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È passata un po' in sordina, ma ha l'effetto di un clamoroso dietrofront: lo scorso aprile, è stata indirizzata dai ministeri dell’Interno e della Salute una circolare a prefetture e a forze dell’ordine per chiarire le modalità di applicazione delle regole inserite nel Codice della Strada approvato lo scorso novembre.
La comunicazione all’apparenza tecnica in realtà ribalta ed annulla l’impostazione fortemente voluta da Matteo Salvini, ministro dei Trasporti, che aveva introdotto pesanti sanzioni per chi fa uso di sostanze stupefacenti a prescindere dagli effetti sulla capacità di guidare.
Una norma da molti intesa a forte rischio di incostituzionalità, rispetto alla quale la circolare ora arrivata sembra voler porre rimedio: il principio introdotto da Salvini, ricordiamo, era stato contestato da associazioni e movimenti antiproibizionisti e messo in discussione da esperti di diritto, perché ritenuto di nessun valore rispetto il tema della sicurezza stradale, come chiarito dalla ora dal nuovo testo; inoltre, c'erano stati anche i dubbi sollevati dal tribunale di Pordenone che all’inizio di aprile aveva chiesto alla Corte Costituzionale di valutare la legittimità delle norme introdotte nel nuovo Codice della Strada.
Nella versione approvata alla fine 2024, dal testo del Codice erano stata eliminata la definizione “stato di alterazione psico-fisica” dalle regole e dalle sanzioni relative alla guida dopo aver assunto sostanze stupefacenti, introducendo il principio che bastava un test positivo - capace di evidenziare tracce di sostanze anche giorni o addirittura settimane dopo la loro assunzione - per incriminare una persona e sospenderle la patente.
La circolare chiarisce invece che per accusare qualcuno di guida in presenza di sostanze stupefacenti bisogna accertare che la sostanza «produca ancora i suoi effetti nell’organismo durante la guida», mentre in un altro passaggio la circolare specifica che occorre provare che la sostanza sia stata assunta in un periodo di tempo «prossimo» alla guida del veicolo.
Viene anche spiegata nel dettaglio la procedura che le forze dell’ordine devono seguire: carabinieri e polizia devono sottoporre la persona a un test salivare, considerato un accertamento preliminare ed in caso di positività vanno prelevati due campioni di saliva: entrambi vanno conservati a temperatura controllata (4 gradi, evitando il congelamento) e mandati al laboratorio di tossicologia forense nel più breve tempo possibile, dove si svolgeranno le analisi “di conferma” o di secondo livello, le uniche che possono portare a un’incriminazione.
In particolare, le analisi servono a individuare i metaboliti: ogni tipo di sostanza o farmaco assimilato dall’organismo viene trasformato dagli enzimi presenti soprattutto nel fegato e questo processo genera i metaboliti, che quando sono attivi indicano che le sostanze hanno ancora effetto, mentre quelli inattivi confermano che l’effetto delle sostanze o dei farmaci è terminato.
Nella circolare si specifica che la presenza nella saliva o nel sangue di metaboliti inattivi di sostanze stupefacenti non consente di accertare lo stato di intossicazione e quindi non può portare a un’incriminazione; per questo motivo vanno anche esclusi i test delle urine, non indicativi di un’intossicazione in atto.
In un altro punto la circolare specifica che le analisi devono valutare l’eventuale presenza di metaboliti dovuta a cure ospedaliere compiute prima del prelievo o per terapie prescritte dal proprio medico: si tratta di un altro passaggio importante, perché esclude sanzioni nei confronti di chi assume farmaci a base di psicofarmaci o oppioidi, prodotti che hanno gli stessi principi attivi delle sostanze stupefacenti.