Formula 1 2014: fuga dal circus

Formula 1 2014: fuga dal circus
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Paolo Ciccarone
Ascolti in calo, merchandising che crolla negli incassi e Scuderie in difficoltà. Tante le problematiche con cui deve fare i conti la F1 odierna |<i> P. Ciccarone, Montecarlo</i>
28 maggio 2014

Montecarlo – Parafrasando un vecchio film di fantascienza, si potrebbe dire 2014, fuga dalla F.1. E’ fuga di ascolti davanti alla TV con cali dell’ordine del 30 per cento in Italia e qualcosa meno dalle altre parti.

E’ fuga dai budget astronomici della F.1 per niente giustificati, come dice Flavio Briatore«Uno a Montecarlo spende un sacco di soldi di biglietti per la tribuna e poi vede una macchina di GP2 che costa 3 milioni all’anno in una scuderia di due vetture partire col 13 tempo se fosse stata in F.1, dove chi ha speso 200 milioni parte indietro. E’ un non senso che poi viene pagato dai tifosi che si allontanano, se ne infischiano e cambiano sport».

Un pubblico vecchio

Il pubblico della F.1 è vecchio, fatto da ultraquarantenni così come le tecnologie che irradiano le immagini delle gare. Ecclestone ha avuto la brillante idea di far pagare per i contenuti dei GP, col risultato che le squadre hanno intascato più soldi da spartirsi, ma il crollo di interesse è stato deleterio per tutto l’ambiente. Non solo in Italia, ma anche in Francia, Inghilterra, la stessa Germania che ha Mercedes, Vettel e Rosberg da vantare, soffre. Tanto che alcuni contratti possono essere ridiscussi.


Sky Sport F.1 HD Italia, ad esempio, ha un accordo di tre anni più altri due in opzione. Dopo il primo anno e mezzo i dubbi sul rinnovare o meno sono molto forti. E la stessa RAI, che trasmette 9 gare in diretta e le altre in differita, pur avendo firmato per 5 anni l’accordo con Ecclestone, sta pensando se non sia il caso di rivedere i pagamenti. Infatti 58 milioni di euro di Sky, i 30 della RAI Bernie Ecclestone sa che non li vedrà più in fase di rinnovo e qua si apre un altro capitolo delicato. La F.1 di quest’anno costa in media il 20 per cento in più, con una diminuzione di sponsor.

Il pubblico della F.1 è vecchio, fatto da ultraquarantenni così come le tecnologie che irradiano le immagini delle gare. Ecclestone ha avuto la brillante idea di far pagare per i contenuti dei GP, col risultato che le squadre hanno intascato più soldi da spartirsi, ma il crollo di interesse è stato deleterio per tutto l’ambiente

I conti devono tornare

Se si riducono gli incassi delle TV, le squadre rischiano il collasso, avvitandosi in un giro negativo che rischia di far sparire le cose come le conosciamo oggi. L’allarme lo ha lanciato la Renault, che vende i motori a tre squadre oltre a fornirli (gratis) alla Red Bull. Alcuni team non hanno pagato le forniture. Siamo alla sesta gara del mondiale e dopo cinque prove c’è già chi ha lasciato il segno. Tanto per non fare nomi, si tratta di Lotus e Catheram che non hanno onorato i pagamenti, mentre Red Bull paga per Toro Rosso regolarmente.

Si tratta di una situazione pericolosa e difficile per i francesi, perché senza soldi non si possono programmare gli sviluppi futuri e senza sviluppi non ci sono prestazioni. Lo ha detto chiaramente il Presidente di Renault Sport Jean Michele Jalinier, che ora non sa come venirne fuori. Sospendere la fornitura significherebbe lasciare a piedi quattro piloti, di cui uno (Grosjean) è supportato dalla Total e non starebbe bene lasciare a piedi un pilota francese con sponsor francese e motore francese.

Di sicuro la situazione non è buona e quando il Presidente Montezemolo ricorda che due squadre potrebbero non arrivare a fine anno (Marussia e Catheram, ma si dimentica della Lotus) non è lontano dalla realtà, peccato che tutto l’ambiente si muova come se andasse tutto bene e non ci fossero problemi di sorta. Uno dei punti di forza delle squadre erano gli introiti derivanti dal merchandising. Magliette, cappellini, oggetti vari, rappresentavano un modo per incamerare quattrini.

Negli ultimi anni c’è stato un calo diventato abissale nell’ultimo anno: meno 30-40 per cento nelle vendite, un crollo verticale in cui gli appassionati non ci mettono più quattrini, anche perché pagare 110 euro una maglietta o 60 euro un cappellino che in Cina viene prodotto a 30 centesimi non ha senso

Un calo abissale

Ebbene, negli ultimi anni c’è stato un calo diventato abissale nell’ultimo anno: meno 30-40 per cento nelle vendite, un crollo verticale in cui gli appassionati non ci mettono più quattrini, anche perché pagare 110 euro una maglietta o 60 euro un cappellino che in Cina viene prodotto a 30 centesimi non ha senso. E con meno gente in tribuna e meno soldi in tasca, il conto è presto fatto. La classifica dei più “venduti” vede in testa ancora la Ferrari, che però è passata dai 60 milioni di euro di fatturato di un paio d’anni fa a meno dei 30 attuali.

Che sono sempre una bella cifra, ma rappresenta il 50 per cento in meno in poco tempo. Dietro alla Ferrari c’è la Red Bull, che l’anno scorso ha visto invece crescere le vendite di magliette e cappellini, specie in

Germania e Australia, mentre nei primi mesi dell’anno sta stupendo la Mercedes, con una rete capillare di punti vendita concentrati nelle concessionarie dove insieme a certi modelli, il cappellino o la maglietta sono abbinati nelle vetrine.

Merito delle vittorie di Hamilton (che in Inghilterra è ancora leader davanti a Button) e di Rosberg che ha un suo seguito. E parlando di merchandising, vale la pena ricordare che non è tutto oro quello che luccica. Fernando Alonso sta ancora aspettando i soldi delle vendite di una agenzia turca. E forse aspetterà ancora a lungo visto che il titolare è stato arrestato e che per un po’ di tempo non uscirà dalle patrie galere turche. E visto i buchi che ha lasciato in giro, Fernando non spera di recuperare niente… Quindi, che fare?

Ridurre i costi delle squadre, dare uno spettacolo vero e avvincente, macchine più belle da vedere, piloti più disponibili e personaggi invece degli automi di oggi che non attirano i giovani, meno complicazioni. Lo sanno tutti, ma quando poi si parla di soldi, si finisce in medio oriente su piste idiote, ma costose, con sceicchi che pagano caro uno spettacolo che non lo vale più.

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