La Formula 1 e i figli d'arte

La Formula 1 e i figli d'arte
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Paolo Ciccarone
I giovani non seguono più la F1, ma come mai? Mancano i personaggi e lo spettacolo non è visibile in chiaro. Cosa si deve fare per cambiare? | <i>P. Ciccarone, Monaco</i>
25 maggio 2014

Montecarlo - Avvocati, farmacisti, giornalisti o commercialisti. Ci sono mestieri e professioni che si tramandano di padre in figlio. Ora anche la F.1 segue questo andazzo, come se fosse una professione normale alla portata di tutti. E invece no, perché oltre a tanti soldi ci vuole anche talento e non è detto che fra padri e figli il legame sia diretto.

I Rosberg

Nico Rosberg è figlio di Keke Rosberg, campione del mondo nel 1982. Dovesse vincere il titolo quest’anno, eguaglierebbe Damon Hill, figlio di Graham, unico papà mondiale fra i figli da corsa. Fra padre e figlio c’è un rapporto strano: «Anche quando vinco e faccio tutto bene, mi chiama e mi dice che ho sbagliato qualcosa, io magari lo chiamo e gli dico che ho vinto più di lui. Non si intromette, mi dà consigli se glieli chiedo, più che un padre è un amico consigliere» dice Nico.

Il padre Keke, poco distante, scuote il capo: «tanto fa quello che vuole lui, io so solo che a un pilota non bisogna dire quello che deve fare, ottieni l’effetto contrario per questo me ne sto zitto…».

I Villeneuve

Gilles era l’idolo delle folle al volante della Ferrari, il figlio Jacques è diventato campione del mondo nel 1997 con la Williams, vincendo più gare e un titolo mondiale rispetto al padre. Eppure il mito è ancora Gilles, di Jacques se ne parla in TV quando fa il commentatore o quando corre la 500 Miglia di Indianapolis.

«Era un nome pesante, specie in Italia – dice Jacques – tutti si aspettano qualcosa solo perché ti chiami in un certo modo e non per quello che fai. Hai le strade e le porte aperte per sponsor, contatti e team, ma poi devi andare forte, altrimenti sei un fallito».

Tutti si aspettano qualcosa solo perché ti chiami in un certo modo e non per quello che fai. Hai le strade e le porte aperte per sponsor, contatti e team, ma poi devi andare forte, altrimenti sei un fallito

Gli Ascari

Padri e figli in F.1 è sempre stato un argomento difficile. Ai tempi di Ascari padre e Alberto, il figlio due volte campione del mondo, si moriva in pista e il passaggio di testimone avveniva anche in questo evento luttuoso. Ora per fortuna i tempi sono cambiati e l’anagrafe da corsa segna un aumento di generazioni da corsa.

Gli Andretti

Negli anni 70 avevano cominciato gli Andretti, i fratelli Mario e Aldo, poi quest’ultimo si fratturò in un incidente e lasciò le gare. Al contrario Mario diventò campione del mondo di F.1 nel 1978 e poi i figli Jeff e Michael lo seguirono in pista, quest’ultimo arrivò in F.1 con la McLaren nel 1993 ma fu licenziato dopo il primo e unico podio a Monza.

Buon sangue non mente?

Altra dinastia da corsa quella di Jack Brabham, da poco scomparso, coi figli in pista di cui Geoff al volante della F.1 Brabham negli anni 90 ma senza grossa fortuna. Anzi… tanto il padre era un campione del mondo, tanto scarsi si rivelarono i figli, come scarsi sono stati i figli di Niki Lauda, Mathias, che arrivò fino alla F.3000 prima di aprire un hotel con piscina e spa a Bali che gestisce in società con Nico Rosberg, e scarso anche il figlio del quattro volte campione del mondo Alain Prost.

Nicholas fa il collaudatore part time con la Lotus, ma è più una presenza accademica piuttosto che talento vero. Altro scarso è il figlio di Olivier Panis, che corre nelle categorie minori. Il padre vinse un GP a Montecarlo incredibile prima di fratturarsi e rovinarsi la carriera in un GP del Canada con la Prost F.1 nel 1997.

Anche quando vinco e faccio tutto bene, mi chiama e mi dice che ho sbagliato qualcosa, io magari lo chiamo e gli dico che ho vinto più di lui. Non si intromette, mi dà consigli se glieli chiedo, più che un padre è un amico consigliere

Ma a volte va al contrario

Più bravi i figli rispetto ai padri sono stati Alex Wurz, vincitore a Le Mans coi prototipi ma non molto incisivo con la F.1, e Jenson Button, il cui padre (deceduto a gennaio) correva nel team di autocross col padre di Wurz. Jenson, almeno, è diventato campione del mondo in F.1. Come spera di diventare campione del mondo anche Kevin Magnussen, figlio di Jan Magnussen, che con la McLaren ci ha corso anni fa dopo aver esordito con la Stewart del tre volte campione del mondo Jackie.

Ecco, anche lo scozzese ha aperto una dinastia da corsa col figlio Paul, che correva in F.3000 prima che una grave malattia lo costringesse allo stop agonistico. Ora Paul sta bene e cura gli affari di famiglia. Il talento per i soldi, almeno in questo, è stato subito apprezzato. Ora non resta che aspettare le nuove generazioni di figli da corsa.

Jean Alesi, ex Ferrari, sta svezzando in pista il figlio Giuliano, che corre nei kart. Lo sfortunato Michael Schumacher stava facendo lo stesso con Mick Junior, che in pista corre col nome della madre, Betsch, per non farsi riconoscere. Insomma, non solo farmacisti, avvocati o commercialisti. La storia delle professioni si arricchisce anche di piloti. Soldi e talento tramandati da generazioni. Come dimostra Nico Rosberg.

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