F1: Hamilton e le tasse, nessuna ipocrisia

F1: Hamilton e le tasse, nessuna ipocrisia
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Paolo Ciccarone
Viaggio nelle tasche dei piloti di Formula 1: ecco come sono suddivisi i loro guadagni e a che tassazioni sono soggetti
10 novembre 2017

Qualcuno si è scandalizzato perché Lewis Hamilton avrebbe inserito l'acquisto (o il noleggio) del suo aereo privato in una società di Panama e il cui elenco compare nei cosiddetti Paradise Papers. Hamilton ha detto che non ha nulla da nascondere e infatti vale per lui, ma anche per gli altri, un appunto generico sulla professione di pilota. Lewis infatti ha ribadito di pagare le tasse in ogni nazione in cui corre, ed è così.

Infatti i contratti dei piloti professionisti, che prestano la loro opera nell'arco di un campionato che si svolge a livello mondiale, sono composti da tanti piccoli contratti generici. Ovvero, lo stipendio di un pilota è diviso in varie parti: una parte riguarda le gare vere e proprie, una parte riguarda i giorni dedicati al team, agli sponsor e alle PR in genere, una parte per i test e i giorni in ufficio (si fa per dire) coi test al simulatore.

Se un pilota come Hamilton percepisce uno stipendio totale di 30 milioni di euro all'anno, esempio, una metà sarà dedicata alle attività in pista. Ovvero 15 milioni saranno quelli per lo stipendio delle corse. Ogni Gran Premio disputato, Hamilton (ma anche gli altri piloti) intascano una parte del totale. Essendo 20 le gare della stagione 2017 lo stipendio di 15 milioni di euro viene diviso in 20 parti, ovvero per ogni gara Hamilton incassa 750 mila euro lordi. Quindi, nel momento in cui Lewis corre in Brasile, o negli USA o da altre parti, su questi 750 mila euro paga le tasse in base al regime fiscale della nazione. Nel GP di Austin la trattenuta viene fatta direttamente dall'autorità nazionale americana, mentre in altre nazioni il problema non esiste, vedi paesi arabi.

Prima di dare dell'evasore al pilota, solo perché di fama sarebbe il caso di definire una norma unica valida per tutto il mondo. Ma siccome non esiste, ognuno in base al reddito e agli interessi si comporta di conseguenza scegliendo il regime fiscale migliore

Questa operazione è giustificata dal fatto che, ad esempio, l'Inghilterra non può pretendere da Hamilton dei guadagni ricavati con prestazioni professionali svolte in un'altra nazione. Lo stesso vale per tutti i piloti di F.1 (e professionisti in genere, quindi moto, ciclismo etc etc). Per svolgere la sua attività un pilota, prendiamo sempre Hamilton ad esempio, ha delle spese di viaggio, alloggio e viveri. Una parte potrebbero essere compensati dalla squadra (gli hotel ad esempio come fa la McLaren che ha un accordo con la catena Hilton) il resto se lo paga di tasca sua Lewis. E quindi, essendo spese professionali, le può detrarre dal reddito della società cui fa capo. Che può essere una società privata chiamata Lewis Hamilton ltd oppure una società di management.

Il noleggio o l'acquisto dell'aereo sono stati fatti su un territorio che offriva dei vantaggi fiscali alla società del pilota ma, sul resto del reddito, Lewis ha pagato le tasse nel paese di residenza (vabbè a Montecarlo la tassazione è diversa rispetto a Londra...). Come si evince, non c'è stata nessuna evasione fiscale, ma solo l'utilizzo di strumenti finanziari concessi dalle attuali norme internazionali. Prima di dare dell'evasore al pilota, solo perché di fama (ma anche altri personaggi noti come cantanti, politici e manager) sarebbe il caso di definire una norma unica valida per tutto il mondo. Ma siccome non esiste, ognuno in base al reddito e agli interessi si comporta di conseguenza scegliendo il regime fiscale migliore.

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