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Negli ultimi giorni ha fatto il giro del mondo il video pubblicato dal Ministro degli Interni turco Ali Yerlikaya, in cui la Polizia di Istanbul sfoggia una flotta degna di un raduno di supercar: Ferrari 488 GTB, Porsche Taycan Turbo, Bentley Continental e Land Rover con livrea istituzionale. Ventitré veicoli di lusso, per un valore di 3,2 milioni di euro, confiscati all'organizzazione criminale di Hakan Ayık, trafficante internazionale di stupefacenti collegato al Comanchero Motorcycle Club.
Ma dietro l'apparenza da film hollywoodiano si cela una realtà più complessa. Per quanto affascinante nella sua componente simbolica del "rubare ai criminali per dare alla legge", questa operazione non è un modello applicabile ovunque, e probabilmente nemmeno in Turchia.
L'idea di utilizzare auto sequestrate per potenziare le forze dell'ordine non è nuova, ma riguarda solitamente mezzi funzionali. Una Ferrari 488 GTB è costosa da mantenere, difficile da guidare nel traffico urbano e praticamente inutile per operazioni di pattugliamento. Lo stesso vale per Porsche e Bentley. L'immagine che trasmette è più da spot che da reale lotta alla criminalità.
In molti Paesi europei, Italia compresa, le auto sequestrate vengono vendute all'asta, con i proventi che finiscono nelle casse dello Stato. I veicoli riassegnati alla pubblica amministrazione devono avere un reale utilizzo operativo. Esistono, è vero, le Lamborghini della Polizia ma principalmente hanno funzioni di trasporto organi o rappresentative.
Il paragone con Dubai è inevitabile. Da anni l'emirato utilizza supercar nella polizia per marketing turistico. Anche la Turchia sembra voler cavalcare quell'onda, ma con una differenza: a Dubai i costi di gestione sono briciole per le casse statali, in Turchia questo investimento appare uno spreco mascherato da operazione simbolica.