Formula 1: i 500 GP di Paolo Ciccarone raccontati in cinque aneddoti

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Paolo Ciccarone
Il nostro inviato F1, Paolo Ciccarone, in Francia ha festeggiato i 500 GP in carriera. Un traguardo invidiabile, che celebra ricordando alcuni dei momenti indimenticabili dei suoi quattro decenni in pista
27 luglio 2022

Cinquecento è solo un numero che non cambia la sostanza della propria vita professionale ma è indice di un lungo periodo trascorso fra circuiti, hotel, viaggi e aeroporti in giro per il mondo. Sono quasi 4 decenni di evoluzioni di un lavoro, quello del cronista, che è cambiato nella forma e nella sostanza oltre che nel linguaggio. Da quell'Imola 1983 da fotografo e per tutta la fine del decennio, la macchina fotografica ha accompagnato questo lavoro in F.1. La presenza in pista, a pochi centimetri dal rail, era qualcosa di altamente rischioso e affascinante. Capivi quanto avevi rischiato la sera, quando toglievi la maglietta o la camicia e la trovavi pieni di buchi per le scintille delle monoposto che ti bruciavano tutto. L'accesso ai box era avvenuto prima, nel 1981, sempre come fotografo e i primi accrediti per le gare minori, poi la svolta. Inconsapevole, voluta, casuale. Era un modo per stare vicino ai GP e vedere le gare senza pagare. Motivazione forse meschina, ma molto pratica, perché già all'epoca i biglietti costavano molto per le proprie tasche e bisogna inventarsi qualcosa per seguire da vicino la propria passione. In quel periodo, stando in pista, le amicizie e le conoscenze coi commissari di percorso, coi ragazzi dell'antincendio, con chi recuperava col carro attrezzi le vetture rotte in pista. Tanto che lo chiamavamo il recupero debiti, perché per correre molti facevano debiti. 

Epopea 80-89

Un periodo unico, alla scoperta dei circuiti vicino casa. Come Zeltweg. GP Austria 1987. Prima partenza incidente su in cima alla collina. Si riparte e mi posiziono a metà rettilineo dietro al guard rail vicino al commissario. Si riparte e c'è una ammucchiata paurosa con pezzi che volano dappertutto. Scatto a ripetizione, ma il rullino da 36 pose non consente molto, come accade oggi, e quindi cambio macchina fotografica e nel frattempo vedo il commissario a terra che le mani insanguinate. E' stato colpito dai rottami, che evidentemente hanno sfiorato anche me che ne esco illeso. Il giorno prima, gara di F.3000, ero alla prima chicane, posizione privilegiata, ma i baroni della fotografia del tempo non apprezzavano che l'ultimo arrivato si mettesse davanti e così, col gruppo che parte, danno un calcio al borsone con le macchine fotografiche e obiettivi che rotola giù verso la pista col gruppone che arriva compatto. Tremo al pensiero di cosa possa accadere. La borsa si ferma sul cordolo, passa tutto il gruppo senza toccarla, mi fiondo giù dalla collina e recupero il tutto fra le urla dei commissari che mi allontanano dalla postazione...Il posto dovevi guadagnartelo e superare l'atteggiamento di nonnismo dei veterani. A proposito, avevo consegnato i rullini a Giancarlo Piccinini di Attualfoto, che li portò a Bologna e Autosprint pubblicò delle foto. Firmate Attualfoto. Non ebbi ma indietro le pellicole e non fu mai firmata e pagata nessuna foto. Era lo scotto del noviziato.

Epopea 90-99

E' il decennio formativo per eccellenza. Ogni gara una avventura. Ambiente ancora a misura d'uomo e praticabile, ma difficile entrare nel giro. Ero amico di Michele Alboreto, dai tempi della Formula Monza, e lui è stato un amico vero in quel periodo: "Non ti preoccupare degli altri. Questione di tempo poi anche tu farai parte del panorama, come i guard rail, l'albero e i box, quindi stai qui, se qualcuno ti rompe i coglioni dimmelo che ci penso io". Era questa la F.1 in quel periodo. I grandi nomi dei quotidiani erano visti come dei miti viventi e si seguivano le loro tracce. Magari vedere dove andavano a mangiare la sera per capire con chi si vedevano. Montreal 1990. Primo GP del Canada. Il mito Gilles Villeneuve è ancora presente nella mente ed essere in Canada a fare l'inviato per quel GP, prima trasferta intercontinentale della  mia vita, fu qualcosa di unico. Presi una vettura a noleggio, presi una cartina e mi avviai verso Berthierville. Dove era nato Gilles. Ero il tifoso, non l'inviato. Arrivo in centro al paesino, chiedo informazioni, mi mandano verso una casetta vicino a un capannone dove allevano polli. Suono alla porta. Mi apre una anziana signora. Le dico che sono un giornalista italiano ma soprattutto un tifosi di Gilles. Si commuove, mi fa entrare, mi porta in una stanza con un biliardo, una tromba appesa a un muro e mi porta una fetta di torta di mele. Era Georgette, la mamma di Gilles e nonna di Jacques, che mi ringraziò per la visita e mi raccontava di Gilles, delle mattane del sabato sera, dei primi tempi, di quella tromba che suonava male ma insisteva. Un grande ricordo di una gara incredibile.

