Tecnica e storia: le teste plurivalvole (seconda parte)

Tecnica e storia: le teste plurivalvole (seconda parte)
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Se quattro sono meglio di due, che dire di cinque o sei valvole per cilindro?
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
4 dicembre 2019

La ricerca di una migliore respirazione del motore, mediante più ampie sezioni di passaggio per i gas, ha spinto i tecnici ad adottare teste plurivalvole (qui la prima parte); in effetti però questa non è stata l’unica ragione. Impiegando più di due valvole per cilindro infatti è possibile raggiungere regimi di rotazione più elevati, grazie alla minore massa dei singoli componenti in moto alterno della distribuzione: le punterie e le valvole sono più piccole e quindi più leggere. La massima alzata può essere inoltre raggiunta più rapidamente, e questo è un vantaggio di notevole importanza. Se le valvole sono quattro, poi, si può avere una camera dalla forma molto razionale. Alla luce di queste considerazioni, era logico chiedersi fino a che punto fosse vantaggioso spingersi lungo questa strada, ovvero quale fosse il numero ottimale di valvole per cilindro.

I motori a V Mercedes-Benz con distribuzione monoalbero a tre valvole per cilindro sono apparsi sul finire degli anni Novanta. Con un solo condotto di scarico si aveva una minore superficie lambita dai gas; di conseguenza questi ultimi arrivavano più caldi al catalizzatore facendogli raggiungere la temperatura di funzionamento con maggiore rapidità
I motori a V Mercedes-Benz con distribuzione monoalbero a tre valvole per cilindro sono apparsi sul finire degli anni Novanta. Con un solo condotto di scarico si aveva una minore superficie lambita dai gas; di conseguenza questi ultimi arrivavano più caldi al catalizzatore facendogli raggiungere la temperatura di funzionamento con maggiore rapidità

Nella storia del motorismo non sono certo mancati, e non mancano tuttora, gli esempi di distribuzioni a tre valvole. In questi casi di norma per ogni cilindro se ne impiegano due di aspirazione e una di scarico, ma ci sono state alcune eccezioni. Queste teste sono più semplici e un po’ meno costose di quelle a quattro valvole e consentono di avere sezioni analoghe alla aspirazione. La forma della camera però è meno vantaggiosa e di conseguenza il rendimento appare complessivamente minore. In molti casi è stato necessario fare ricorso alla doppia accensione. Inoltre, la singola valvola di scarico è di notevoli dimensioni e quindi, oltre ad essere più sollecitata sotto l’aspetto termico, a causa della sua massa ostacola il raggiungimento di regimi di rotazione elevati come quelli ai quali si può arrivare con quattro valvole per cilindro.

In un mondo dominato dalle più razionali ed efficienti distribuzioni a quattro valvole, quelle a tre sono comunque riuscite a trovare un loro spazio, anche se decisamente modesto. Ettore Bugatti è stato un loro vigoroso sostenitore negli anni Venti e Trenta; ricordiamo inoltre un paio di V12 Maserati e Ferrari di 3000 cm3 nel 1966-67, unici motori di Formula Uno a impiegare teste a tre valvole. In campo moto la diffusione è stata maggiore (basta pensare alla Honda Transalp), anche se non ha mai messo in discussione neanche lontanamente la superiorità dello schema a quattro valvole. In tempi recenti alcuni motori automobilistici di serie, in genere di piccola e media cilindrata, hanno adottato una distribuzione di questo genere.

Il disegno mostra la disposizione delle cinque valvole e dei condotti di aspirazione e di scarico in un motore Audi di alcuni anni fa. Nel caso specifico questa soluzione è stata adottata con l’obiettivo di avere un’ottima erogazione ai medi regimi e non per ottenere superiori prestazioni di punta
Il disegno mostra la disposizione delle cinque valvole e dei condotti di aspirazione e di scarico in un motore Audi di alcuni anni fa. Nel caso specifico questa soluzione è stata adottata con l’obiettivo di avere un’ottima erogazione ai medi regimi e non per ottenere superiori prestazioni di punta

Nel 1941 Robert Eberan-Eberhorst, famoso progettista delle Auto Union da corsa a 12 cilindri (quelle a 16 erano dovute a Ferdinand Porsche), pubblicò una memoria nella quale sintetizzava le sue considerazioni “geometriche” sulla respirazione del motore. Con una camera emisferica il migliore sfruttamento dello spazio disponibile, ai fini del flusso gassoso, si aveva con sette valvole! La soluzione però era difficilmente realizzabile nella pratica e quindi questo grande tecnico indicava in cinque il numero ottimale di valvole per ogni cilindro. I risultati dei suoi studi non hanno avuto un seguito pratico nell’immediato, ma diversi anni dopo qualcuno li ha ripresi in seria considerazione…

