Le chiamavano Bubble Cars - Parte I

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Tra le curiose microvetture di un’epoca difficile spicca la mitica Isetta
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
22 agosto 2016

Negli anni della ricostruzione postbellica di soldi ne giravano pochi ma c’era una disperata necessità di mezzi di trasporto. Poiché era essenziale ridurre al minimo il prezzo di vendita, non c’erano particolari esigenze in fatto di confort e di prestazioni. Andavano bene anche realizzazioni molto spartane e di cilindrata assai contenuta. È nata così una categoria di veicoli che può essere ritenuta intermedia tra gli scooter e le automobili. Non per nulla i tedeschi li definivano Kabinroller (cioè “scooter cabinati”) e li distinguevano da quelle che già erano in effetti vere e proprie autovetture, anche se di cilindrata e dimensioni estremamente ridotte, che chiamavano semplicemente Kleinwagen.

Si trattava di mezzi che spesso erano a tre ruote (due anteriori e una posteriore) e che venivano azionati da motori il più delle volte a due tempi, a uno o a due cilindri, che in molti casi venivano prodotti da aziende diverse da quelle che fabbricavano i veicoli. Le cilindrate in genere andavano da 200 a 300 cm3, anche se non sono certo mancati importanti esempi di 175 e di 400 cm3 (più un paio leggermente più grandi). Assai frequentemente i posti erano due soltanto e lo styling era spesso molto particolare; proprio la forma tondeggiante di alcune di queste microvetture, ben lontana dai classici canoni automobilistici, ha fatto sì che gli inglesi le chiamassero bubble cars, ossia auto bolla.

Attorno alla metà degli anni Cinquanta la Maico ha acquisito i diritti e le strutture di produzione della Champion e ha costruito una sua piccola vettura azionata da un motore a due tempi bicilindrico collocato posteriormente
Attorno alla metà degli anni Cinquanta la Maico ha acquisito i diritti e le strutture di produzione della Champion e ha costruito una sua piccola vettura azionata da un motore a due tempi bicilindrico collocato posteriormente

Spesso si trattava di realizzazioni decisamente “essenziali”, come testimoniato dal fatto che in diversi casi i freni erano a comando meccanico, ma come già detto l’esigenza di limitare i costi era fondamentale. In un certo senso questi veicoli stavano alle auto come le biciclette con motore ausiliario (popolarissime nel dopoguerra) stavano alle moto.

Subito dopo il termine del conflitto si era iniziata a sentire la necessità di microvetture di questo genere e in Italia erano state avanzate alcune proposte come la Volpe e la Lucciola che però sono rimaste allo stadio di preserie, venendo costruite in pochissimi esemplari soltanto.

Nel 1950 in Germania hanno fatto la loro comparsa due piccole vetture a trazione anteriore con motore a due tempi. La loro impostazione generale era automobilistica, dimensioni a parte. Non erano ancora delle vere e proprie bubble cars, insomma. Si trattava della Lloyd e della Gutbrod. La prima è stata costruita fino al 1952 in versione di 300 cm3 e in seguito, fino al 1957, in versione di 400 cm3, per un totale di oltre 120.000 esemplari. La Gutbrod Superior ha avuto una diffusione notevolmente minore: quando la produzione è cessata, nel 1954, ne erano state fabbricate poco meno di 8000 unità. Ad essa spetta però un posto di rilievo nella storia del motorismo in quanto il suo bicilindrico raffreddato ad acqua è stato dotato di serie della iniezione diretta a partire dal 1952.

