F1 India 2013: le curiosità del GP di Nuova Delhi

F1 India 2013: le curiosità del GP di Nuova Delhi
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Paolo Ciccarone
Le curiosità del GP di F1 d'India. Dalle 1500 bottiglie di champagne scomparse lo scorso anno alla situazione socio/politica locale | <i>P. Ciccarone, Nuova Delhi</i>
21 ottobre 2013

Si potrebbe ricominciare da capo e tornare a un attacco già usato per il GP di Corea. Ovvero chiedersi perché si va in India a correre la F.1? Premesso che in Corea c’è stato il minimo storico di giornalisti europei in sala stampa (una ventina su oltre 400 postazioni a disposizione). Un segnale più forte e chiaro che di questa F.1 interessa sempre meno non poteva non esserci. E lo stesso vale per il prossimo GP d’India, che si corre su un tracciato costruito apposta per l’evento e che per dodici mesi all’anno non viene mai usato.

In India i problemi non riguardano la F1

Anche perché alle porte di Delhi hanno altri problemi, a partire dalla povertà, a una società a strati divisa in caste che evita ancora i passaggi intermedi e con un bassissimo senso del rispetto delle donne le cui vicende, tragiche, sono sotto gli occhi di tutti. E quanto sia radicata questa mentalità lo si vede anche in F.1, col boss della Force India, Vj Mallya, che si comporta da perfetto indiano. Ricco e culturalmente preparato, ma fortemente maschilista.

La sua fidanzata-moglie scatta al minimo cenno dello sguardo. Se il boss deve buttare la cenere del sigaro in terra, la signora scatta a prendere il portacenere, se il boss vuole bere, lei scatta a prendere i bicchieri e la bevanda preferita. Durante gli incontri o alla presenza di ospiti sta in un angolo e non apre bocca se non a comando. Niente di grave, beninteso, nulla di tragico o irreparabile, solo il sintomo di come, pur in presenza di persone di alto lignaggio, usi e costumi non si cambiano affatto.

Pochi i benestanti

Problemi suoi, si dirà e infatti a noi di Force India, dei suoi piloti e dei debiti non interessa. D’altronde in F.1 chi non ha debiti sono davvero pochi. Red Bull, Ferrari, Mercedes vanno a testa alta. La McLaren scricchiola un po’ per via della fabbrica delle GT ma la base resiste ancora. Tutti gli altri annaspano. Dalla Lotus, che non paga lo stipendio a Raikkonen e cerca soci per sbarcare il lunario, alla Sauber che dal russo Sirhotkin cerca di portare a casa 20,5 milioni di euro di supporto, che servono solo a pagare il suo posto in squadra, sia chiaro, e i motori della Ferrari.

Alle porte di Delhi hanno altri problemi, a partire dalla povertà, a una società a strati divisa in caste che evita ancora i passaggi intermedi e con un bassissimo senso del rispetto delle donne le cui vicende, tragiche, sono sotto gli occhi di tutti


E a proposito di Ferrari, se al ragazzino russo non danno la superlicenza, visti gli scarsi risultati ottenuti, salta il contratto di fornitura, e pagamento, dei motori turbo? Difficile, è più facile che qualcuno aiuto il giovane russo ad avere la licenza per la F.1 alla faccia dei meriti etc etc… Ma tornando a busso, perché andare in India, un GP dove alcuni giornalisti si sono beccati la malaria (è di tipo endemico e la profilassi per questa denominata mild non serve) meccanici e tecnici alle prese con malattie intestinali e altro ancora, che senso ha portare uno sport dove la meccanica e la vendita di auto, dovrebbero prevalere e invece non accade nulla?

Paradossi indiani

La situazione economica indiana è molto meno florida di quanto si descrive. Certo, hanno tassi di crescita enormi, a due cifre, ma con una popolazione di un miliardo di persone, di cui 800 milioni sotto la soglia di povertà, appena comprano una maglietta o un paio di scarpe moltiplicato per un centinaio di milioni di persone, ecco che il tasso di crescita schizza alle stelle. Che sia reale, un altro conto. Lo dimostra un episodio accaduto durante il week end del GP del Belgio, fine agosto.

