare i pezzi che il giorno dopo usciranno nelle pagine dello sport.

Calarsi nei box di Montreal dalle 14 alle 15 vuol dire vivere sulla propria pelle una frenesia che fa sembrare i giornalisti europei dei veri e propri schizofrenici. Anche parlare a un collega potrebbe rivelarsi fatale: per molto meno qualcuno avrebbe dichiarato una guerra con armi atomiche. Finite le prove le uniche conversazioni fra i giornalisti riguardano solo il lavoro: “Cosa ha detto Alonso? La McLaren che dice? Hai una trentina di righe su Vettel che devo fare il pezzo Red Bull?”. E così ci si organizza: finite le prove, si scende di corsa nella stradina, meno di due metri, che fa da divisorio fra i box e le casette sul bacino olimpico. Un paio di giornalisti si dirigono al box della Ferrari, un altro va dalla McLaren e uno dalla Williams.

Un altro ancora parla coi giornalisti tedeschi della televisione RTL che hanno il privilegio di parlare subito con Vettel, così che le prime impressioni, tradotte a volte a spanne dai colleghi tedeschi della TV, possano fare da base agli articoli italiani. Trascorsa questa ora infernale si raccolgono gli attrezzi del mestiere, ci si avvia verso la parte opposta dei box, si esibisce il pass elettronico alla macchinetta che fa scattare il cilindro di chiusura, e passeggiando sulla passerella dipinta di verde, messa di traverso sul bacino olimpico, si sale su una scala in tubolari che fa da ponte per consentire alle barche di servizio di passare lungo il bacino per trasportare i VIP da una parte all’altra delle tribune.

Le strutture architettoniche

Un piede qua e uno là, attenti a non far oscillare troppo la costruzione, che vibra già per conto suo a causa del vento laterale, si scende dall’altra parte del bacino e ci si incammina anche per un paio di chilometri per riprendere la vettura parcheggiata nella zona riservata alla stampa, ovvero sul terrapieno di contenimento che divide il bacino olimpico dall’altro ramo del San Lorenzo. E mentre si cammina di corsa con i computer in spalla, capita di sentire una sirena di una nave e vedere un enorme cargo da trasporto sfilare lungo il San Lorenzo.

 Appena messo piede nel centro di Montreal, la destinazione obbligatoria è via Santa Caterina . E’ su questa strada che sorgono i negozi e i ristoranti più frequentati dai cittadini di Montreal e per contro da buona parte del mondo della F.1


Dopo aver superato l’ultimo controllo, si attraversa il ponte che riporta verso il centro di Montreal. Vista dall’alto la città si rivela essere una enorme isola, anzi una serie di isole, che galleggiano nel bacino del fiume San Lorenzo, un corso d’acqua lungo e profondo che sfocia nel nord del Canada e che permette alle navi di medio cabotaggio la navigazione fluviale forse meglio che in mare aperto.

Tutti a fare shopping

Appena messo piede nel centro di Montreal, la destinazione obbligatoria è via Santa Caterina. E’ su questa strada, nella parte centrale, che qui si chiama Down Town (o Centre Ville, alla francese), che sorgono i negozi e i ristoranti più frequentati dai cittadini di Montreal e per contro da buona parte del mondo della F.1.

Nelle strade parallele, che portano in Santa Caterina, si snodano alberghi e locali che fanno da punto centrale della trasferta canadese. In Santa Caterina ci sono i centri commerciali più conosciuti, famosi per la qualità e quantità delle merci esposte e per i prezzi abbordabili. La caratteristica delle città nordamericane è che sotto a questi centri commerciali si snodano un nugolo incredibile di passaggi e ancora negozi, cinema, ristoranti, stazioni della metropolitana, per cui può capitare di restare sotto terra per lunghe ore senza vedere mai la luce del sole e trovarsi da una parte all’altra della città senza l’assillo del traffico o essere esposti alle intemperie del clima.

Siccome si tratta di zone dove è impossibile fare a meno di passare, basta sedersi a un tavolino, bere qualcosa e nel giro di un’ora, vedersi passare tutta la F.1 indaffarata nel fare acquisti. Ci sono i giornalisti inglesi, molto attenti ai prezzi, quelli francesi che godono nel sentir parlare la loro lingua dappertutto, gli spagnoli e i portoghesi, ma anche gli italiani, in giro con borse in mano.

Se uno vuole vivere l’atmosfera del Gran Premio deve tuffarsi nelle feste e nelle esposizioni di Rue Crescent, una strada che si immette nella Santa Caterina. In questa strada aveva aperto un locale Jacques Villeneuve. Si trovava giusto all’angolo, in bella evidenza

Tutti ricchi... a comprare sottocosto!

Ma capita anche di vedere i piloti aggirarsi come normali turisti, con la loro borsetta piena di jeans, camicie e altro ancora. Sulla Sherbrooke, una strada parallela alla Santa Caterina, ci sono negozi e antiquari di alto livello, ma il posto più frequentato è l’emporio Ralph Lauren, che espone e vende camicie e capi d’abbigliamento a prezzi competitivi rispetto a quelli europei. Qui è facile incontrare sempre i soliti ragazzi della Ferrari, ma anche i piloti della McLaren.