Camera di combustione di una testa a cinque valvole per cilindro di un motore da competizione dei primi anni Novanta. I gas che escono dai tre condotti di aspirazione, assai vicini tra loro, si “disturbano” a vicenda. La candela è piazzata centralmente ma la forma della camera è meno razionale rispetto a quella che si ha con quattro valvole
Camera di combustione di una testa a cinque valvole per cilindro di un motore da competizione dei primi anni Novanta. I gas che escono dai tre condotti di aspirazione, assai vicini tra loro, si “disturbano” a vicenda. La candela è piazzata centralmente ma la forma della camera è meno razionale rispetto a quella che si ha con quattro valvole

In precedenza aveva sondato la strada delle cinque valvole la Peugeot (1921). Il famoso ricercatore inglese H. Ricardo poco dopo ha adottato questa soluzione su di un suo monocilindrico da laboratorio. Per veder comparire teste con questo tipo di distribuzione sui motori di serie (e subito dopo anche su quelli da corsa) è stato però necessario attendere la metà degli anni Ottanta, quando la Yamaha ha messo in produzione le sue moto quadricilindriche di 750 e 1000 cm3 della serie FZ/FZR. Per diversi suoi modelli di alte prestazioni la casa giapponese è rimasta fedele a questo schema, che prevedeva tre valvole di aspirazione e due di scarico, fino ai primi anni Duemila. Poiché era possibile avere alla aspirazione sezioni di passaggio maggiori rispetto a quelli ottenibili impiegando quattro valvole, anche alcuni costruttori automobilistici hanno sviluppato motori con cinque valvole per cilindro. Hanno impiegato una distribuzione di questo tipo i V12 di Formula Uno Ferrari (dal 1989 al 1992) e Yamaha (1989 – 1993). La casa di Maranello la ha adottata anche su alcuni suoi modelli di serie e così pure la Audi, che ha continuato ad utilizzarla più a lungo.

Negli anni Ottanta la Maserati ha realizzato una testa a sei valvole, disposte come si può osservare nel disegno. Questa proposta non ha però avuto seguito
Negli anni Ottanta la Maserati ha realizzato una testa a sei valvole, disposte come si può osservare nel disegno. Questa proposta non ha però avuto seguito

Benché con cinque valvole per cilindro le sezioni di passaggio geometriche siano effettivamente maggiori, alla fine si è constatato che con quattro è possibile ottenere risultati complessivamente migliori (e in maniera decisamente più semplice). Nel primo caso i flussi uscenti si disturbano maggiormente l’un l’altro (e ciascuno dei due condotti laterali non ha certo una portata eguale a quella del condotto centrale), le pareti lambite dai gas hanno una maggiore estensione e la camera di combustione ha una forma peggiore (con un rapporto superficie/volume più elevato e aree di squish meno estese). Inoltre la complessità meccanica e il costo sono maggiori.

 

C’è stato anche chi ha pensato di utilizzare sei valvole per cilindro (Maserati, negli anni Ottanta), ma la proposta non ha avuto seguito.

È interessante segnalare che prima di optare per le cinque valvole, la Yamaha pare abbia studiato e sperimentato su di un prototipo una testa che ne aveva sette (quattro di aspirazione e tre di scarico). Insomma, è arrivata alle stesse conclusioni alle quali era pervenuto Eberan-Eberhorst all’inizio degli anni Quaranta!

Per concludere, il fatto che da diversi anni a questa parte i motori di altissime prestazioni siano invariabilmente a quattro valvole per cilindro la dice lunga su quale sia la soluzione più vantaggiosa…

Il disegno, molto schematico, mostra la disposizione delle sette valvole in una testa sperimentale provata a suo tempo dalla Yamaha. La forma della camera è tutt’altro che vantaggiosa e rende necessario il ricorso alla doppia accensione. In seguito la casa giapponese si è orientata sulla soluzione a cinque valvole, di realizzazione assai più semplice
Il disegno, molto schematico, mostra la disposizione delle sette valvole in una testa sperimentale provata a suo tempo dalla Yamaha. La forma della camera è tutt’altro che vantaggiosa e rende necessario il ricorso alla doppia accensione. In seguito la casa giapponese si è orientata sulla soluzione a cinque valvole, di realizzazione assai più semplice
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