Automotive italiano in stato di emergenza: le associazioni scrivono al Governo, ecco le 6 richieste

Automotive italiano in stato di emergenza: le associazioni scrivono al Governo, ecco le 6 richieste
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Mercato fermo, produzione ai minimi, parco auto vecchio e transizione bloccata: ACI, ANFIA, ANIASA, FEDERAUTO, MOTUS-E e UNRAE firmano un appello unitario per salvare il settore
30 settembre 2025

Per la prima volta, l’intera filiera dell’automotive italiano si è presentata compatta davanti alle istituzioni e in occasione del Salone Auto Torino 2025, nella cornice del Palazzo Reale, le principali associazioni del settore – ACI, ANFIA, ANIASA, FEDERAUTO, MOTUS-E e UNRAE – hanno lanciato un appello congiunto al Governo e al Parlamento. Un gesto definito dagli stessi promotori “storico”, perché mai prima d’ora costruttori, componentisti, concessionari, noleggiatori e rappresentanti della mobilità elettrica avevano deciso di parlare con una sola voce.

Al termine di una tavola rotonda dedicata al futuro dell’automobile in Italia (come vi abbiamo anticipato qui), le sei associazioni hanno firmato e presentato una lettera ufficiale indirizzata a Palazzo Chigi, ai ministeri competenti e agli enti locali. Il documento, che fotografa la gravità della crisi in atto e propone un pacchetto di interventi immediati, mette nero su bianco un concetto chiave: senza un’azione rapida e coordinata, il settore rischia un declino irreversibile.

Lo scenario di crisi

Nel comparto delle autovetture, nei primi otto mesi del 2025 le immatricolazioni hanno segnato un crollo del 21,5% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, riportando i volumi ben al di sotto dei livelli pre-pandemici. Sul fronte produttivo, la filiera industriale si trova al minimo storico: un ridimensionamento che, avvertono le associazioni, mette a rischio la sopravvivenza stessa di una delle eccellenze italiane.

Non meno allarmante è la situazione del parco circolante. Con un’età media di 13 anni per le autovetture – contro gli 11,5 del 2019 e i 7,9 del 2009 – l’Italia si colloca tra i Paesi più arretrati d’Europa. Nei veicoli pesanti e nei rimorchi, il dato è ancora più critico, con ricadute dirette sulla sicurezza stradale e sull’ambiente. A questo si somma lo stallo della transizione energetica: la quota di mercato delle auto elettriche pure si ferma al 5,2%, appena un quarto della media europea, e anche le nuove immatricolazioni presentano livelli emissivi lontani dagli obiettivi fissati da Bruxelles.

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Il cuore della lettera: le sei priorità

1) Stabilità e chiarezza delle misure incentivanti a carattere strutturale

Le associazioni chiedono innanzitutto di superare la logica dei “bonus a intermittenza” e di introdurre misure di sostegno stabili, semplici e di lungo periodo per la diffusione dei veicoli a basse e zero emissioni. Nel concreto, questo significa programmare incentivi pluriennali con criteri chiari di accesso (fasce di reddito, valore usato da rottamare, obiettivi di efficienza) e una dotazione finanziaria certificata che non cambi con ogni manovra di bilancio.

Un pacchetto di questo tipo darebbe due benefici immediati: da un lato offrirebbe ai consumatori certezza sulle condizioni d’acquisto, accorciando i tempi di decisione; dall’altro permetterebbe ad industria e rete commerciale di pianificare investimenti produttivi e di reparto (produzione, formazione, magazzini). Le associazioni sottolineano però un punto critico: incentivi troppo generosi o mal calibrati possono distorcere il mercato (favorendo importazioni a scapito della produzione locale) oppure generare bolle di domanda transitoria. Per questo il documento insiste sul coordinamento fra ministeri competenti, affinché le misure siano coerenti con politiche industriali, fiscali e ambientali nazionali ed europee.

2) Piano nazionale per le infrastrutture di ricarica e per le altre alimentazioni

Il secondo nodo è infrastrutturale: le associazioni chiedono un cronoprogramma con obiettivi cogenti per installazione, messa in esercizio e interoperabilità delle colonnine — non solo in città ma lungo le reti autostradali e nelle aree periferiche. Dalla lettera emerge la preoccupazione che una semplice crescita numerica delle colonnine (oggi >70.000 installate, ricorda il dibattito) non basti se una quota significativa resta non attiva o se il sistema è frammentato in decine di app e sistemi di pagamento non interoperabili.

Le proposte includono semplificazione delle autorizzazioni, criteri paesaggistici armonizzati, fondi garantiti per attivare infrastrutture già finanziate ma ferme, e interventi tariffari temporanei per contenere il costo dell’energia di ricarica nella fase iniziale. L’obiettivo dichiarato è creare una rete che sia affidabile, accessibile e integrata con il sistema di distribuzione energetica nazionale: senza questa rete, sottolineano le associazioni, la transizione verso elettrico rischia di incepparsi sul piano dell’esperienza d’uso e dell’equità territoriale.

3) Riforma della fiscalità sull’auto aziendale

Le organizzazioni propongono una revisione della fiscalità che regoli deducibilità, detraibilità e tempi di ammortamento in linea con le best practice europee, con l’obiettivo di rendere più conveniente il rinnovo delle flotte aziendali e dei veicoli da lavoro. Questo aspetto è cruciale perché flotte e aziende rappresentano una quota significativa delle immatricolazioni e potrebbero accelerare la diffusione di tecnologie a basse emissioni se fossero incentivate in maniera strutturale.

