Autodromo di Modena: punta l'occhio sulla sicurezza

Autodromo di Modena: punta l'occhio sulla sicurezza
Pubblicità
Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
Un innovativo studio sui movimenti oculari si trasforma in un corso di perfezionamento utile tanto per la guida sicura quanto per quella sportiva. A due o quattro ruote
  • Edoardo Licciardello
  • di Edoardo Licciardello
22 ottobre 2012

Perdonateci la banalità, ma la vista è l'unico senso dell'uomo senza cui è oggettivamente impossibile guidare - lasciamo perdere sciocchezze cinematografiche stile Scent of a Woman, in cui Al Pacino non vedente si metteva al volante di una Ferrari.

E' vero: i veicoli moderni stanno cercando di sostituire gli occhi del proprio pilota con sensori di ogni tipo ma è altrettanto vero che, allo stato dell'arte, è il pilota a condurre il gioco. E gli occhi del pilota sono quelli che gli permettono di prendere tutte le decisioni che si trasformano in comandi alla guida.


Vi sembrerà di aver letto una banalità, ma gli studi sulla vista legati alla guida - soprattutto sportiva - sono complessi ed estremamente approfonditi, e nascono addirittura da quanto fatto nel contesto dell'aeronautica militare ai tempi in cui infuriava la guerra fredda. Non è un caso se leggende delle due e quattro ruote, fra cui il tre volte iridato nel motociclismo Freddie Spencer, si dicessero dotati di una "visione rallentata" che gli permetteva di agire con maggior freddezza e precisione.

Si va dove si guarda

La prima conclusione, e forse la più importante nella sua semplicità, a cui questi studi giunsero fu quella di dimostrare che il mezzo che si sta guidando va dove punta lo sguardo del pilota. Da qui l'errore che porta a collisioni contro quel mezzo che si vuole a tutti i costi evitare, l'uscita di pista del pilota che pensa di essere troppo veloce e fissa lo sguardo sulla via di fuga, e quella target fixation, perdonateci il ritorno all'aeronautica, che porta a fare si che il pilota segua l'aereo nemico senza vedere null'altro sbattendo contro ostacoli fissi che si riterrebbero normalmente impossibili da colpire.

La prima conclusione, e forse la più importante nella sua semplicità, a cui questi studi giunsero fu quella di dimostrare che il mezzo che si sta guidando va dove punta lo sguardo del pilota


Il progresso tecnologico ha permesso però di andare oltre queste prime conclusioni, grazie soprattutto a persone che hanno creduto davvero tantissimo nelle potenzialità di simili iniziative. L'Autodromo di Modena è stato teatro, sabato 13 ottobre, della prima presentazione di un innovativo studio condotto dal Professor Giorgio Guidetti (direttore del servizio di Audio-Vestibologia dell'Azienda USL di Modena, nonché luminare della materia a livello internazionale).

Ospiti della struttura modenese, con lo stesso Presidente Maurizio Bombarda a fare gli onori di casa, abbiamo potuto vedere in prima persona come l'attuale tecnologia possa aiutarci nel controllo dei nostri occhi rendendoci più sicuri ed efficaci nella guida.

I movimenti saccadici

Come dicevamo sopra, il concetto fondamentale è che il mezzo che stiamo guidando va in direzione del nostro sguardo. Se impostiamo una curva con lo sguardo verso l'esterno, sulla linea di mezzeria o su un veicolo che procede in senso opposto, forse non gli andremo contro - perché con ogni probabilità risposteremo più volte lo sguardo in diverse direzioni - ma difficilmente percorreremo quella traiettoria perfetta che sarebbe opportuna. Non "prenderemo la corda", probabilmente gireremo più larghi di quanto non sarebbe possibile, e sicuramente ci porremo in situazioni di maggior pericolo e stress rispetto alla condizione ideale.


Il problema è semplice: ogni qualvolta entra nel nostro campo visivo qualcosa che distolga la nostra attenzione - un segnale stradale, un veicolo, ma anche un dettaglio in lontananza - il nostro sguardo vi si focalizza con, appunto, un movimento saccadico.

Si tratta di movimenti dell'occhio rapidissimi - durano fra i 200 e i 400 millisecondi, con velocità angolari che possono raggiungere i 900°/s, durante i quali però ci ritroviamo quasi del tutto ciechi - le immagini dirette al cervello sono per forza mosse, sfocate e prive di profondità


Si tratta di movimenti dell'occhio rapidissimi - durano fra i 200 e i 400 millisecondi, con velocità angolari che possono raggiungere i 900°/s, durante i quali però ci ritroviamo quasi del tutto ciechi. Le immagini dirette al cervello sono per forza mosse, sfocate e prive di profondità. Il cervello compensa ricostruendo in parte l'immagine, ma rimangono una serie di momenti in cui al nostro cervello non arrivano informazioni fondamentali - una serie di momenti di cecità tanto più lunga quante più saranno le "distrazioni" che ci faranno spostare lo sguardo rispetto a dove dovremmo puntarlo.