Imola 94, quando tutto cambiò. Di incidenti mortali ne avevo visti in circuito (Monza 1974 alla 1000 Km, incidente Silvio Moser, con foto inviate ad Autosprint e pubblicate nella rubrica della posta, ndr). Imola fu qualcosa di unico. Diventammo tutti adulti di colpo, perché la nostra generazione, al contrario dei colleghi più esperti, non aveva avuto quell'impatto con la morte violenta e in diretta TV. Era qualcosa che accadeva dietro le quinte, se ne parlava, ma non c'era la diretta a mostrarlo in mondo visione. Fu una scuola terribile, 72 ore in cui cambiò la percezione del lavoro, la concentrazione nel raccontare le cose tenendo separate le emozioni. E poi le investigazioni successive. Da giornalisti di sport, diventammo esperti di cronaca nera, giudiziaria, raccogliere prove, elementi e pubblicarli. Diventando di fatto dei punti di riferimento per altri giornalisti, che con le corse non avevano dimestichezza. Una scuola terribile ma unica, che cambiò tutto dentro al vostro cronista.

1996: arriva Schumacher

Inizi difficili con Schumacher alla Ferrari, carattere spigoloso, conoscenza risalente ai tempi della F.3 (1989) e rapporti inesistenti. Eppure in Spagna in quel GP del 1996 accadde qualcosa di unico, una vittoria in rosso sotto una pioggia battente incredibile e la classe mostrata. E lui che comincia a sciogliersi, a parlare un po' di più, a capire quanto fosse unica la Ferrari. Se ne accorse quando l'inviato di un noto quotidiano sportivo arrivò col blocchetto degli appunti e gli chiese l'autografo: "Ma non sei professionale - disse Michael  tu sei qui per lavorare non per farti fare gli autografi". Ecco, da quel momento capii che farsi firmare autografi essendo un professionista del settore, poteva essere visto male dai piloti. E fino a quel momento non lo avevo mai fatto più per sensazione personale che per conferma esterna. Ho fatto la deroga al GP di Francia per i 500 GP. Capitano una volta sola e sarà un bel ricordo. Ah no, feci firmare anche l'unica copia del libro pubblicato per la Gazzetta dello Sport nel 2007. Ho tutte le firme dei campioni del mondo incontrati in quel periodo.

Anni 2000

Finita la poesia, finito l'incanto, è diventato tutto molto più regolare: ingresso box come se si timbrasse il cartellino, pranzo, conferenza, uscita box, ristorante per cena. Stop. Fine del lavoro. Eppure il GP del Giappone 2000 fu qualcosa di unico. La Ferrari torna a vincere il mondiale piloti dopo 21 anni ed essere presente a Suzuka fu un evento spettacolare. Complicato dal punto di vista lavorativo, per il fuso e l'organizzazione locale. Infatti i giornalisti venivano portati in bus negli hotel loro dedicati e fino a una certa ora non si poteva stare in sala stampa perché non c'era verso di tornare in albergo. Quindi lavori di notte, con colleghi delle varie nazioni che urlavano i loro pezzi dettandoli al telefono e sveglia all'alba perché la navetta doveva partire per forza alle 7,30 per essere in circuito alle 9. Non si deve sbagliare nulla. Quindi tanto lavoro senza dormire, ma ne valse la pena. Se la ricorda anche Salvatore Belgiovine, uno degli addetti al motorhome stampa. Salì sul muretto dei box per tenere a bada la calca di chi voleva intervistare Schumacher e Todt. Cadde e si ruppe un braccio, le urla e il dolore furono incredibili. Todt gli si avvicina, gli chiede se si è fatto male (col braccio conciato così era evidente) e poi gli dice: "Va bene, vuol dire che allora si ricorderà di questa gara" e se ne va...

Epopea 2010-2022

Tanti episodi, ma senza quella poesia di inizio anni 90, altri piloti, altro ambiente, tutto codificato e schematizzato. E poi la nascita del mito Lewis Hamilton. Un personaggio unico, col quale non ho mai legato. È una superstar, ho lavorato con Senna, Schumacher, Prost, Piquet, Mansell, con tutti ho sempre avuto momenti di incontro e chiacchiere, pure con Damon Hill che è uno dei più ostici. Ma niente al confronto con Hamilton. Un animale da comunicazione, uno che sui social spopola e non ha bisogno dei giornalisti per comunicare. Un grandissimo pilota, unico. E probabilmente l'unico della mia carriera col quale non riuscirò a fare una foto ricordo...

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