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"Crederete che sia impossibile, ma il segreto è meno gerarchia e più organizzazione orizzontale". Wolfgang Egger, Design Director di BYD, accoglie i giornalisti internazionali nell'headquarter del colosso cinese per una tavola rotonda che si trasforma in una masterclass sulla filosofia del design automobilistico cinese. Accanto a lui Stella Li, e un team che testimonia il risultato di 10 anni di lavoro: 1.200 designer divisi in cinque brand, tre studi globali e una visione che sfida i costruttori tradizionali europei.
Quando gli viene chiesto perché BYD sviluppa modelli così velocemente rispetto ai competitor europei, Egger non esita: "Qui posso rispondere onestamente. È meno gerarchia e più organizzazione orizzontale. Ciò che colpisce della mentalità cinese è l'apertura mentale. Non è chiusa in schemi storici".
Il designer tedesco, che ha lavorato per marchi italiani prestigiosi prima di approdare in Cina, sottolinea un aspetto culturale profondo: "Puoi chiedere ai giovani qualsiasi performance. Non pensano 'non lo so, sono stanco'. È incredibile. C'è il desiderio di fare qualcosa, di procedere, creare, realizzare nel modo giusto, evolvere, innovare. È una cultura, la cultura attuale".
Ma c'è di più della semplice efficienza organizzativa. Egger ha scoperto che l'antica cultura confuciana permea ancora la modernità cinese: "È più una filosofia che una cultura. È ancora presente in questo mondo moderno. Vedo molta calma, non eccitazione. È un'atmosfera pacifica, evitano i conflitti e fanno le azioni necessarie, non troppe ma dove servono. Pensano alla bellezza nell'immaginazione".
Questa filosofia si riflette nel processo creativo: "In dieci anni ho imparato molto sulla cultura e l'immaginazione cinese. Perché parliamo di immaginazione e percezione, questo è il segreto nel design e nel mondo automotive. I brand tradizionali l'hanno costruito in 100 anni. Noi dobbiamo fare la stessa cosa, perché alla fine non cambia: in Cina, in Europa, ovunque, lavori sempre per il cliente e le sue percezioni".
L'impero del design BYD non è un monolite. "I 1.200 designer che avete visto oggi sono divisi in cinque brand", spiega Egger. "Non è un unico grande team di design. Sono separati così che inizino a coltivare la propria cultura di brand specifica".
Ogni team lavora secondo un principio chiaro: "Un terzo totale libertà, un terzo mezza libertà per concept o ricerche specifiche come l'illuminazione, un terzo produzione. La parte di produzione serve a mantenerli integrati nel processo industriale BYD, in competizione con gli altri team. La parte totalmente libera genera input, cose fresche, ispirazioni per i nostri team a Shenzhen".
Il rischio? "Con questi tempi estremamente corti, c'è sempre il pericolo di diventare una fabbrica di design, cosa che non vogliamo. Il rischio è alto, quindi serve attenzione. Servono ispirazioni e questo tipo di scambio". La notizia che farà discutere in Europa: BYD sta sviluppando modelli specifici per il mercato europeo attraverso il nuovo centro design di Milano. "Esattamente questo", conferma Egger sorridendo quando gli viene chiesto se Milano progetterà auto solo per l'Europa.
"L'Italia ha una storia di design di cui non serve discutere. Vogliamo avere i giovani talenti e questa competenza progettuale dall'Italia, questa cultura, e integrarla nel nostro sviluppo. Stiamo discutendo se nelle alcune categorie lo stesso design va bene per Europa e Cina contemporaneamente. A volte no, già lo stiamo imparando".
La strategia è chiara: "Nelle categorie popolari o sharing puoi fare design dedicati per il mercato. La Cina ora preferisce design più puri e puliti, l'Europa design più dettagliati. Non puoi unirli a metà strada, servono due prodotti. Nelle luxury, nel segmento alto, non puoi fare due versioni. La sfida è farne una che piace a tutti, perché se chiedi al cliente luxury 'vuoi questo o questo', hai già finito di essere luxury".
Sul fronte del lusso, Egger sta affrontando la sfida più grande: costruire credibilità per YangWang contro marchi con secoli di storia. "È un processo di apprendimento. Non puoi farlo da oggi a domani, ma è una cultura quotidiana nel team. Imparare cosa significa lusso: serve studiare e capire in termini di artigianalità, materiali, colori, storia. È enorme".
La soluzione? Attingere alla tradizione cinese: "Stiamo facendo molta ricerca nell'arte cinese. C'è una storia meravigliosa in ceramiche, dipinti, materiali. Avete visto il fiore di ginkgo oggi? È una storia affascinante che vogliamo rendere parte della storia YangWang".
Gli esempi sono concreti: "Stiamo sviluppando una nuova YangWang con un pannello in legno con molti piccoli fiori di ginkgo in argento incastonati nel legno. È meraviglioso. Un altro esempio: esplorare la lacca cinese. I colori e gli effetti grafici che puoi ottenere sono fantastici. Vogliamo aggiungere questo come elemento luxury che gli altri brand luxury non hanno". La sfida è chiara: "Nel mercato luxury è difficile, vero? Sono tutti stabiliti da centinaia di anni. È un processo e una sfida, ma è possibile. Solo uno può farlo".
