Patrick Tambay, pilota e gentiluomo

Patrick Tambay, pilota e gentiluomo
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Paolo Ciccarone
La storia di Patrick Tambay, approdato a Maranello nel tragico 1982 dopo la morte di Gilles Villeneuve
17 gennaio 2016

Visto che siamo approdati a quel 1982 in cui la F.1 ha scritto una sceneggiatura degna di un film, un tassello importante nella storia di quell’anno lo scrisse Patrick Tambay. Dopo la morte di Villeneuve fu il francese, amico di famiglia di Gilles, ad approdare a Maranello, ma la sua esperienza fu strana, qualcosa di indefinibile. Al punto da sospettare di un disegno del destino incredibile. La sua storia in F.1 cominciò un giorno di luglio del 1977… Quel 14 luglio, sul circuito di Silverstone, Patrick Tambay non sapeva che il suo destino era legato ad altri due debutti eccellenti. C’era quello della Renault Turbo, prima monoposto dell’era moderna dotata di un motore di 1500 cc con turbocompressore, e c’era il debutto di quello che sarebbe diventato un grande amico: Gilles Villeneuve. Domenica 16 luglio, al via della gara, nessuno dei tre ebbe particolare fortuna, ma tanto bastò per tracciare la parola d’avvio nelle carriere dei due piloti e della Renault. Quel giorno nessuno avrebbe immaginato che queste tre storie si sarebbero incrociate in un domani nemmeno tanto lontano. A Monza, prove del GP del 1977, Tambay sente la fredda carezza della signora in nero, quando alla seconda curva di Lesmo perde una ruota e si schianta, scavalcando il guard rail. Solo un grande spavento, ma è il segnale che nella F.1 di quegli anni basta poco per uccidersi. Il primo incrocio del destino avvenne infatti cinque anni dopo. 

Patrick Tambay e Gilles Villeneuve
Patrick Tambay e Gilles Villeneuve

In quella stagione 1982 accadde di tutto. Patrick Tambay era praticamente un disoccupato della F.1. L’anno precedente aveva disputato metà stagione al volante della Theodore, monoposto patrocinata dal ricco magnate di Macao Teddy Yip, e l’ultima metà al volante della Ligier Matra. Ma i risultati furono scarsi. Dopo quattro stagioni a mezzo servizio, sempre con monoposto di secondo piano, la storia e l’avventura di Patrick Tambay in F.1 pareva ormai destinata alla conclusione. Invece a Imola accadde qualcosa che ruppe i delicati equilibri interni di un uomo: Gilles Villeneuve. Il canadese non digerì le manovre del compagno di squadra della Ferrari, Didier Pironi, che andò a vincere il GP di San Marino, una corsa destinata a far discutere anche per l’assenza di metà pattuglia della F.1, quella delle squadre inglesi, nella lotta per il potere e la spartizione degli introiti economici. Quel giorno Villeneuve si ripromise di non dare più spazio a Pironi, di lavare l’onta a suon di giri veloci. Gilles stava mettendo in atto questo proposito quando l’otto maggio 1982, durante le qualifiche del GP del Belgio, la sua Ferrari numero 27 decollò sulla March di Jochen Mass restando ucciso praticamente sul colpo. E’ grazie a questo drammatico episodio che la carriera di Tambay riprende il filo interrotto. La Ferrari chiama il pilota francese per sostituire Gilles Villeneuve, l’amico del cuore che con Arnoux e Tambay faceva gruppo fisso fuori dalle corse.

Tambay alla guida della sua Ferrari 126C3 nel 1983
Tambay alla guida della sua Ferrari 126C3 nel 1983

E’ il GP d’Olanda del 1982, nell’abitacolo della rossa numero 27 la pressione per Tambay è enorme. La Ferrari ha aspettato tre gare per sostituire Villeneuve: dopo il Belgio, la rossa ha schierato solo Pironi nelle gare seguenti. Il francese, in Canada, è il drammatico protagonista di un mancato avvio e relativa tamponata fatale per Riccardo Paletti, che muore nel rogo della sua Osella. Quando ci si presenta a Zandvoort le aspettative sono enormi, ma un pilota che è rimasto fermo per oltre sei mesi più di tanto non può fare e con Pironi che vince il GP d’Olanda, Tambay porta a casa un misero ottavo posto. Comincia così l’avventura del francese a Maranello: da pilota di rincalzo a prima guida il passo è, purtroppo, molto breve. La stagione 82, analizzata col senno del poi, contiene tutti i requisiti di un reality show dell’orrore. Dopo la morte di Villeneuve in Belgio e Paletti in Canada, la violenta lite fra il canadese e il compagno Pironi a Imola, il debutto di Tambay in Olanda, il destino riserva un altro colpo di scena. Accade a Hockenheim, in Germania, quando Didier Pironi non vede la Renault di Alain Prost a causa della fitta pioggia, e decolla maciullandosi le gambe dopo averla tamponata.

La stagione 82, analizzata col senno del poi, contiene tutti i requisiti di un reality show dell’orrore

Sembra la copia dell’incidente di Villeneuve in Belgio, come se una mano avesse voluto vendicare il torto subito da Gilles infliggendo a Didier la stessa sorte atroce, ma Pironi si salva grazie alle modifiche apportate alla 126 C2 proprio in seguito a quell’esperienza. Tambay resta solo in squadra, diventa il pilota numero 1 della Ferrari, su lui gravano le attese e le speranze dei tifosi e proprio il giorno dopo il drammatico incidente di Pironi, Tambay coglie la prima vittoria in F.1 proprio a Hockenheim. Meno di tre mesi prima era un ex pilota senza storia e senza lode. Ora è il numero 1 della Ferrari. E’ un gioco del destino davvero incredibile, una sorta di maledizione che grava sulla rossa che fra alti e bassi, colpi di scena, drammi e gioie incredibili, si trascina fino alla fine della stagione, quando un problema alla spalla impedisce a Tambay di lottare per il titolo mondiale che va a Keke Rosberg con la Williams.