La Isetta BMW, qui in una foto pubblicitaria dell’epoca, con la capottina aperta, è stata costruita in oltre 160.000 esemplari
La Isetta BMW, qui in una foto pubblicitaria dell’epoca, con la capottina aperta, è stata costruita in oltre 160.000 esemplari

Nel 1951 sono entrate in scena la Fuldamobil e la Champion 400. Questa seconda minivettura, di schema tutto sommato convenzionale, aveva quattro ruote, una estetica da vera piccola auto ed era dotata di un bicilindrico a due tempi raffreddato ad acqua; era piazzato posteriormente ed erogava 14 cavalli, successivamente portati a 16. Era stata preceduta da un analogo modello di 250 cm3 che era stato fabbricato, molto artigianalmente, in meno di 200 unità. La Champion 400 invece è stata costruita in oltre 8500 esemplari ed è stata seguita da una versione di 450 cm3. Nel 1955 l’azienda ha ceduto progetti e attrezzature alla Maico, che ha rapidamente messo in produzione la sua 500 a quattro posti, fabbricata fino ai primi del 1958 in oltre 5000 unità. 

La Fuldamobil aveva tre ruote e due posti. È stata costruita, fino agli anni Sessanta inoltrati, in differenti modelli, azionati da motori con una cilindrata che il più delle volte era di 200 o di 250 cm3. Dal 1955 alcune versioni sono state dotate, a richiesta, di quattro ruote; in tutto ne sono stati prodotti circa 2500 esemplari.

La più famosa bubble car di tutti i tempi è nata in Italia nei primi anni Cinquanta. Si tratta della Isetta, che è entrata in produzione nel 1953. Con questa microvettura simpatica e anticonformista la Iso di Bresso (alle porte di Milano), che costruiva in grandi numeri valide moto di piccola cilindrata, ha fatto il suo ingresso nel mondo delle quattro ruote. E in effetti l’Isetta, caratterizzata oltre che dalla tipica forma anche dell’unico sportello disposto anteriormente, di ruote ne aveva quattro; le due posteriori erano estremamente vicine tra loro, il che consentiva di fare a meno di un differenziale. Il motore era un due tempi a cilindro sdoppiato, con una cilindrata inizialmente di 200 cm3 ma subito portata a 236 cm3, ed erogava 9,5 CV.

Il peso a secco era di soli 330 kg, la robustezza ottima e il comportamento su strada decisamente buono. La piccola Iso ha addirittura corso alla Mille Miglia del 1954, portandola a termine a quasi 80 km/h di media! Su sette Isetta partite, ben cinque hanno portato a termina la durissima gara, che si svolgeva su di un percorso di ben 1600 km. In Italia il successo commerciale è però mancato: gli esemplari costruiti sono stati solo 1500 circa, e la produzione è terminata nel 1956.

Ben diversa è stata la storia di questa bubble car in Germania, dove la BMW tra il 1955 e il 1962 ne ha fabbricati, su licenza, oltre 160.000 esemplari! La casa tedesca ha adottato però un proprio motore a quattro tempi monocilindrico di derivazione motociclistica, dapprima di 250 e quindi di 300 cm3, con potenze rispettivamente di 12 e di 13 CV.

La piccola Iso ha addirittura corso alla Mille Miglia del 1954, portandola a termine a quasi 80 km/h di media!

Alla fine del 1957 la casa bavarese ha messo in produzione la Isetta BMW 600, con carrozzeria allungata per ospitare un secondo sedile posteriore e una porta laterale. Il motore era un bicilindrico di 600 cm3 pure in questo caso derivato da quello di una moto. La produzione è andata avanti fino al 1959, con un totale di 34.000 unità. Alcune migliaia di Isetta BMW sono state addirittura esportate negli USA, dove una di esse è stata acquistata dal mitico Elvis Presley per farne dono a un amico. Si può ben dire che l’”uovo con le ruote”, come la chiamavano i tedeschi, ha salvato la casa bavarese in un periodo di grande difficoltà economica.

Dopo la 600 è arrivata la 700, una piccola auto dallo styling assai piacevole, che presto è stata seguita dalla 1500, e la musica è completamente cambiata…

L’Isetta è stata costruita su licenza anche in Francia e in Brasile. Autentico oggetto di design, oggi è ambitissima dai collezionisti.

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