Che fortuna aver conosciuto Simoncelli

Che fortuna aver conosciuto Simoncelli
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Emiliano Perucca Orfei
E' facile dire che se ne vanno sempre i migliori, ma questa volta è proprio così: Marco era un campione nello sport e nella vita. Di certo, quelle giornate in Inghilterra, saranno per sempre uno dei più bei ricordi della mia vita
23 ottobre 2011

Se ne vanno sempre i migliori. Si dice sempre così e la frase rientra, di diritto, nella peggior retorica che sempre segue questi momenti. Di fatto, chi ha avuto a che fare con Marco, anche per pochi istanti, sa bene che di retorico in quella frase non c'è proprio nulla.

E' passato poco più di un mese da quando, entrambi invitati dalla Castrol nella sperduta campagna britannica, abbiamo partecipato ad una due giorni a tutto gas a bordo delle Ford protagoniste del Mondiale WRC.

Lui, a differenza mia, la vettura l'ha potuta provare non solo da passeggero ma esattamente come me, che non sono uno dei migliori piloti della MotoGP e non compaio a giorni alterni sulle pagine dei principali mezzi di comunicazione, ha vissuto quegli indimenticabili momenti al fianco di Hirvonen con la stessa frenesia di un bambino che attende la mezzanotte per aprire i regali di Natale: non vedeva l'ora che qualcuno lo chiamasse per salire in auto.

Marco era prima di tutto un ragazzo umile, che in molti ricordano nel motorhome di Cesare - il mitico fotografo delle prove libere moto di Misano - impegnato a dividere per marca e modello le foto scattate, con un occhio clinico che è tipico di chi per le moto ha sviluppato una malattia. Una malattia che lo portava a considerare Misano Adriatico come un'estensione del suo salotto, tanto da convincerlo a prendere casa a pochi passi dalla famiglia (di Coriano) ma soprattutto dal circuito stesso e dal team per il quale lavorava.

Marco, a differenza di altre persone che arrivano a guadagnare molto, dava l'impressione di dare meno importanza agli aspetti economici rispetto a quelli umani ed era forse per questo che non aveva scelto di continuare a sentire il rombo e l'odore della benzina del "suo" tracciato piuttosto che chiudersi in patinate atmosfere tax free: una scelta che aveva affrontato con la fidanzata Kate, ragazza squisita, che loaccompagnava sui campi di gara "da molto prima che diventasse campione del mondo". Una cosa, quest'ultima, che aveva tenuto particolarmente a sottolineare quella sera a cena, quando mi ritrovai a tavola oltre che con lei, con il padre Paolo, il responsabile dell'ufficio stampa di Gresini e lui, proprio di fronte.

Sono state un paio d'ore davvero eccezionali, in cui con Marco abbiamo riso e scherzato sul fatto che siamo entrambi alti e nelle foto in moto veniamo da schifo, con il padre Paolo che ridendo diceva di domandarsi ancora come faceva ad andare così forte anche con le 125. Avevamo anche riso, sempre per via del fatto che era molto alto, della battuta che gli avevo fatto nel pomeriggio quando alla richiesta di cambiare il sedile della Fiesta WRC perchè troppo stretto risposi io, anticipando la risposta seria di un tecnico, dicendo che saremmo andati subito a prendere quello di un Ducato...

Mi aveva spiegato tante cose quella sera: di come il motore della sua Honda a fine corsa spesso "chiudesse", limitandolo nelle prestazioni, per consentirgli di arrivare alla fine con la benzina o di quanto erano stati "carini" quelli della Honda quando lo scorso gli proposero di elaborare una carena su misura per le sue dimensioni, fatto atipico per una azienda spesso avara di attenzioni per i piloti dei team interni, figuriamoci per uno appoggiato ad un team esterno. Avevamo anche parlato di Stoner, che guardava con grande ammirazione per le cose assurde che faceva fare ad una moto simile in quasi tutti i dettagli alla sua, ma anche di quel sorpasso a Biaggi in Superbike, che il padre ricordava con grande soddisfazione.

Quella sera avevamo parlato anche delle incredibili capacità dei rallisti su fango o neve: "quelli hanno davvero le palle quadrate", aveva confessato, "forse anche di più dei piloti della MotoGP, perchè sbagliare una curva a 150 km/h in mezzo a un bosco può valere la vita a differenza della MotoGP in cui si perdono al massimo due decimi o al limite si incappa in una scivolata.

Marco, quella volta ti sbagliavi: in realtà le palle quadrate le avevate entrambi. Sono solo diversi i mezzi con cui ci avete dimostrato di averle. Mi spiace che la tua corsa abbia visto la bandiera a scacchi al 24esimo giro di una vita che avrebbe potuto regalare ancora molto, non solo a te.

Ci mancherà il tuo grande sorriso e quella tua spontaneità nel guardare i campioni del tuo e degli altri sport dei motori con l'ammirazione di un tifoso qualsiasi e, credimi, l'averti conosciuto sarà sempre uno dei più bei ricordi della mia vita.

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