Filippo Perini, Capo Team Design Lamborghini: «La nostra identità è la cosa più importante»

Filippo Perini, Capo Team Design Lamborghini: «La nostra identità è la cosa più importante»
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Filippo Perini, Capo Team Desin di Lamborghini, ci spiega cosa voglia dire realizzare le supercar di Sant’Agata bolognese, e quali siano i punti cardine dell'azienda
14 agosto 2015

Lamborghini si può dire che nasca da un litigio. La leggenda – o la cronaca – fa si che un giorno, Ferruccio Lamborghini, noto industriale di un a casa produttrice di valide macchine agricole, durante un alterco con Enzo Ferrari concluse la discussione affermando che sarebbe stato in grado di realizzare una vettura capace di far impallidire le fuoriserie del Cavallino.


Negli anni, possiamo dire che Ferruccio ha visto bene. Dagli stabilimenti Lamborghini sono uscite vetture destinate ad entrare nella leggenda del mondo dell’automobilismo, come ci conferma Filippo Perini, Capo Team Design della casa del Toro. «Per prima cosa, mi ricollego ad un fatto di cronaca di qualche tempo fa, ovvero la notizia della produzione della Urus – un progetto sul quale stiamo lavorando dal 2011 – nello stabilimento di Sant’Agata. Per me, è motivo di immenso orgoglio e vera gioia. Per quanto riguarda la ricerca del design, in Lamborghini, ammetto senza problemi che un aiuto ce lo fornisce Italdesign. C’è un filo conduttore che collega tutti i modelli del nostro marchio, ed altro non è che la passione del team.»


Ovviamente, non poteva mancare un richiamo alla storica “rivale” di sempre, la Ferrari. «L’identità del prodotto, per quello che ci riguarda, è un aspetto fondamentale. Anzi, è la cosa più importante, a mio modo di vedere. Abbiamo, onestamente, pochi oggetti di culto, poche icone nella nostra storia, ma tutte certamente famose, rispettate e desiderate: Miura, Countach e Diablo. Ferrari, dal canto suo, può vantare decine e decine di vetture iconiche. Quando richiamiamo un modello del passato, lo facciamo con pochi elementi, come ad esempio per la sigla SV.»

lamborghini aventador roadster (63)
Gli interni sono uno dei pochi dettami per i quali il gruppo Volkswagen indirizza Lamborghini verso la propria visione qualitativa


«Le SV non sono dei modelli innovativi, bensì delle derivate da altre vetture. Nascono dopo una consultazione con il marketing e con la dirigenza, per capire come meglio riuscire a piazzare il prodotto. Una volta fatto ciò, siamo liberi di muoverci. Lamborghini, come tutti sapete, è parte di un gruppo ben più vasto, ma conserva una certa autonomia. Sono pochi i dettami che ci vengono richiesti, uno su tutti la qualità degli interni. Gli abitacoli devono essere in linea con gli standard qualitativi che si possono trovare all’interno di un’Audi o di una Volkswagen. La plancia della Aventador LP 750-4 SV, ad esempio, è rivestita da un materiale apposito, chiamato da noi Carbon Silk, il quale fornisce allo stesso tempo piacevolezza al tatto rimarcando le doti sportive della vettura.»


Immancabile, a proposito della LP750-4 SV, un richiamo alla prestazione fatta segnare all’Inferno Verde. «Abitualmente, le nostre prove si svolgono a Nardò, o al Nurburgring. Proprio su questa pista, di recente, abbiamo avuto la possibilità di effettuare un unico giro a bordo della Aventador LP750-4 SV. Sappiamo tuti che banco di prova sia la pista tedesca, e nonostante ciò siamo riusciti a chiudere la nostra prestazione sotto i 7 minuti, un risultato davvero notevole.»

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