Una riforma ben calibrata produrrebbe effetti moltiplicatori: ridurrebbe l’età media del parco circolante, migliorerebbe sicurezza e qualità dell’aria, e genererebbe domanda stabile per l’industria nazionale. Le associazioni però mettono in guardia: misure mal costruite potrebbero essere aggirate o tradursi in vantaggi concentrati in pochi grandi player, anziché diffondersi capillarmente. Serve quindi trasparenza e monitoraggio degli effetti ex post.

4) Sostegno alla filiera industriale e artigianale italiana

La lettera chiede interventi mirati per sostenere tutta la catena del valore — dai componentisti alle officine, dai produttori ai concessionari — con strumenti per la riconversione industriale, incentivi alla ricerca e sviluppo su tecnologie strategiche (batterie, elettronica di potenza, software veicolare) e programmi formativi per riqualificare la forza lavoro. Per una filiera che rappresenta gran parte del valore aggiunto del veicolo, il rischio è doppio: perdere capacità produttiva oggi e non avere le competenze per competere domani.

Le misure proposte vanno da crediti e sgravi fiscali per investimenti in R&S, a fondi per la digitalizzazione delle PMI della componentistica, fino a percorsi di formazione tecnica congiunti tra imprese e istituzioni formative. Le associazioni evidenziano inoltre la necessità di sostenere l’artigianato automobilistico — settore rilevante nella nostra manifattura — per non disperdere capacità di servizio e know-how locale.

5) Supporto alla clientela

Le associazioni sollevano un problema di fiducia e informazione: i cittadini e le imprese devono poter scegliere in modo consapevole, con regole chiare su incentivi, divieti e normative locali. La richiesta è di politiche che accompagnino il cliente nella transizione tramite: informazione neutrale e trasparente, strumenti finanziari accessibili, garanzie sulla sicurezza e sulla sostenibilità dei veicoli acquistati e omogeneità normativa fra regioni e comuni.

Tra le proposte concrete, la lettera indica campagne informative istituzionali, sportelli di consulenza per la rottamazione e l’acquisto, e misure che evitino contraddizioni fra regolamenti municipali (ad esempio zone a traffico limitato) e politiche nazionali. L’obiettivo è ridurre lo “smarrimento” del consumatore che spesso frena la decisione d’acquisto e rischia di rallentare la domanda complessiva.

6) Valorizzazione culturale dell’automobile e del trasporto merci su gomma

Infine, il documento richiama l’importanza dell’auto non solo come mezzo di trasporto ma come elemento culturale, industriale ed economico: design, industria, indotto, turismo e reti logistiche. Le associazioni chiedono azioni di comunicazione pubblica per ribadire il valore strategico della mobilità su gomma, insieme a politiche che riconoscano il ruolo centrale del trasporto merci nel sostegno alle filiere territoriali.

Si tratta anche di valorizzare le molteplici tecnologie disponibili (pluri-tecnologicità) e la libertà di scelta del consumatore, evitando approcci esclusivamente proibitivi. La proposta include iniziative culturali e istituzionali — dai musei dell’auto a programmi di promozione del design e della formazione tecnica — considerate utili per mantenere viva la passione per il settore e per attrarre talenti verso le professioni dell’automotive.

I temi emersi nel dibattito

Oltre ai sei punti prioritari, il dibattito al Salone Auto Torino ha messo in luce alcuni aspetti pratici e immediati che evidenziano le criticità del settore e la necessità di interventi strutturali. FEDERAUTO ha ribadito il ruolo strategico dei concessionari, considerati cerniere fondamentali tra consumatore e industria: la loro funzione non si limita alla vendita, ma include supporto tecnico, consulenza sulla transizione energetica e assistenza nella scelta del veicolo più adatto alle esigenze del cliente. La filiera integrata, che mette insieme produttori, distributori e istituzioni, viene indicata come la chiave per affrontare sfide complesse senza disorientare l’utenza.

Un tema centrale emerso durante il confronto riguarda l’infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici, oggi al centro di dibattiti e critiche. Secondo i dati aggiornati da Motus-E, l’Italia conta oltre 70.000 punti installati, ma circa il 15% non è ancora attivo. A fronte di circa 300.000 veicoli elettrici circolanti, la copertura appare sufficiente in termini numerici, ma la qualità del servizio e la frammentazione digitale rischiano di rallentare l’adozione su scala nazionale: troppe app, sistemi non interoperabili e colonnine non sempre compatibili rendono l’esperienza dell’utente frammentata e poco affidabile. Gli operatori del settore sottolineano come sia essenziale sviluppare un ecosistema efficiente e integrato, evitando che problemi tecnici o organizzativi frenino la domanda.

Il dibattito ha poi toccato la questione degli incentivi a intermittenza, considerati inefficaci e distorsivi: bonus discontinui generano incertezza sia nei consumatori sia negli operatori, e non favoriscono un mercato stabile. Le associazioni chiedono al Governo una riforma strutturale della fiscalità automobilistica, con misure coerenti e durature, in grado di stimolare realmente il rinnovo del parco circolante, tra i più anziani d’Europa.

L’emergenza del mercato italiano è confermata dai numeri: rispetto al 2019, sono state perse quasi 160.000 immatricolazioni, l’equivalente di un’intera città come La Spezia. Una contrazione che impatta non solo sulle imprese, ma anche sulle entrate fiscali dello Stato e sull’indotto economico più ampio. Per questo, le associazioni sottolineano l’urgenza di una politica di squadra che combini sostegno industriale, infrastrutturale e culturale, evitando di sacrificare competitività e innovazione in un momento cruciale per la transizione energetica e tecnologica del Paese.

Infine, emerge con forza il messaggio unitario del settore: l’automobile resta un motore di cultura, innovazione e crescita economica, e la passione per la mobilità deve continuare a guidare le scelte strategiche, garantendo sia la sicurezza dei cittadini sia la competitività internazionale dell’Italia.

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