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Il caos giuridico sull’omologazione degli autovelox rischia di far crollare una delle principali fonti di entrata per i Comuni italiani. A lanciare l’allarme è il Codacons, che segnala come la recente sentenza della Cassazione – secondo cui sono illegittimi gli apparecchi approvati ma non omologati – possa avere effetti devastanti sui bilanci delle amministrazioni locali.
Nel solo 2023, le sanzioni elevate tramite autovelox nelle 20 principali città italiane hanno generato oltre 65 milioni di euro di incassi. Ma, secondo il Codacons, oltre 40 milioni di questi sarebbero ora a rischio restituzione o annullamento.
La ragione? Il 59,4% dei dispositivi fissi installati lungo le strade italiane è stato validato prima del 2017, anno ritenuto dalla giurisprudenza come spartiacque per la corretta omologazione. Una percentuale che sale al 67,2% per i dispositivi mobili, usati spesso durante i controlli temporanei.
Alla base del problema c’è l’assenza di un decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT), annunciato in passato ma poi ritirato, che dovrebbe fare chiarezza sulla distinzione tra approvazione e omologazione dei dispositivi. Senza questo chiarimento, le sentenze si moltiplicano e i cittadini fanno sempre più spesso ricorso contro le multe, ottenendo l’annullamento delle sanzioni in numerosi casi.
Il Codacons definisce la situazione “una tagliola di proporzioni abnormi” e invita il Governo ad intervenire urgentemente per evitare un effetto domino che potrebbe bloccare l’utilizzo degli autovelox, ridurre drasticamente gli introiti delle amministrazioni locali e mettere in discussione la legittimità di milioni di sanzioni già emesse.
In attesa di un quadro normativo chiaro, cresce il rischio che gli autovelox diventino terreno fertile per i ricorsi, minando l’efficacia di uno degli strumenti più usati per il controllo della velocità e la sicurezza stradale.