Se uno vuole vivere l’atmosfera del Gran Premio deve tuffarsi nelle feste e nelle esposizioni di Rue Crescent, una strada che si immette nella Santa Caterina. In questa strada aveva aperto un locale Jacques Villeneuve. Si trovava giusto all’angolo, in bella evidenza. E’ una costruzione squadrata in legno, vetro e metallo con l’insegna impressa nella vetrina: New Town. Significa Città Nuova, Villeneuve alla francese, ed era il nomignolo che gli americani gli avevano affibbiato quando correva, e vinceva, nella serie Cart.

La movida locale

In Crescent c’è anche un bar molto frequentato e conosciuto da tutti i meccanici, specie gli inglesi. Si tratta del Thursday, un posto dove la birra scorre a fiumi, le ragazze sono tante e molto carine e la musica va a palla riempiendo l’aria dei locali vicini. In Crescent Street la TV canadese organizza delle dirette vere e proprie, con stand che inquadrano vetture da corsa americane, sulle quali gli appassionati si esibiscono in pit stop e gare di destrezza.

E’ in questo quadrilatero che la vigilia del Gran Premio raduna tutti gli appassionati: fra Rue Crescent, Santa Caterina, Rue Peel fino a Sherbrooke è un via vai continuo di sfilate, esposizioni, giochi, gente a spasso o ferma a bere e scherzare con amici. Nella zona opposta, invece, quella del quartiere bohemien, ci sono sfilate di moda, concerti all’aperto, bancarelle ed esposizioni varie. E’ una festa continua, che prosegue anche sotto al ponte Jacques Cartier quando il Gran Premio coincide col campionato mondiale di fuochi d’artificio che per tutti i mesi di giugno e luglio, ogni sabato sera, offre il meglio dei fuochi d’artificio da tutte le nazioni.

Una serata diventata memorabile coinvolse un fotografo inglese e Damon Hill, che da pilota della Williams non aveva detto nulla a Frank Williams e a Patrick Head, che scoprirono il perché delle prestazioni appannate il giorno dopo leggendo un giornale inglese

A ognuno il suo entertainment...

A Montreal, però, non ci si va solo per mangiare e fare acquisti di ogni genere, ma anche per frequentare gli streap bar. Il più famoso è il 696, che prende il nome dal numero civico in via Santa Caterina dove sorge, al primo piano di una palazzina bassa e anonima, ma è allo Chez Pareé si fanno gli incontri più interessanti. Una sera Flavio Briatore, quando non era ancora il Briatore di oggi, ovvero niente Naomi Campbell o Heidi Klum al seguito, finì a bere una birra insieme a un gruppo di cinque giornalisti italiani. Il gestore del locale lo aveva riconosciuto e tutte le ragazze cominciarono una serie di streap tease da sballo proprio davanti a Briatore e agli allibiti, e allupati, giornalisti italiani, che gradirono molto la serata.

In quindici anni di F.1 non è più successa una seconda volta. Una serata diventata memorabile coinvolse anche un fotografo inglese, Keith Sutton, titolare di una delle più note e affermate agenzie del mondo della F.1 e non solo. Keith doveva sposarsi la settimana seguente e i piloti inglesi con i giornalisti, gli organizzarono una festa a sorpresa. Keith gradì molto, ma la mattina dopo tutta la truppa britannica di F.1 era un po’ sotto tono. Compreso Damon Hill che da pilota della Williams non aveva detto nulla a Frank Williams e a Patrick Head, che scoprirono il perché delle prestazioni appannate leggendo un giornale inglese dove un corrispondente raccontò per filo e per segno la serata di addio al celibato di Keith Sutton nei meandri del 696. Johnny Herbert si portò i postumi della sbronza per tutta la giornata di prove.

alesi
La notte brava non fece male a Jean Alesi, che l'11 giugno 1995 vinse la sua prima e unica gara di F1 con la Ferrari

Alesi: una nottata portafortuna

Una sera particolare, invece, fu quella che vide protagonista Jean Alesi. Subito dopo la tradizionale cena della Ferrari, svoltasi al ristorante Le Latini, Jean, il manager Mario Myakawa e una giornalista Mediaset finirono allo Chez Pareé. Non doveva saperlo nessuno, solo che si era sparsa la voce e all’uscita del locale, in evidente stato allegro di tutta la compagnia, ci fu l’incontro fra Alesi e alcuni giornalisti italiani: “Ragazzi che sballo, c’è una che ha due tette grosse così, ve la raccomando!” disse ridendo Jean.

Che la notte brava non gli fece male lo si capì la domenica sera dopo il Gran Premio. Era l’undici giugno 1995 e Alesi aveva vinto la sua prima (e unica) gara di F.1 al volante della Ferrari. L’addetto stampa della Ferrari dell’epoca, Giancarlo Baccini, era uno che controllava anche la pettinatura dei piloti e verificava che fosse stata riportata esattamente sulla stampa, altrimenti scattava la telefonata al direttore o al caporedattore. Saputo della serata trasgressiva di Alesi, Baccini visse due giorni nel terrore che qualcosa finisse sui giornali. Invece niente: a dimostrazione che la stampa certi segreti (di pulcinella) li sa tenere e che la sostanza e la bravura di un pilota non cambia a seconda di come trascorre la serata.
 

 

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