Sul futuro della guida autonoma, Egger ha una visione chiara ma articolata. "Nel concept U-Yan che abbiamo mostrato, nel primo step puoi ripiegare il volante. Così scegli se vuoi l'esperienza di guida o la modalità autonoma rilassante. Sei già in un'auto diversa anche se sei in una sportiva. Per questo abbiamo voluto iniziare su una sportiva, perché hai i due estremi in una cosa. E tra questi due estremi c'è una storia infinita".
Il mondo si biforca: "Ci sarà mobilità condivisa più orientata all'utilità, alle esperienze. Vuoi un gelato mentre sei seduto in auto? Vuoi solo leggere un libro e non sentire nulla, silenzio totale? Si apre un mondo. Dall'altra parte puoi ancora avere l'esperienza di guida estrema. È un'esperienza, non dovremmo abbandonarla. È una scelta per il cliente".
Sulla questione degli interni sempre più simili tra i marchi, con due o tre display e pochi pulsanti fisici, Egger ammette: "Sono totalmente d'accordo, è la sfida del momento. Stiamo andando via dal pensare gli interni come facevamo in passato, con decorazioni e tanti materiali. Il trend è ridurre i materiali, pulire tutto, entrare in uno spazio diverso".
Ma c'è una soluzione: "La UI (User Interface) sta diventando parte integrativa degli interni. Questo è il prossimo passo. Stiamo facendo ricerche su UI meravigliose. Nel concept Ocean avrete l'idea dell'orizzonte oceanico, è più di una decorazione, fa parte degli interni. Con UI, luci e tutto questo possiamo creare atmosfere e sensazioni che i materiali da soli non possono dare".
Gli esempi pratici: "Vuoi un tramonto? In questi interni ottieni davvero la sensazione di un tramonto. Vuoi una scena romantica in auto? Cambi. Il mare... possiamo farlo con la UI. Questi sono i primi passi, sono convinto che sia il primo passo verso dimensioni diverse. Per questo puoi mantenere le cose più pulite. È un po' come l'architettura, in tutto il mondo sta diventando più pura, più ridotta. L'accento è dato da altre cose e altre dimensioni".
Quando gli viene chiesto se la passione del designer giovane sia ancora viva dopo anni di ruoli manageriali, Egger è categorico: "Mai cambiato. Ancora lo stesso". I suoi collaboratori presenti confermano ridendo.
"Sono ogni giorno sui modelli, direttamente con i miei designer, sul lavoro. Ora devo usare la potenza intellettuale dei miei giovani designer. Se mostro loro come disegnare, già ho finito. Ma siamo coinvolti in questi poteri, non ho problemi qui. Serve questo scambio intellettuale ogni giorno. Più designer e giovani sono coinvolti, meglio è anche per il nostro sviluppo, il nostro progresso".
E la fonte originale della sua passione? "Sono Alfa Romeo. Cuore sportivo, ok? Anche questo per sempre. L'amore per il brand e la sua storia: i piloti da Nuvolari a Varzi che andava con la sua 2900 da Saronno a Milano a bere il Campari in Piazza del Duomo, Nuvolari che guidava di notte senza luci vincendo la Mille Miglia. C'è una lunga storia... serve un bicchiere di vino per raccontarla. Designer meravigliosi, carrozzeria, Touring, alluminio, aerodinamica, motori, suoni... mi vengono i brividi".
Sull'AI, la posizione di Egger è pragmatica: "Per noi è uno strumento. Come tutti gli strumenti, il risultato dipende da come lo usi. Lo usiamo in questo processo creativo come sparring partner, per verificare cosa fanno i competitor o cosa farebbe qualcun altro nel nostro caso in questo momento".
Per le interfacce è diverso: "C'è uno sviluppo in corso, non solo nelle auto. Si apre una nuova era nel mondo. Penso che tutto cambierà, dobbiamo essere preparati. Ma siamo umani, i cinque sensi sono ancora la nostra unicità, la nostra ragione di essere qui, per goderci le auto, fare mobilità, vedere bellezza, avere piacere".
Costruire un brand da zero è la sfida più grande. "È molto difficile. Devi costruirlo. Questa è la nostra sfida. Non puoi dire 'inizio a schizzare, cerchiamo le forme, facciamo un brand'. No. Un brand ha bisogno di un mondo dietro, un'immaginazione, così che quando fai il prodotto e il design, si adattano a quell'immaginazione, non il contrario. Allora hai un brand".
L'esempio vincente è la Dynasty con il dragon face: "Il drago cinese è diverso da quello europeo, è un bravissimo ragazzo. E non lo vedi mai, lo immagini solo nei dipinti antichi con le montagne. Non è un'idea chiara, c'è molto mistero e filosofia dietro questa immaginazione. Volevamo portarlo nel design". Il breakthrough è arrivato con Han: "Quando Han non era ancora su strada, tutti pensavano impossibile che BYD facesse un'auto premium. Impossibile. Poi dopo questa immaginazione, quando era su strada e i baffi del drago volavano per le strade, era immaginazione ed era diventato un brand premium".
Alla domanda su una possibile Kei car stile Racco per l'Europa, Egger sorride: "Il mio professore a Milano, dove abbiamo mostrato la U9 GT ad aprile, chiede esattamente questo. Sta parlando direttamente con il mio capo. In Italia sarebbe l'auto perfetta, penso anche in molti altri paesi. Posso spingere da parte mia". Il problema? "L'omologazione è diversa. In Europa abbiamo i veicoli piccoli che puoi guidare senza patente, ma non sono auto. La Kei car è un'auto. Bisogna vedere".