Tecnica: introduzione agli alberi a gomiti (Prima parte)

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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Gli organi che costituiscono il manovellismo sono l’autentico cuore del motore
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
14 settembre 2018

Il movimento rettilineo alternato dei pistoni all’interno dei cilindri viene convertito in moto di rotazione dalle bielle e dall’albero a gomiti. Quest’ultimo è dotato di una serie di manovelle (una per cilindro, se il motore è in linea) sulle quali agiscono le teste delle bielle stesse. Per la trasformazione del moto si fa quindi ricorso a un sistema a “biella e manovella”, noto fin dall’antichità (e largamente sfruttato in molti settori). Si utilizza cioè un manovellismo che, nel caso dei motori, è costituito dai pistoni, dalle bielle e dall’albero a gomiti.

In ogni cilindro durante la fase utile del ciclo, ovvero quella di espansione, la pressione esercitata dai gas spinge il pistone verso il punto morto inferiore. Tale pressione moltiplicata per la superficie sulla quale agisce (cioè quella del cielo del pistone) origina una forza che per mezzo della biella viene trasmessa alla manovella dell’albero dando origine a una coppia, ovvero a un momento torcente. Quest’ultimo viene poi trasmesso dalla estremità dell’albero a gomiti alla frizione e quindi al cambio. è grazie al meccanismo biella-manovella quindi che la forza agente sul pistone viene convertita in coppia all’albero.

Con una stessa pressione dei gas la forza “raccolta” dal pistone aumenta al crescere della superficie di quest’ultimo, ovvero con il quadrato dell’alesaggio. E d’altro canto la coppia trasmessa all’albero è legata direttamente al raggio di manovella, ovvero alla distanza tra l’asse di rotazione e l’asse del perno di biella (che come ovvio corrisponde a metà della corsa). La cilindrata unitaria varia linearmente con la corsa e con il quadrato dell’alesaggio; di conseguenza è chiaro che, a parità di pressione dei gas, con un dato volume del cilindro, all’albero viene fornita una identica coppia motrice indipendentemente dall’alesaggio e dalla corsa. A contare è solo la cilindrata! Ad esempio, la situazione è uguale tanto che la cilindrata di 500 cm3 venga ottenuta con un alesaggio di 84 mm e una corsa di 90 mm quanto che essa sia ottenuta con un alesaggio di 87 mm e una corsa di 84 mm. È per questa ragione che nelle formule relative alle prestazioni fornite dai motori non compaiono né l’alesaggio né la corsa, ma solo la cilindrata. Come ovvio, i motori superquadri possono però girare più forte (e impiegare valvole più grandi), rispetto a quelli a corsa lunga di eguale cilindrata unitaria, e quindi possono fornire potenze specifiche più elevate.

Durante la fase di espansione la forza trasmessa all’albero varia di continuo. Una volta raggiunto il valore massimo, una quindicina di gradi dopo il punto morto superiore, la pressione dei gas diminuisce rapidamente mano a mano che il pistone si muove verso il punto morto inferiore. Cambia inoltre l’inclinazione della biella, alla quale sono legati il braccio di leva (ossia il raggio di manovella “efficace”) e la spinta del pistone contro la parete del cilindro. Di conseguenza varia continuamente la coppia trasmessa all’albero. È necessario ricordare che pure le forze d’inerzia cambiano con l’angolo di manovella.

Il ciclo a quattro tempi si svolge in due giri dell’albero a gomiti, durante i quali si susseguono quindi una corsa utile, cioè appunto quella di espansione, e tre corse passive (scarico, aspirazione e compressione). La coppia fornita all’albero quindi non è solo variabile, ma addirittura di natura “pulsante”. A una fase durante la quale ad esso viene fornita energia, che tende ad accelerarlo, seguono tre fasi durante le quali l’energia viene prelevata (il che tende a rallentare la rotazione). Queste fluttuazioni di coppia sono tanto più accentuate quanto minore è il numero dei cilindri. Il grado di irregolarità è costituito dal rapporto tra il valore massimo della coppia durante due giri dell’albero (durante i quali si svolge il ciclo di funzionamento) e il valore medio. Per rendere più uniforme la rotazione, riducendo le fluttuazioni di velocità, si ricorre a una massa volanica, in parte “incorporata” nello stesso albero a gomiti e in parte costituita da un grosso disco fissato a una sua estremità, che viene appunto detto volano.

In un monocilindrico si ha una fase utile ogni due giri dell’albero e il grado di irregolarità è massimo. Ciò richiede un volano grosso e pesante (o meglio, dotato di un grande momento d’inerzia). In un motore a sei cilindri in linea o a V di 60° le fasi utili si susseguono invece ogni 120°; nei 720° di rotazione durante i quali si svolge il ciclo sono quindi più numerose. Il grado di irregolarità è minore e perciò si può impiegare un volano molto più piccolo e leggero. 

Poiché la coppia varia di continuo, si fa riferimento al suo valore medio. Quella rilevata al banco prova è appunto la coppia motrice media, che come visto non viene influenzata né dal numero dei cilindri né dal rapporto corsa/alesaggio. I valori misurati ai vari regimi consentono di tracciare la curva di coppia, che come noto è di importanza assolutamente fondamentale in quanto assieme a quella di potenza (ad essa legata) indica chiaramente non solo le prestazioni che il motore fornisce ma anche lo stesso “carattere” della erogazione.

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