Il supporto tecnologico

Il razionale che sta dietro lo studio del Professor Guidetti nasce dalla possibilità di riprendere i movimenti della pupilla e dell'iride durante la guida attraverso occhiali speciali Eye Tracking sviluppati con SrLabs di dimensioni paragonabili, per darvi un'idea, alle unità attive che vi vengono fornite nei migliori cinema 3D.

Attraverso queste riprese è possibile capire quando e dove si sposta lo sguardo del pilota, ed imparare a controllare le… divagazioni più o meno volontarie dello sguardo. Lavorando con Stefano Livio, pilota ed istruttore professionista con una brillante carriera fra monoposto e turismo (più volte vincitore del Ferrari Challenge a livello italiano e mondiale) il professor Guidetti è giunto alla conclusione di come sia possibile contrastare i movimenti saccadici con opportuni altri movimenti denominati appunto anti-saccadici.

L'idea è di arrivare, attraverso un adeguato tutoring da parte degli istruttori e l'analisi delle registrazioni - in grado di calcolare numero ed ampiezza di movimenti saccadici, e dunque darci un'idea degli errori commessi - a creare degli automatismi nel pilota o nel semplice guidatore che gli permettano di ridurre al massimo gli spostamenti dello sguardo non necessari.

La prova pratica in pista ci ha permesso di verificare la correttezza della teoria: chi si è sottoposto al corso ha ridotto sensibilmente il tempo sul giro, denotando anche un radicale calo dei movimenti saccadici registrati dagli occhiali, chi invece ha semplicemente ripetuto il giro, pur conoscendo meglio il tracciato, ha confermato entrambi i valori.

Un futuro anche a due ruote

E' evidente come la tecnologia impiegata abbia limitato finora la portata dello studio all'ambito automobilistico. Ma la trasposizione motociclistica è molto vicina: nelle ultime tre stagioni è stato sondato l'interesse fra i piloti, partendo dai campionati mondiali fino alle serie nazionali, ai trofei dilettantistici e ai normali motociclisti stradali.

La prova pratica in pista ci ha permesso di verificare la correttezza della teoria: chi si è sottoposto al corso ha ridotto sensibilmente il tempo sul giro, denotando anche un radicale calo dei movimenti saccadici registrati dagli occhiali, chi invece ha semplicemente ripetuto il giro, pur conoscendo meglio il tracciato, ha confermato entrambi i valori


Distribuendo un questionario realizzato “a quattro mani” dal professor Guidetti e da Maurizio Bombarda si è riscontrato un grande interesse, arrivando ad alcune sorprendenti conclusioni e gettando le basi per una produttiva evoluzione in termini dueruotistici.

Quello che ha stupito maggiormente Guidetti è stato realizzare come i migliori fra i piloti avessero già realizzato autonomamente come la direzione dello sguardo fosse il punto di partenza di qualunque comando di guida. Alessandro Gramigni (iridato in 125 nel 1992 e tuttora attivo nel Campionato Italiano) ha sintetizzato con tipica verve toscana il concetto dicendo: «La moto ‘un la si guida con il hulo come credono molti, ma con gli occhi e la testa.»

Altrettanto sorprendente è stato invece il livello d’ignoranza a riguardo fra i motociclisti di tutti i giorni, che in gran parte dei casi non avevano la minima percezione dell’importanza dello sguardo nella guida delle moto. E’ quindi evidente come la formazione e l’allenamento al corretto uso dello sguardo potrebbero portare grandi miglioramenti in termini di sicurezza, piacere di guida e, nel caso dei piloti, velocità.

«Al momento attuale la tecnologia non consente ovviamente l’impiego di un supporto tecnico come gli occhiali impiegati sulle quattro ruote» spiega il Professor Guidetti, «che sono troppo voluminosi per essere indossati sotto il casco. Ma ci stiamo lavorando, e non manca molto. Nel frattempo abbiamo comunque riscontrato grande interesse da diversi organizzatori di corsi di guida, che vorrebbero incorporare le nostre tecniche di controllo sui movimenti saccadici.»

Sicuramente avverrà per quanto riguarda quelli organizzati presso l’Autodromo di Modena. Attendiamo con ansia visiere speciali che ci aiutino a completare l’opera.

 

Argomenti

Pubblicità