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Ampere, la divisione del gruppo francese dedicata ai veicoli elettrici e al software, ha siglato un accordo con importanti società di private equity cinesi per la creazione di un fondo di investimento destinato all’industria dei “veicoli a nuova energia” (NEV). Un’iniziativa che potrebbe avere profonde ripercussioni anche sul mercato europeo, non solo in termini industriali ma anche di visione tecnologica e competitiva.
Il nuovo fondo vede la partecipazione di realtà come Cicc Private Equity Investment Management, Hangzhou Capital e Hangzhou Hi-Tech Investment Holding Group. Si concentrerà su settori strategici: batterie, guida autonoma, cockpit intelligenti, software e intelligenza artificiale. In altre parole, tutto ciò che oggi determina il vantaggio competitivo nel mondo dell’auto.
Questa mossa rientra in un piano di lungo termine che Renault ha avviato da tempo per rafforzare la propria presenza in Cina – il primo mercato automobilistico al mondo – e, contemporaneamente, importare quel know-how tecnologico che in Europa oggi sembra difficile da replicare.
Un tassello importante di questa strategia è la creazione dell’Advanced China Development Center a Shanghai. Più che un semplice centro ricerche, si tratta di un vero hub per lo sviluppo di tecnologie da applicare sia ai modelli destinati al mercato locale sia, e soprattutto, a quelli per l’Europa. Una scelta dettata non solo dal costo competitivo della manodopera, ma dalla concentrazione di competenze ingegneristiche uniche al mondo. Come ammesso senza mezzi termini dallo stesso ex CEO Luca de Meo, “le auto moderne, smart ed economiche si possono fare solo in Cina”.
L’espansione di Renault in Cina ha però anche un effetto boomerang sul Vecchio Continente. Da un lato, potrebbe consentire al gruppo di abbattere i costi di sviluppo, accelerando l’arrivo di modelli elettrici e ibridi a basso costo. Dall’altro, evidenzia una debolezza sistemica dell’Europa, incapace – almeno per ora – di costruire un ecosistema tecnologico autonomo paragonabile a quello cinese.
Non a caso anche Volkswagen, con le note difficoltà della sua divisione software Cariad, ha guardato prima a Rivian, poi direttamente alla Cina. È un trend inarrestabile che mette in discussione le strategie “in house” delle Case storiche.
Nonostante l’origine elettrica di Ampere, Renault sembra voler prendere le distanze da un’elettrificazione radicale. I dubbi sul futuro del full electric, alimentati anche da un cambio di rotta politico negli Stati Uniti, spingono il gruppo verso soluzioni ibride più flessibili e tecnologicamente avanzate, perfettamente in linea con i gusti e le esigenze del mercato cinese.
L’interesse per i NEV – che in Cina comprendono elettriche pure, ibride plug-in e modelli a range extender – sembra quindi il punto di equilibrio tra transizione ecologica e sostenibilità economica. L’accordo tra Ampere e le realtà finanziarie cinesi rappresenta un nuovo paradigma industriale: quello di una collaborazione strategica tra Occidente e Oriente, dove il trasferimento tecnologico diventa la chiave per sopravvivere nella nuova era dell’auto.
Ma resta una domanda aperta per l’Europa: sarà in grado di mantenere il controllo industriale e culturale sulla produzione automobilistica del futuro, o rischierà di diventare semplice terreno di conquista per chi oggi detiene il vantaggio tecnologico?