F1: Charlie Whiting, bastava solo il nome

F1: Charlie Whiting, bastava solo il nome
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Paolo Ciccarone
Il nostro inviato F1, Paolo Ciccarone, ricorda Charlie Whiting, direttore di gara della F1 scomparso improvvisamente a 66 anni
14 marzo 2019

Non serviva il cognome, bastava soltanto dire Charlie e nel piccolo mondo della Formula 1 tutti sapevano che si parlava di Charlie Whiting, il direttore di gara. Era arrivato in quel ruolo nel 1997, dopo la lunga parentesi del belga Roland Bruynseraede e il triste caso della morte di Ayrton Senna e Ratzenberger a Imola. Fu un periodo torbido, turbolento della Formula 1, con tante regolamentazioni nuove, e alla fine Charlie Whiting prese il posto da direttore di gara mentre fino al quel momento si era occupato di altre faccende. 

Charlie, insieme ad Herbie Blash e altre persone, faceva parte del gruppo che lavorava con Bernie Ecclestone ai tempi della Brabham, quindi da meccanico ha seguito praticamente tutta la trafila che l'ha portato poi al vertice della direzione sportiva di un GP di Formula 1. Nel paddock lo conoscevano tutti, con la sua chioma candida e la sua camicia bianca impeccabile sembrava quasi un angelo, infatti ogni tanto scherzando gli dicevamo che i piloti erano i suoi Charlie's Angels, riferendosi alla serie televisiva degli anni Settanta. Solo che lui ribatteva: «ll buon Charlie aveva tante belle ragazze, io invece ho venti diavoli scatenati da tenere sotto controllo».

La sua era una vita intensa, senza dubbio. Pensate che l'anno scorso aveva fatto oltre 200 voli intercontinentali: calcolando che ci sono 365 giorni in un anno, vuol dire che ogni giorno e mezzo Charlie si trovava su un aereo. I posti in cui era facile incontrarlo, infatti, erano due: dentro un aeroporto o nella sua saletta della direzione di gara. Era il suo modo di lavorare e di intendere la F1, perché nel momento in cui doveva andare a Melbourne, per esempio, trovava il tempo di fermarsi a Baku, per vedere a che punto fossero in Azerbaijan, e poi magari si fermava a Shanghai per verificare che tutto fosse in ordine. Da Melbourne, già che c'era, faceva un salto ad Abu Dhabi per sincerarsi che le nuovi luci e i nuovi guard-rail fossero in ordine, ripassando magari da Monza per dare un'occhiata all'asfalto. Questa era la vita di Charlie Whiting.

I piloti lo conoscevano molto bene, e lui conosceva altrettanto bene loro. Gli bastava soltanto uno sguardo per capire chi fossero. A Charlie non la si faceva, anche perché con 40 telecamere a disposizione e uno staff di commissari sportivi e tecnici sempre in agguato Charlie doveva soltanto fare da direttore d'orchestra. Nel piccolo mondo della F1, fatto di 2.000 persone che girano per il mondo, ci si conosce tutti quanti. Bastava dire Charlie e l'avevamo lì, sott'occhio.

Nel paddock lo conoscevano tutti, con la sua chioma candida e la sua camicia bianca impeccabile sembrava quasi un angelo

Magari scambiavamo quattro chiacchiere di nascosto, per capire cosa fosse successo o se avesse indiscrezioni da darci. Lui era sempre molto freddo, assai distaccato, ma quando ti diceva qualcosa potevi essere sicuro che l'indicazione fosse quella giusta. Non aveva perso il contatto con le origini, perché nelle salette VIP degli aeroporti lo incontravi al bar a bere una birra con i meccanici. Lui, in fondo, anche se era il direttore di gara, si sentiva ancora il meccanico degli anni Settanta, l'appassionato che era riuscito ad entrare nel mondo che amava. Ciao Charlie, sarà uno choc non vederti più su questa torretta.

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