Guida autonoma Uber: l’incidente mortale fu responsabilità umana e del software

Guida autonoma Uber: l’incidente mortale fu responsabilità umana e del software
Pubblicità
  • di Maurizio Gissi
Conclusa la prima indagine sull’incidente della Volvo XC90 sperimentale a guida autonoma che investì mortalmente un pedone in Arizona. Falle nella tecnologia usata e responsabilità umana le cause
  • di Maurizio Gissi
21 novembre 2019

Il caso ha avuto risalto a livello mondiale. Il 18 marzo 2018 l'azienda di trasporti Uber rimase coinvolta in una tragica circostanza: durante i test condotti su strade aperte di una Volvo XC90 allestita per la guida autonoma, venne investita e uccisa la 49enne Elaine Herberg mentre stava attraversando la strada non sulle strisce pedonali.
Come constatò subito la polizia, l’automobile - alla quale era stata disattivata la frenata automatica di emergenza prevista di serie - non rallentò la marcia e nemmeno accennò a frenare.

Pochi giorni fa il National Transportation Safety Board americano (NTSB) ha concluso la prima fase investigativa sull’incidente e ha stilato una serie di raccomandazioni che rafforzano i controlli da parte delle aziende che effettuano test di guida autonoma su strade pubbliche.
E’ stato chiesto agli sviluppatori dei sistemi di guida autonoma di valutare con attenzione le procedure e di non testare le automobili su strada fino a quando saranno autorizzati dagli enti preposti.

Nello specifico, riguardo all’incidente, L’NTSB ha scritto che Uber ha tralasciato una serie di attenzioni alla sicurezza in favore dello sviluppo della tecnologia. “L’incidente è stata l'ultimo anello di una catena di azioni e decisioni prese da un'organizzazione che, sfortunatamente, non ha fatto della sicurezza la priorità”.
E Ancora “Mentre la tecnologia si sta rapidamente sviluppando è importante sapere che tutti i veicoli su strada richiedono attualmente un operatore pienamente attento in ogni momento”.

Tra le varie lacune, l’NTSB ha indicato come “causa immediata” dell’incidente l’incapacità d’intervento da parte del guidatore presente al volante con il compito di fornire il supporto di sicurezza.
E’ stato infatti provato che Rafaela Vasquez nei minuti precedenti l’investimento stava guardando uno streaming video – una puntata di The Voice - sul proprio smartphone. Gli investigatori hanno detto che "l’autista di sicurezza" ha usato lo smartphone per un terzo del suo viaggio. L’incapacità visiva di vedere e intervenire è stata quindi giudicata come la prima causa.
Secondariamente, ha detto Jennifer Homendy, membro del consiglio di amministrazione della NTSB “E’ stata data priorità al progresso tecnologico rispetto il salvare vite umane”.

Il gruppo Advanced Technologies di Uber, ha aggiunto Michael Fox investigatore senior sugli incidenti stradali all'NTSB, non disponeva di un piano di sicurezza aziendale o di un documento guida che identificasse i ruoli e le responsabilità dei singoli dipendenti nella gestione della sicurezza.

Uber ha fornito alla NTSB tutti i dati disponibili negli ultimi venti mesi. I sensori radar montati sulla Volvo sperimentale hanno registrato per la prima volta Elaine Herberg 5,6” prima dell’impatto e prima che fosse nella corsi di marcia della vettura. Il sistema l’ha dapprima classificata come un veicolo, poi l’ha individuata come altri oggetti (non riconoscendola come pedone e nemmeno come bicicletta) e infine non ha previsto che la sua traiettoria avrebbe colliso con quella della Volvo: il sistema montato non è stato programmato per riconoscere i pedoni al di fuori delle strisce pedonali contrassegnate come tali.

Il documento della NTSB scrive che quando l'ADS installato sulla Volvo ha stabilito che la collisione era imminente, questo aveva ormai superato le specifiche d'intervento del sistema di frenatura automatica, demandando l'intervento all'operatore fisico.
Il video della telecamera rivolta all'interno del SUV mostra però che Rafaela Vasquez stava appunto guardando verso la parte inferiore della console centrale, dove all'inizio del viaggio aveva messo il suo smartphone. E' ritornata a guardare la strada soltanto 1" prima dell'impatto. I dati ADS mostrano che ha iniziato a sterzare a sinistra appena 2 centesimi di secondo prima di investire il pedone, alla velocità di 39 miglia orarie. 
La responsabilità principale è così andata al guidatore di emergenza.

Va infine osservato che altre società che testano veicoli a guida autonoma impiegano due autisti di sorveglianza, procedura che avrebbe poi fatto sua anche Uber.

Uber ha dichiarato che in questi mesi il software è stato implementato e che in una situazione analoga sarebbe ora in grado di riconoscere il pedone e di comandare la frenata controllata 4” prima dell’impatto.

Argomenti

Pubblicità