Coronavirus e industria dell'auto. Tra emergenza, responsabilità e speranze

Coronavirus e industria dell'auto. Tra emergenza, responsabilità e speranze
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  • di Luciano Lombardi
  • Credits Contagi, morti, quarantene: il Coronavirus sta assumendo le sembianze di un'emergenza sanitaria anche in talia, dove, nel momento in cui scriviamo, le vittime sono cinque, i contagi oltre 200 e c'è il coinvolgimento di sette regioni. Su scala mondiale, ci si aspetta uno stravolgimento economico senza precedenti. Ma quel che serve di più, adesso, è una buona dose di razionalità e di impegno istituzionale. Oltre che una buona dose di fiducia sul fatto che tutto è destinato a finire in fretta
Contagi, morti, quarantene: il Coronavirus sta assumendo le sembianze di un'emergenza sanitaria anche in talia, dove, nel momento in cui scriviamo, le vittime sono cinque, i contagi oltre 200 e c'è il coinvolgimento di sette regioni. Su scala mondiale, ci si aspetta uno stravolgimento economico senza precedenti. Ma quel che serve di più, adesso, è una buona dose di razionalità e di impegno istituzionale. Oltre che una buona dose di ottimismo sul fatto che tutto è destinato a finire in fretta
  • di Luciano Lombardi
24 febbraio 2020

La conseguenza più immediata e per certi versi banale, anche nel nostro Paese, della presenza di questo misterioso Covid-19 che dilaga come finora solo un virus informatico, è che, da quando c'è lui, tutto il resto ha assunto un peso diverso.

Colpa della paura, anzi del panico, della psicosi da scenari apocalittici. Sì, ma di che cosa stiamo parlando se dobbiamo parlare di automotive? Banalmente di questo: chi è il folle che oggi si preoccupa di pensare a cambiare l'auto di fronte all'incertezza sul proprio futuro che si sta così facilmente propagando di bocca in bocca, di social in social, di notizia in notizia?

Un meccanismo simile lo abbiamo già visto in faccia una dozzina d'anni fa con la crisi finanziaria ma, se allora la paura era circoscritta al portafogli, qui si tratta di qualcosa di più vasto, di più organico.

Sì perché, tornando a bomba all'inizio di questo articolo, cambiare l'auto, adesso, sta davvero nella quintessenza del superfluo.

Il risultato è che le vendite già registrano cali e la contrazione nel numero di immatricolazioni potrebbe risultare rilevante anche nei prossimi mesi.

Meno auto e meno componenti

Su un piano più ampio e generale spiccano, gli stop alla produzione dei siti in loco (tanto per avere un ordine di grandezza, la provincia di Hubei, dove il coronavirus è esploso, da sola vale il 9% della produzione locale, ovvero circa 2,16 milioni di veicoli l'anno), e altrove per la mancanza di componenti in arrivo dalla Cina o, laddove, invece, la disponibilità c'è, la paura - ancora una volta, e più che mai ingiustificata - che la merce possa essere “contaminata” e quindi si preferisce lasciarla lì dov'è.

Nello Stato da cui tutto è partito, le fabbriche sono infatti chiuse da ormai più di tre settimane per le restrizioni e le misure di sicurezza adottate dalle autorità di Pechino e da quelle locali per controllare la diffusione dell'epidemia e l'impatto di questo stato di cose già oggi fa stimare un drammatico downsizing nella produzione.

E, anche se non è una notizia di cui ancora esultare, il parziale cambio di rotta con General Motors, Fca e Toyota che hanno annunciato la ripresa imminente dei rispettivi processi produttivi, ha comunque il segno positivo.

Resta, tuttavia, il timore che quando tutto ciò che sta accadendo anche per il comparto europeo sarà un ricordo, si tratterà di una normalità soltanto apparente, quella di un mercato già duramente provato per altre ragioni (vedi investimenti per contenere le emissioni di CO2) che rischia di crollare sotto la sua stessa fragilità.

E allora sì che i governi locali e le istituzioni sovranazionali, di concerto, dovranno far sul serio, impegnandosi a sostenerlo con le migliori strategie possibili.

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