Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Mentre l'Europa sogna di copiare il Giappone con le sue leggendarie kei car, scoppia una guerra silenziosa tra colossi dell'auto e piccoli produttori. Da una parte Ursula von der Leyen e i grandi marchi che vogliono creare una nuova categoria di veicoli elettrici compatti e accessibili, dall'altra chi produce già quadricicli elettrici e difende a spada tratta il proprio territorio. La posta in gioco? Un mercato potenzialmente enorme di milioni di europei in cerca di mobilità urbana economica ed elettrica.
Il paradosso è clamoroso: mentre Bruxelles annuncia di voler "lavorare con l'industria su una nuova iniziativa per auto accessibili e di piccole dimensioni", i produttori di quadricicli L7e come Ligier, Silence e Microlino, e perfino Renault con la sua Mobilize Duo, sostengono che queste "kei car europee" esistono già da anni. Ma c'è un problema: costano quanto una vera auto, offrono sicurezza limitata e hanno prestazioni risicate. Insomma, sono davvero l'alternativa che serve agli europei o solo un escamotage per proteggere un mercato di nicchia?
A settembre 2025, la presidente della Commissione Europea ha ufficializzato l'intenzione di creare una categoria "E-Car" intermedia tra la citycar elettrica tradizionale e il quadriciclo. L'obiettivo è riempire il vuoto lasciato dalla scomparsa di modelli iconici come Peugeot 108, Renault Twingo termica e Volkswagen Up, sacrificate sull'altare dei costi di produzione e delle normative sempre più stringenti. Una micro-vettura elettrica leggera, economica e pensata per la città: esattamente ciò che le kei car giapponesi rappresentano da decenni nel Sol Levante.
Non è un'idea nuova: Luca de Meo, ex CEO di Renault, aveva già espresso pubblicamente il suo sogno di replicare il modello nippon in Europa. Il fascino delle kei car risiede nella loro semplicità: dimensioni compatte, motori modesti, normative alleggerite e prezzi contenuti che le rendono accessibili a milioni di persone. In Giappone funziona da sempre, perché non in Europa? Eppure, proprio mentre Bruxelles sembra voler dare il via libera a questo progetto, si alza un coro di proteste da parte di chi sostiene che la rivoluzione è già in corso. Ma è davvero così?
La federazione Mobilians, che difende gli interessi degli operatori della mobilità, ha lanciato l'allarme con un comunicato che non lascia spazio a interpretazioni: "Creare una nuova categoria parallela significherebbe indebolire una filiera già strutturata e competitiva". Compatti, elettrici, prodotti localmente e con velocità limitate a 90 km/h: sulla carta sembrerebbero perfetti.
Il problema è che la realtà racconta un'altra storia. Prendiamo il caso della Microlino, citata proprio da Mobilians come esempio virtuoso: parte da 17.990 euro per la versione limitata a 45 km/h e sale a quasi 20.000 euro per quella che raggiunge i 90 km/h. Prezzi che la mettono in diretta concorrenza con la Citroën ë-C3 o la futura Twingo elettrica, entrambe più spaziose, più sicure e decisamente più versatili. Come si può definire "accessibile" un biplace che costa quanto un'auto vera con quattro posti? E poi c'è il capitolo sicurezza: i quadricicli L7e non devono rispettare gli stessi standard delle auto omologate M1, il che significa protezione inferiore in caso di incidente. Difficile vendere tutto questo come progresso.
Il vero scontro è tra due visioni completamente diverse del futuro della mobilità urbana elettrica. Da una parte le PMI europee specializzate (Ligier, Aixam, Microlino e compagnia) che si vedono già come produttrici di kei car e chiedono semplicemente di modernizzare la categoria L7e esistente, alzando i limiti di peso a 650 kg e di velocità a 100 km/h. Per loro, basta aggiustare le regole attuali senza stravolgere un mercato che hanno costruito negli anni.
Dall'altra parte i colossi dell'automotive che vedono nella nuova categoria "E-Car" un'opportunità d'oro per aggirare le costose normative M1 e proporre finalmente veicoli elettrici sotto i 20.000 euro senza dover rivoluzionare le linee di produzione. In mezzo c'è Renault, che gioca su due tavoli: offre già la Mobilize Duo a 12.500 euro (praticamente il prezzo di un'utilitaria usata), ma ha bisogno di nuove regole più permissive per dare vita a progetti come il concept Dacia Hipster. Insomma, i piccoli vogliono adattare l'esistente, i grandi vogliono ripartire da zero. E tutti vogliono la loro fetta di una torta che potrebbe valere miliardi. Chi vincerà questa guerra nascosta determinerà come milioni di europei si muoveranno nelle città del futuro.