Meta:«Il diritto alla mobilità va inserito nella Costituzione»

Meta:«Il diritto alla mobilità va inserito nella Costituzione»
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Il Presidente della IX Commissione Trasporti lancia una proposta destinata a far scalpore: perché non inserire, accanto a Salute ed Istruzione, anche quello della Mobilità tra i diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione?
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
10 luglio 2014

In occasione della presentazione dello studio sulla mobilità italiana scritto dalla Fondazione Filippo Caracciolo (di cui abbiamo dato notizia in altro articolo, ndr), abbiamo raccolto le importanti dichiarazioni di Michele Meta, Presidente della IX Commissione Trasporti, Poste e Telecomunicazioni della Camera dei Deputati.

Per chi non lo conoscesse, Michele Pompeo Meta, nato in provincia di Frosinone nel 1953, dirigente del PD in Lazio, dopo essere stato assessore regionale ai Trasporti ed ai Lavori Pubblici, è stato eletto nella Circoscrizione XV Lazio 1 alla Camera nel giugno 2005; e, come scritto, nella XV Legislatura è Presidente della IX Commissione Trasporti, che si sta occupando della stesura del Nuovo Codice della Strada.

«Ormai siamo in dirittura d’arrivo con il nostro lavoro - conferma Meta ai cronisti - e credo sarà rispettata la scadenza della consegna in aula della legge delega entro la fine di luglio. Oltre i tempi tecnici (il Governo ha dodici mesi di tempo per redigere il documento finale, da presentare poi all’approvazione delle due Aule, ndr), posso dire che con il Nuovo Codice l’Italia sarà in possesso dello strumento più moderno, agile e funzionale per la gestione della mobilità in Europa, che anzi diverrà riferimento per altri Governi».

La miopia politica ha provocato disastri ed ora è tempo di agire, anche con provvedimenti speciali ed inediti. Visto che stiamo lavorando alla modifica del Titolo V, è mia intenzione proporre di inserire il diritto alla mobilità tra i valori fondamentali sanciti dalla Costituzione


Dalle tabelle ed i dati della Fondazione Caracciolo si intuisce come il tema della mobilità appaia strategico in molti Paesi, mentre da noi sia stato sostanzialmente, e colpevolmente, ignorato negli ultimi decenni. Cosa può fare la politica per rimediare e colmare il gap?
«La miopia politica ha provocato disastri ed ora è tempo di agire, anche con provvedimenti speciali ed inediti. Visto che stiamo lavorando alla modifica del Titolo V, è mia intenzione proporre di inserire il diritto alla mobilità tra i valori fondamentali sanciti dalla Costituzione, così come avviene per la Salute e l’Istruzione. Non è una boutade: pensiamo a quanto sia importante per tutti, godere della libertà di movimento e quanta sofferenza provochi una sua limitazione. Inserirla tra i diritti costituzionali avrebbe un altissimo valore pratico, oltre che simbolico, per tutti i cittadini».

Opere di Stato, contributo dei privati: come cambieranno gli equilibri di questo delicato rapporto?
«Voglio essere chiaro: i privati, in Italia, hanno fatto disastri, perché sempre sottomessi alle logiche del profitto e non della pubblica utilità; inoltre, le grandi opere sono state finanziate almeno al 90% dallo Stato, quindi con un contributo dei privati davvero residuale. Per sua stessa natura, ogni intervento inerente il tema della mobilità deve essere sgombri da nubi, anzi cristallino e trasparente. Purtroppo, indagini anche recenti dimostrano che il pericolo di pastoie ed interessi privati è sempre in agguato, quando non prevalente. Anche per dare risposta all’opinione pubblica che chiede pulizia, credo sia non più rinviabile un cambio deciso di rotta, abbandonando una schema operativo che ha prodotto più spesso ritardi ed abnorme crescita dei costi piuttosto che benefici reali per la collettività».

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