Gianni Agnelli, 100 anni dalla nascita “dell’avvocato che mise gli italiani in macchina” [frasi celebri]

Gianni Agnelli, 100 anni dalla nascita “dell’avvocato che mise gli italiani in macchina” [frasi celebri]
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Per tutti era “l’avvocato” ma per tanti anche “il padrone della Fiat (e della Juve)”. Nasceva 100 anni fa Gianni Agnelli, simbolo umano e soprattutto aziendale dell’Italia a quattro ruote. Sintesi dei fatti salienti, dal dopoguerra al nuovo secolo e alcune frasi celebri sulla sua Fiat
12 marzo 2021

A un secolo dalla nascita, oggi, tutti hanno ricordato Gianni Agnelli. Tutti quelli che hanno vissuto i suoi tempi ne ricordano bene lo stile, raffinato. Ne ricordano anche alcune, mai scontate e centratissime, battute in risposta a domandi anche impertinenti. Agnelli era capace di apparire brillante scalzando alla grande ogni domanda indiscreta, di fronte al pubblico.

Lui che con l'orologio messo "diversamente" al polso era al vertice del mondo auto tricolore, di quella Fiat che ha inghiottito quasi tutto, dall’auto più economica per tutti alla Ferrari, passando per il Biscione. I più giovani, potrebbero limitarsi a ricordare il legame della famiglia, con il grande gruppo automobilistico sorto di recente da quanto fu FIAT. Ancora oggi rappresentativo dell’Italia a quattro ruote, il presidente di Stellantis è proprio suo nipote. Nella sua vita aziendale, ma anche pubblica come rappresentante massimo dell’industria italiana, si sono susseguiti molti eventi. Alcuni di successo ineguagliabile, altri difficili e anche criticabili da chi era sul fronte opposto. Poi ci sono le sue grandi passioni esternate, per il buon gusto in genere, per la Juventus e la Ferrari.

Perché lui giustamente "poteva" e in moltissimi lo stimavano o, senza riuscirci, imitavano. Gianni Agnelli è scomparso dal 2003, eppure come brillano e attraggono ancora oggi, i suoi tempi al vertice della Fiat e del gruppo. Un posto torinese al comando dell’auto italiana che cominciò subito a gestire dopo la guerra, nel 1946, ma con gradualità insieme a Valletta, prima di salire al ponte di comando assoluto (presidente dal 1966). Con le basi di una posizione da erede designato, visto che il nonno gli avrebbe in qualche modo “passato la Fiat” non dopo averlo fatto andare negli USA, a vedere come funzionava la Torino americana (Detroit). Con i pesi di eventi drammatici come la guerra in mezzo al tutto. L’impero di Agnelli ha poi tracciato i percorsi che l’industria auto ma anche la filiera e la società italiana che cominciava a usarle, le sue auto, hanno seguito nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta.

Si è poi passati dai momenti duri dei contrasti negli anni seguenti, con una marea di prodotti popolarissimi capaci di sopravvivere a terrorismo, guerra sociale e crisi petrolifera. Tanti che è inutile citare quasi, tutti li conosciamo. Chi ci ha lavorato, o senza saperlo ne è stato parte del grande progetto di prima mobilità tricolore, in appoggio alla Fiat e viceversa. Storie di piani, di finanze e di politica. Storie che metterebbero in crisi molti caratteri. Eppure lui, Agnelli, rivestiva il ruolo di un capitano d’industria dai modi anche gentili, dalle immagini condivise solo su carta stampata e sempre da sogno. Senza tutta l’esagerazione odierna. Chi, come lui, poteva essere apprezzato per i passaggi vacanzieri e modani, restando sempre nel confine del garbato e mai andando oltre, come accade oggi.

Di responsabilità però ne aveva, sulle spalle, con quell’impero industriale e anche finanziario in crescita ma pronto a inciampare per via di concorrenza interna o esterna. Siccome amava la velocità e le auto sportive, non smise mai di amare anche la Ferrari. Ne fu cliente, con molte one-off incredibili e poi finanziatore. Comprò la Lancia e quota di maggioranza in Ferrari, estendendo dove prima non arrivava la penetrazione del gruppo auto torinese. Poi si diede vita nuovi stabilimenti produttivi nel Sud Italia e con il crescere delle questioni, proprio Gianni Agnelli seppe trovare il supporto di un manager capace necessario al tempo: fuori dalla famiglia, come Romiti.

Parimenti seppe navigare, insieme ai suoi, nelle tempeste sociali degli anni Settanta e sfruttare anche certe opzioni estere, Libia inclusa. L’acquisto Alfa Romeo a inizio anni Ottanta, a discapito della Ford, è ancora oggi elemento che fa discutere ma di fatto salva in parte l’orgoglio italiano e da lustro a Stellantis.

Tutti pensando alla Fiat ricordano 500 e 600 storiche, che hanno messo in strada gli italiani. Oppure la geniale Panda e gli stabilimenti, in Piemonte o al Sud. Ma di Agnelli piace ricordare anche il passato remoto che toccava aristocrazie e drammi (perdite dei cari incluse) procedendo sempre a galla con stile, con a valle migliaia di dipendenti e clienti che probabilmente oggi lo rimpiangono. Inclusi quelli che non lo hanno visutto. E piace ricordare i successi meno blasonati, ma che hanno garantito vitalità al gruppo come la Uno e la Punto. Le presenze in pista a tifare Ferrari poi, senza mai sovrapporsi al Drake. Fino a quegli anni Novanta che vedono finire l’era dell’avvocato, formalmente, nel 1996.

Frasi celebri

A seguire alcune affermazioni celebri riferite a Gianni Agnelli, che l'Avvocato ha fatto parlando della sua Fiat.

“Mio nonno aveva il 70% delle azioni Fiat e le gestiva dando dividendi bassi. Anche perché li avrebbe distribuiti in massima parte a se stesso. Preferiva accantonare e con le riserve costruì la grande Mirafiori. Ma nessuno lo sapeva, perché lui parlava poco. non era come me che all’assemblea racconto tutto”.

“Agisco tramite professionisti esperti, ma loro non prendono decisioni senza consultarmi”

Un padrone che non esige che un’impresa dia profitto è un pessimo padrone”

“Se mi avessero detto quando ero ragazzo che sarei diventato socio della General Motors, non ci avrei creduto”.

“La mia vita privata non conta niente. Quello che conta è essere al servizio della Fiat al momento giusto”.

  

 

Fonte: L’Avvocato 2018

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