Tambay e René Arnoux, suo compagno in Ferrari nel 1983
Tambay e René Arnoux, suo compagno in Ferrari nel 1983

La stagione 1983 comincia sotto il segno della serenità. Al fianco di Tambay, confermato anche per questa stagione, arriva Renè Arnoux, il terzo moschettiere e il grande protagonista, con Villeneuve, del famoso duello di Dijon, quando la Ferrari e la Renault si cambiarono le posizioni a suon di ruotate. La 126 C3, dotata del fondo piatto come da nuovo regolamento tecnico, è imbattibile. In qualifica Tambay parte 8 volte in prima fila, segna 4 pole position, ma alla fine il bottino di vittorie è magro: Tambay vince solo a Imola, grazie anche a una uscita di strada di Riccardo Patrese, che gli consegna il successo su un piatto d’argento, uscendo di strada alle Acque Minerali a sei giri dalla fine, dopo aver superato con una bella manovra proprio lo stesso Tambay, scattato terzo in griglia. Le numerose partenze in prima fila e i risultati scarsi, fecero dire a Enzo Ferrari che, forse, Patrick Tambay “aveva il complesso del semaforo”. Quella definizione calzava a pennello, visto che al via la rossa di Tambay era sempre la più lenta e non riusciva a concretizzare quanto di buono mostrato nelle qualifiche. E’ il segnale che la storia alla Ferrari sta per concludersi. Oltre alla vittoria di Imola, della stagione 83 restano due secondi posti, in Belgio e in Olanda, due terzi posti in Canada e Gran Bretagna e il quarto posto assoluto dietro ad Arnoux nella classifica iridata. La Ferrari, però, vince il mondiale costruttori. In fondo, la miglior monoposto del lotto era proprio la 126 C3 e solo circostanze sfortunate hanno impedito il ritorno al successo anche nel mondiale piloti, complice una Brabham e un Nelson Piquet davvero in forma. Anche se a fine anno le polemiche sulle benzine speciali usate dal brasiliano si sprecheranno, ma la classifica non cambierà più.

Tambay al volante della sua Renault RE50 nel 1984
Tambay al volante della sua Renault RE50 nel 1984

A fine stagione la Ferrari annuncia l’arrivo di Michele Alboreto al fianco di Renè Arnoux, Patrick Tambay diventa prima guida alla Renault, riprendendo quel filo e quella storia che a Silverstone, sette anni prima, aveva sfiorato lui, Gilles Villeneve e la Renault. Saranno in pratica gli ultimi fuochi di una carriera di F.1 sempre contrastata e ricca di problemi. Con la Renault ci sarà ancora una pole position, nel GP di Francia del 1984 e un secondo posto a fine gara. Chi lo vede scattare nuovamente al rallentatore dalla pole ricorda subito le parole di Enzo Ferrari e il complesso del semaforo. Anche con la Renault, Tambay non è un fulmine al via. Nel GP di Montecarlo Patrick rimediò una frattura al perone a causa di una carambola spettacolare, dovuta a un avvio non proprio scattante con conseguente ammucchiata. Gli ultimi anni di carriera sono sotto il segno della Lola Hass Turbo, una monoposto infelice, lenta e fragile con la quale Tambay ottiene come miglior risultato un quinto posto nel GP d’Austria del 1986.

Di lui restano due vittorie in F.1 con la Ferrari, 197 giri al comando, 24 uscite di strada, 2 giri veloci in corsa e 5 mancate qualificazioni. Ma soprattutto resta lo stile, la classe e l’educazione di colui che in F.1 è ricordato come un pilota e un gentiluomo. Uno di un’altra epoca, un vero cavaliere e un gran signore

Patrick capisce che dopo i fasti della Ferrari, il potenziale tecnico della Renault e la mancanza di soldi della Lola, a quasi 37 anni ormai ha già dato tutto quanto poteva. Meglio staccare la spina e passare dall’altra parte della barricata, come giornalista telecronista per le televisioni e le radio francesi. Di lui restano due vittorie in F.1 con la Ferrari, 197 giri al comando, 24 uscite di strada, 2 giri veloci in corsa e 5 mancate qualificazioni. Ma soprattutto resta lo stile, la classe e l’educazione di colui che in F.1 è ricordato come un pilota e un gentiluomo. Uno di un’altra epoca, un vero cavaliere e un gran signore. Uno che in un’altra epoca avrebbe potuto benissimo mollare tutto per salvare la donzella in pericolo e tornare a casa contento per aver fatto ciò che gli diceva l’animo. Peccato che per questi uomini non ci sia spazio in F.1. La sua uscita dalla Ferrari, sostituito da Alboreto, fece discutere per come avvenne, con un modo duro, diretto e senza mezzi termini che non era solito in Ferrari, tanto che le polemiche si sprecarono e qualcuno ci rimise il posto di lavoro, come l’allora direttore di Autosprint Gianni Cancellieri. Ora Tambay segue le gare facendo le radiocronache su RMC France e il figlio corre insieme ai figli di altri colleghi ex F.1.

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