Trump, l'inquinante vs Biden, l'elettrico

Trump, l'inquinante vs Biden, l'elettrico
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  • di Luciano Lombardi
Sull'ambiente e su quali strategie attuare per ridurre la dipendenza dai combustibili fossili le posizioni del presidente in carica e del suo principale avversario democratico per elezioni 2020 sono agli antipodi
  • di Luciano Lombardi
18 novembre 2019

L'inquinamento e i cambiamenti climatici sono stati al centro della politica statunitense per tutto il fine settimana e hanno avuto come protagonisti su due fronti idealmente opposti il presidente Donald Trump e l'ex vicepresidente e senatore democratico americano Joe Biden, tra i candidati in corsa per le elezioni del 2020.

Diciamo così perché il tycoon oggi in carica alla Casa Bianca ha legato il suo nome a due vicende legate, rispettivamente, al suo atteggiamento molto poco (per non dire anti-) ambientalista: prima è arrivata la rinuncia ufficiale al Trattato di Parigi, dopodiché è finito nel mirino dello Stato della California, che gli ha fatto causa per impugnare l'ordine con il quale Trump gli ha revocato l'autorità di stabilire gli standard sulle emissioni delle auto, tradizionalmente più severi di quelli previsti dalle leggi federali.

Agli antipodi, Biden che, proprio negli stessi giorni, ha presentato un documento di 12 pagine nel quale spiega la sua strategia per portare gli Stati Uniti a essere un territorio a zero emissioni entro i prossimi 30 anni.

Il piano prevede una serie di interventi strutturali che contemplano, per esempio, un consistente aumento delle tasse per le società “inquinanti” e il contestuale abbattimento dei sussidi a favore dei combustibili fossili.

Investimenti sì, ma i soldi ci sono?

A margine, il candidato democratico ha provato anche a tirare qualche somma, tra le quali spicca l'investimento ipotizzato per i prossimi 10 anni di qualcosa come 1.300 miliardi di dollari per disseminare il Paese di stazioni di ricarica, costruire ferrovie e, in generale, promuovere la diffusione delle fonti rinnovabili, come fosse la ripresa del percorso già intrapreso da Obama, poi letteralmente sbarrato dal suo successore.

Sono tanti soldi, che per essere raccolti richiederanno interventi che vadano ben oltre il solo prelievo fiscale, senza contare che un piano del genere non può prescindere da un ampio sostegno del Congresso.

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