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Per la prima volta, le principali associazioni italiane dell’automotive si sono riunite attorno a un unico tavolo per lanciare un appello comune alle istituzioni. È accaduto al Salone Auto Torino 2025, nella suggestiva cornice della Sala da Ballo di Palazzo Reale, dove si è svolta la tavola rotonda intitolata “Rilanciare l’Automotive in Italia: una visione condivisa”, promossa da UNRAE e condivisa con i vertici di ACI, ANFIA, ANIASA, Federauto e Motus-E.
Un evento definito di “eccezionale valore” in un momento critico per il comparto, che ha visto la presentazione di una lettera congiunta indirizzata al Governo e al Parlamento. Nel documento, le associazioni hanno denunciato con forza una crisi senza precedenti, caratterizzata da mercato stagnante, produzione nazionale ai minimi storici, un parco circolante sempre più vecchio e una transizione energetica rallentata, con l’Italia in ritardo rispetto all’Europa.
A rompere il ghiaccio è stato il generale Giulio Del Sette, commissario straordinario dell’ACI, che ha ricordato come l’Automobile Club d’Italia, giunto ai 120 anni di attività, abbia sempre avuto come missione la promozione di una mobilità sicura, sostenibile e accessibile. Del Sette ha evidenziato il ruolo dell’ente nella diffusione della cultura della sicurezza stradale, anche attraverso le proprie piste di guida sicura e in collaborazione con istituzioni come l’INAIL, con cui è in fase di definizione un protocollo per estendere i corsi ai lavoratori coinvolti negli spostamenti.
Il commissario ha poi richiamato l’attenzione sull’età media del parco circolante italiano, oggi tra le più alte in Europa, con conseguenze dirette sia in termini ambientali che di sicurezza. In questo senso, Del Sette ha ricordato la misura recentemente introdotta in legge di bilancio che attribuisce ad ACI la gestione del noleggio sociale: uno strumento finanziato con 50 milioni di euro che consentirà a cittadini con minori possibilità economiche di sostituire le proprie auto obsolete con veicoli più sicuri e moderni. Una misura ancora limitata nei numeri – circa 8.500 veicoli interessati – ma significativa come primo passo per affrontare l’emergenza del rinnovo del parco auto.
A portare la voce dell’industria della componentistica è stato il presidente di ANFIA, che ha sottolineato come il settore rappresenti non solo un pilastro economico, ma anche un laboratorio di innovazione e sicurezza. In quest’ottica, è stato ricordato il prossimo forum dedicato al motorsport, organizzato dall’associazione, che verrà presentato come un vero e proprio banco di prova per le soluzioni tecnologiche più avanzate, in grado di trasferire al mercato esperienze nate dalle competizioni.
Il discorso si è poi concentrato sul parco circolante italiano, stimato ufficialmente in 41 milioni di veicoli. Un dato che, secondo ANFIA, necessita di una profonda revisione: incrociando le informazioni relative a targhe, bolli, assicurazioni e revisioni, emergerebbe infatti che una quota significativa dei veicoli più vecchi (Euro 0 ed Euro 1) esiste solo “sulla carta”, trattandosi di veri e propri “fantasmi statistici”. Una distorsione che rischia di falsare le politiche urbane e nazionali in materia di inquinamento e mobilità, e che rende urgente un sistema di dati certi e aggiornati.
La riflessione si è poi spostata sul livello europeo, con una metafora volutamente provocatoria: “C’era una volta un’industria che valeva il 7% del PIL europeo, che investiva 30 miliardi l’anno in ricerca, generava 40.000 brevetti e sosteneva milioni di posti di lavoro diretti e indiretti”. Oggi quella stessa filiera – pur ancora presente – appare sempre più fragile, stretta tra le politiche comunitarie, giudicate talvolta miopi, la concorrenza statunitense e soprattutto l’ascesa inarrestabile della Cina, capace di creare un mercato che da solo equivale alla somma di Europa e Nord America.
Per ANFIA, l’Europa si trova dunque davanti a un bivio cruciale: continuare su una strada che rischia di condannare il settore a un declino irreversibile, oppure avere il coraggio di invertire la rotta con una vera discontinuità nelle politiche industriali e di sostegno alla filiera. Un’esigenza resa ancora più urgente dal peso della componentistica, che rappresenta l’80% del valore di un veicolo e che oggi più che mai ha bisogno di un’industria automobilistica forte per continuare a investire e innovare.
Nella parte conclusiva del dibattito, è stato ribadito da FEDERAUTO come i concessionari continueranno a svolgere un ruolo fondamentale nel guidare i clienti all’interno di una transizione complessa, offrendo non solo competenze commerciali ma anche supporto tecnico e consulenza. La logica di filiera, che mette insieme industria, distributori e istituzioni, è stata indicata come la chiave per affrontare in modo strutturato le sfide future.
Grande attenzione è stata dedicata anche alle criticità legate all’infrastruttura di ricarica, grazie ai dati aggiornati di Motus-E: in Italia esistono già oltre 70.000 punti installati, ma il 15% non è ancora allacciato alla rete. A fronte di 300.000 auto elettriche circolanti, la copertura appare teoricamente sufficiente, ma la qualità del servizio e la frammentazione digitale — con troppe app e sistemi non integrati — rischiano di rallentare l’adozione. «Non è corretto attribuire tutte le responsabilità solo all’infrastruttura o solo agli incentivi», è stato sottolineato, «serve un ecosistema più efficiente e interoperabile».
Altro tema emerso con forza è la necessità di superare il meccanismo dei bonus a intermittenza, ritenuto ormai inefficace e distorsivo per consumatori, concessionari e costruttori. Le associazioni chiedono invece una riforma strutturale della fiscalità sull’auto, capace di incentivare davvero il rinnovo del parco circolante, oggi tra i più anziani d’Europa.
Il mercato italiano continua a mostrare una sofferenza cronica: rispetto al 2019, sono state perse quasi 160.000 immatricolazioni, l’equivalente dell’intero mercato di una città come La Spezia. Una contrazione che pesa non solo sul settore ma anche sulle entrate fiscali dello Stato, con effetti a cascata sull’intera economia nazionale.
Nonostante le divergenze di vedute, i rappresentanti del settore hanno voluto chiudere con un messaggio unitario: fare squadra per affrontare la transizione in modo pragmatico e realistico, senza disorientare i consumatori e senza sacrificare la competitività dell’industria. La passione per l’automobile, è stato ricordato, resta un tratto distintivo del Paese e può ancora rappresentare un motore di innovazione, cultura e crescita economica.