De Vita: «Le soluzioni proposte per l’omicidio stradale vanno ripensate»

De Vita: «Le soluzioni proposte per l’omicidio stradale vanno ripensate»
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Enrico De Vita
  • di Enrico De Vita
Il nostro editorialista Enrico De Vita è tornato a parlare di omicidio stradale e delle forti perplessità legate all’introduzione di questo nuovo reato ai microfoni di Isoradio, intervistato da Elena Carbonari
  • Enrico De Vita
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5 giugno 2015

Il nostro editorialista Enrico De Vita è tornato a parlare di omicidio stradale e delle forti perplessità legate all’introduzione di questo nuovo reato ai microfoni di Isoradio, intervistato da Elena Carbonari.

 

Si parla tanto dell'introduzione del reato di omicidio stradale. Perché non è convinto che sia la soluzione?

«La pirateria della strada, la guida senza patente, senza assicurazione e sotto l’effetto di droghe va combattuta senza tregua, ma le soluzioni proposte non risolvono il vero problema, che è quello di tutelare la collettività. Mi spiego: spesso chi si macchia di gravi crimini sulla strada non ha la patente, o perché è minorenne o perché gli è stata ritirata dalle Forze dell’Ordine. Quindi, tutte le misure restrittive applicate alla licenza di guida, il cosiddetto ergastolo della patente, hanno efficacia pressoché nulla. Cioè, di fatto, non riescono a evitare che il reato venga reiterato e a fermare il versamento di sangue sulle nostre strade. Lo stesso vale per chi fa uso frequente di droghe o di alcol».

incidente
Non si può pensare di tutelare la sicurezza della collettività elaborando soltanto pene più severe

 

Lo stesso vale per la certezza della pena, giusto?

«Certo. Si invoca sempre la certezza della pena, ma aggiungerei anche la rapidità del giudizio. In Italia sappiamo bene come vanno a finire le cose a causa di un sistema basato su tre gradi. Per arrivare ad un giudizio pienamente definitivo occorrono sempre diversi anni. E anche nel caso in cui si arrivi a una condanna esemplare, si fa ben poco nel frattempo, per tutelare la sicurezza della collettività da eventuali recidive. Infatti, nell’attesa della sentenza definitiva, l’imputato può continuare a guidare indisturbato per anni».

 

Ma la soluzione non sembra nemmeno quella di pene sempre più severe…

«Sono d’accordo. Si invoca sempre una severità esemplare della pena. E in effetti negli anni si è arrivati a pene più severe per i “reati della strada”. Applicando aggravanti come il dolo eventuale e le altre circostanze comuni nella pirateria stradale si può giungere fino a otto o anche dieci anni di reclusione, ma si tratta di pene virtuali, oltre che tardive: spesso non si arriva ai 3 anni, che per gli incensurati equivalgono a non fare neppure un giorno. Per gli altri, dopo 12 o 24 mesi il giudice può ridurre di un terzo la pena per buona condotta, concedendo poi magari anche la libertà provvisoria. Pertanto, anche la severità iniziale della pena finisce per essere un deterrente con poco valore nella realtà dei fatti».

Quando siamo in auto o in moto dobbiamo sempre ricordarci di essere a cavallo di una mitragliatrice pronta a sparare contro ignoti

 

Quindi secondo lei quale potrebbe essere la soluzione?

«Alla fine sono sempre le vittime a pagare il prezzo più alto. La collettività chiede soltanto una cosa: individuare con tempestività gli irresponsabili ed essere tutelata da eventuali recidive. Io consiglio di utilizzare un migliaio di quei settemila braccialetti elettronici acquistati dal Ministero degli Interni per controllare gli imputati in libertà provvisoria e adoperarli per monitorare i “pirati della strada”. E non farli più guidare. Ma bisogna metterglielo subito, il giorno dopo l’incidente, quando vengono accertate le modalità del sinistro e della guida. Col braccialetto si possono individuare eventuali spostamenti fatti alla guida di un veicolo perché basta il rilevamento degli strumenti in dotazione alle pattuglie o quello di strumenti elettronici, come portali autostradali, ZTL, tutor per allertare le forze dell’Ordine».

incidente
L'auto si può trasformare in un'arma puntata contro degli innocenti

 

Sempre più incidenti avvengono perché siamo distratti dagli smartphone. Stanno diventando veramente una piaga quando si è alla guida…

«Quando siamo in auto o in moto dobbiamo sempre ricordarci di essere a cavallo di una mitragliatrice pronta a sparare contro ignoti. Se non siamo sempre concentrati, per esempio perché stiamo messaggiando con lo smartphone, rischiamo di sparare contro qualche innocente».

 

Perché sulle nostre strade non si vedono più così tanti controlli come un tempo?

«Per questioni economiche . Da tanti anni i controlli sulle strade delle Forze dell’Ordine, in Italia, sono stati ridotti drasticamente. La Polizia si occupa principalmente delle autostrade, mentre i carabinieri presidiano come possono le strade statali. I vigili urbani, invece, agiscono in città, ma da tempo alcuni di essi si sono trasformati in esattori del sindaco, grazie a multe inflitte a pioggia, con vere e proprie trappole (autovelox, strisce blu, ecc.,) . Non tutti, certamente, ma spesso invece che fare controlli per prevenire le infrazioni stradali, invece di educare gli utenti a una guida più responsabile, si limitano a riscuotere le gabelle».

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