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Secondo il report trimestrale della Fim-Cisl, nel periodo luglio–settembre 2025 la produzione complessiva del gruppo Stellantis ha registrato un calo del 31% rispetto allo stesso trimestre dello scorso anno, aggravando ulteriormente la crisi già evidenziata nel 2024.
Nei primi nove mesi del 2025 sono state costruite 265.490 unità tra autovetture e veicoli commerciali, contro le oltre 387 mila dello stesso periodo 2024. Le autovetture segnano il calo più pesante con 151.430 unità (-36,3%), mentre i veicoli commerciali leggeri si fermano a 114.060 unità (-23,9%). Tutti gli stabilimenti italiani del gruppo risultano in flessione, con perdite che vanno dal -17% al -65%, a seconda dei siti produttivi.
"Anche il 2025, come il 2024, si chiuderà con una riduzione complessiva di circa un terzo dei volumi produttivi, un risultato ben peggiore di quanto previsto a inizio anno", ha dichiarato Ferdinando Uliano, segretario nazionale della Fim-Cisl. Il sindacato teme che la situazione possa spingere Stellantis verso decisioni unilaterali sulla gestione del personale, in un contesto già segnato da un massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali. Attualmente, infatti, quasi la metà della forza lavoro italiana del gruppo risulta coinvolta in periodi di cassa integrazione o sospensione.
Le stime per la chiusura del 2025 restano particolarmente negative: la produzione complessiva in Italia dovrebbe attestarsi a poco più di 310 mila veicoli, con le autovetture destinate a scendere sotto quota 200 mila unità.
Qualche segnale di speranza arriva però dal piano industriale per i prossimi mesi. A Mirafiori, la Fiat 500 ibrida dovrebbe entrare in produzione a novembre, mentre a Melfi sono in avvio le nuove linee dedicate ai modelli DS8 (già in produzione) e alla Jeep Compass, che debutterà in ottobre. Tuttavia, secondo il sindacato, i benefici di queste novità non si vedranno prima del 2026, quando le nuove motorizzazioni e piattaforme potrebbero contribuire a stabilizzare la produzione nazionale.
Il crollo italiano si inserisce in un contesto europeo complesso, ma l’ampiezza del calo produttivo nel nostro Paese evidenzia una criticità strutturale. Gli stabilimenti francesi e spagnoli di Stellantis, pur penalizzati dalla domanda altalenante e dalla transizione elettrica, mostrano infatti riduzioni più contenute.
L’Italia, invece, paga ancora l’incertezza sul futuro dei marchi storici e la lentezza con cui stanno arrivando i nuovi modelli elettrificati. L’attesa per il rilancio produttivo si sposta dunque al 2026, anno in cui Stellantis dovrà dimostrare se il piano di trasformazione industriale sarà davvero in grado di riportare le fabbriche italiane a un livello di sostenibilità produttiva.