La situazione economica indiana è molto meno florida di quanto si descrive. Certo, hanno tassi di crescita enormi, a due cifre, ma con una popolazione di un miliardo di persone, di cui 800 milioni sotto la soglia di povertà


La rupia, moneta locale, il venerdì era stata svalutata del 17 per cento, i conti esteri tutti bloccati, al cambio potevi lasciare gli euro o i dollari, ma poi non te li ridavano indietro, dovevi tenerti la rupia svalutata. E per il boss Vj Mallya son stati sudori perché gli investitori stranieri hanno tirato indietro i finanziamenti. Che senso ha investire se poi non posso prendere i soldi guadagnati? Ed ecco che, ufficialmente, il GP India del 2014 non si farà perché troppo a ridosso di quello appena disputato.

Abbiamo perso qualcosa

Balle, non c’è una rupia che sia una, e la corruzione attorno a questo impianto fa paura. L’anno scorso sono sparite 1500 bottiglie Magnum di champagne della Mumm, sponsor della F.1 e fornitrice del paddock club, sono sparite pentole e coperchi in alcuni motor home, piatti e altri oggetti, pure una cucina dai box. I doganieri non sanno mai niente, salvo poi far saltare fuori qualche oggetto scomparso, vedi lo champagne, dopo gli opportuni “controlli”.

Di pentole, cucine, gomme (anche di F.1…) e altro ancora, nessuna traccia, così come non è possibile andare a fare la spesa per conto proprio, ci vuole l’assistente che ti indirizza e ti dice dove comprare le cose. Fosse accaduto da noi si sarebbero arrampicati con una serie di parolacce, tipo mafia, succede in India e gli anglosassoni che li hanno dominati per qualche annetto, fanno finta di niente. Fossero stati siciliani li avrebbero crocifissi. E invece…

E' una F.1 che deve starsene zitta, subire e trovare l’accordo che riempia le tasche di tutti. E in questo contesto che Vettel vinca il quarto titolo mondiale, sinceramente frega poco a nessuno da noi, figurarsi dalle parti di New Delhi


Ma perché la FOM, la società di Ecclestone va in India? Riporto l’analisi fatta dal collega Lucio Rizzica di Sky Sport, che fa capire tante cose: «Dal 2003 ad oggi i ricavi della FOM sono più che raddoppiati e secondo gli ultimi report (estate 2013) si è registrato un +108% negli ultimi otto anni, che ha portato ad avvicinare i 2 miliardi di dollari di utile complessivo. I diritti televisivi e le fee pagate dai promoter ospitanti tengono banco e coprono più del doppio dei guadagni provenienti dalle sponsorizzazioni».


«I contratti con i nuovi circuiti e parte degli "storici" sono arricchiti da clausole che incrementano automaticamente la quota da versare del 10% annuo. Poco meno del 50% dei profitti (il 47,5 circa) è ripartito fra i team, tra i quali quelli più prestigiosi godono di quote aggiuntive di un centinaio di milioni complessivi. Il rimanente 52,5 % spetta a tutte le società facenti parte del Formula One Group, nel cui pacchetto di maggioranza (35,5%) vi sono la famiglia Ecclestone (10%) e Bernie Ecclestone in prima persona (5%)».

Capito allora perché si va a correre in India? E perché quando la Ferrari ha messo la bandiera delle repubbliche marinare, per ricordare i due Marò bloccati in India, le autorità sportive locali hanno fatto casino e si sono lamentate? Come dire con tutti i soldi che vi diamo vi permettete pure di protestare? Ecco, è una F.1 che deve starsene zitta, subire e trovare l’accordo che riempia le tasche di tutti. E in questo contesto che Vettel vinca il quarto titolo mondiale, sinceramente frega poco a nessuno da noi, figurarsi dalle parti di New Delhi, fra vacche sacre sempre più magre, e altri problemi da risolvere.

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