Dakar 2022. T7. Dakar violenta? Non esageriamo!

Dakar 2022. T7. Dakar violenta? Non esageriamo!
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Tappa dura, incidenti, ritiri, nuovo leader e perseveranti. La seconda settimana di gara la Dakar esce allo scoperto e mostra la vera faccia. il nuovo leader delle Moto, l’incidente a Carrara-Gasperi
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
9 gennaio 2022

Al Dawadimi, Arabia Saudita, 9 Gennaio. Tante cose mi piacciono, altre meno, ma è sempre “giustizia” quando la Dakar si ricorda quel che è. Pochi discorsi e più azione, e così la Dakar 2022 ha messo la quinta marcia e corre veloce e… insicura. Non è solo una questione di velocità pura, lo è di temi, di notti brevi e giorni lunghi, di cose da fare che si sommano in una lista in cui non si riesce mai a spuntare tutto. Si dice insicura e si deve pensare incerta, “tirata”, sottilmente sottintesa alla tensione di un filo che intreccia bravura, forza e intelligenza e che resta immancabilmente sottile, fragile.

In un certo senso ci si stava assuefacendo a una Dakar non facile ma nemmeno tremenda. Eravamo un po’ “indignati” ma in fondo pietosamente inclini ad accettare la cosiddetta “Dakar dell’Indulgenza”, quella edizione che arriva ogni vent’anni e che, per caratteristiche climatiche e di terreno, risparmia i più per concedere un evento alla portata di molti. Poi d’un tratto, proprio dopo il riposo più lungo ci siamo risvegliati e abbiamo rivisto la “Bestia” in azione.

La settima Tappa non è solo la ripresa delle ostilità, è una specie di resa dei conti che è solo iniziata. Promette di andare per le lunghe. La gara delle Moto è la più incerta degli ultimi anni, e se è vero che l’asticella si alza ogni anno, allora stiamo per assistere a uno dei finali più belli. Intanto la comitiva si lima dell’australiano Sanders, uno dei big della prima ora che, purtroppo cede con l’onore delle armi, un ricordo di gloria e una fine impietosa della sua gara. Sanders è finito contro un marciapiede in trasferimento. Il suo amico Sunderland di emanazione GasGas, invece, ha sbattuto il naso con le trappole di navigazione che imperversano nella Dakar moderna. Morale, quasi una settimana sull’altare e, improvvisamente, domenica nella polvere a inseguire da lontano.

S’era detto Honda contro KTM e Co., e la proposta resta invariata, però bisogna ammettere che non avevamo messo in conto di dare una possibilità, per quanto teorica e beneaugurale, a Yamaha. Bene, ci ha pensato Andrea Peterhansel, la Mayer di una bellissima storia di Dakar, arrivata in casa Yamaha a gestire il Team ufficiale. Suo marito, “Peter”, ce l‘ha sempre detto: “Andrea è esigente con se stessa e con tutti. Le piacciono le cose fatte bene, e non molla finché così non sono”. La Squadra Yamaha, dunque, ha iniziato a girare bene ed è uscita allo scoperto solo all’inizio della seconda, cruciale settimana di gara. ha rimesso in pista il povero Branch dato per spacciato (anche da noi, sigh) e sbloccato il chip di Van Beveren. Adrien è fortissimo e intelligentissimo. Bravo poi, neanche bisogno di dirlo. Gli è sempre mancato un pizzico di “limitatore” e di fortuna. Oggi, a vederlo in testa alla corsa, si prova una bella emozione. Non solo di soddisfazione per il Pilota e per la sua Squadra, bensì per l’intera corsa che si anima di un nuovo tema agonistico. VBA pare una sorta di giudice di pace, lassù che domina e disturba la strategia quasi perfetta del Gruppo KTM che, intanto, aveva piazzato tre regine sulla scacchiera sgomberata dai piloti Honda, nella fattispecie Matthias Walkner, Kevin Benavides e Sam Sunderland (quest’ultimo quasi graziato da una serie di svarioni). Non è stata la giornata di Petrucci, migliore italiano Lucci, e con questa rima raccapricciante cerchiamo di andar avante.

Auto

E parliamo di automobili. Le Audi fanno la loro figura già… al bivacco quando passano luminose e silenziose, con quel fischio da astronave e il cicalino da allarme. In pista ci pensa il dream team. Sainz è il migliore, ma non c’è da meravigliarsi. Tra lui e Peterhansel la più grande differenza è che il Matador corre sempre per vincere, mentre “Peter” è un predatore. Non attaccherà mai se non per finire la (le) vittime. Giusto preambolo per i due fuoriclasse, ma avanti con l’Asso delle meraviglie di questa Dakar: Nasser Al Attiyah. Oggi ha vinto Loeb, e la BRX è definitivamente una macchina estremamente competitiva, ma si è dipinto direi altrettanto definitivamente anche lo scenario di conclusione di questa edizione delle Auto: solo un colpo di sfortuna può privare il Principe del Qatar del suo quarto Titolo. Se infatti la fortuna è sempre un supporto di scarsa indipendenza, poiché più che riceverla gratuitamente la si aiuta a costruirsi, la sfortuna talvolta viaggia da sola e colpisce anche senza una logica. Solo un colpo di scena può togliere Al Attiyah e Mathieu Baumel dalla direttissima per la vittoria.

A proposito di sfortuna, è il giorno in cui la si potrebbe definire dipendente dalla… velocità. più di un incidente ha costellato la settima tappa, per fortuna con pochi danni sei, sembra. Si son viste scene di guerra. Per esempio lo Scania di Van del Heuvel, Van Roij e Van Oort, volato via a 140 all’ora e andato spettacolarmente in tonneau. Equipaggio illeso, camion da rifare. Esempio opposto quello dei nostri Bellina-Gotti-Minelli, jn magnifico IVECO a “muso” fatto dai Ceki. L’Equipaggio bergamasco sta costantemente dentro un sensibile margine di sicurezza, e la sera c’è più tempo per gli spaghetti che per i tagliandi. Brutto incidente anche per i nostri Carrara e Gasperi. Paradosso del Deserto, il loro Proto Leggero si è scontrato contro un altro SSV in un frontale perfetto sula direttrice di un waypoint. Aspettiamo notizie di Gaspari, trasferito in ospedale per gli accertamenti.

Ci tengono alto il morale Laia Sanz e Maurizio Gerini. 26i in Speciale e in Generale, sarebbero virtualmente più avanti non avessero dovuto fermarsi e cambiare due ruote.

 

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