F1: chi ha cambiato team sta faticando. È la dimostrazione dell'importanza dei test

F1: chi ha cambiato team sta faticando. È la dimostrazione dell'importanza dei test
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Tutti i piloti che hanno cambiato scuderia rispetto allo scorso anno in Formula 1 stanno faticando nel confronto con il compagno. E, più che dimostrare una loro crisi personale, questa tendenza illustra quanto siano importanti i test. Ecco perché
21 aprile 2021

Le prime due gare della stagione 2021 di Formula 1 hanno evidenziato una tendenza particolare. Tutti i piloti che hanno cambiato scuderia rispetto allo scorso anno stanno facendo peggio del compagno di squadra. È così per Sergio Perez, che, con l'attenuante di qualche problema tecnico, esce sconfitto dal confronto con Max Verstappen. In McLaren, Daniel Ricciardo, nonostante abbia a disposizione una monoposto assai competitiva, sta faticando rispetto a Lando Norris. Due ex campioni del mondo come Sebastian Vettel e Fernando Alonso hanno fatto peggio di Lance Stroll ed Esteban Ocon. Ma vale pure, anche se in misura minore, per Carlos Sainz, meno incisivo di Charles Leclerc.

Dati alla mano, non si può restare che stupiti, perché si tratta, nella totalità di casi, di piloti molto esperti. Il più acerbo, se così si può dire, è Carlos Sainz, alla settima stagione in F1. E se Sebastian Vettel ha avuto le sue difficoltà già negli anni scorsi, lo stesso non vale per il resto della ciurma. Compreso Fernando Alonso, che negli anni, ha dimostrato una grande capacità di adattarsi a contesti decisamente differenti, arrivando persino a cimentarsi con la Dakar, una competizione tanto iconica quanto brutale. Nei casi di Vettel e Alonso, si potrebbe pensare ad una naturale flessione con l'età, ma a nostro avviso il problema è un altro. 

Quando si cambia squadra, ci sono tante cose a cui è necessario abituarsi. La più importante delle quali è il nuovo mezzo. Bisogna prendere le dovute misure, adattando il proprio stile di guida a una monoposto che, in molti casi, presenta caratteristiche assai diverse da quella che ci si è lasciati alle spalle. Prendiamo, a titolo esemplificativo, il caso di Sergio Perez, passato da una vettura a basso rake con motore Mercedes alla Red Bull, che, oltre ad essere dotata di un propulsore Honda, sposa pure una filosofia ad alto rake. Premiante, viste le modifiche al regolamento tecnico per il 2021, ma sfidante, per chi è abituato ad avere per le mani una monoposto differente. 

È esattamente questo tipo di adattamento il lavoro primario che viene svolto nei test invernali da chi cambia vettura. Quei giorni di collaudi prima dell'inizio della stagione erano assai preziosi per prendere le misure con la nuova monoposto e evitare di ingaggiare un avvilente rodeo una volta cominciato il campionato. Con soli tre giorni di test pre-stagionali, ciascun pilota ha avuto, di fatto, solo un giorno e mezzo per questo ambientamento fondamentale. Questo, nel migliore dei casi. Perché c'è chi, causa problemi tecnici, ha visto ridursi ulteriormente il tempo in pista. È il caso di Sebastian Vettel, che non ha sicuramente beneficiato delle prolungate permanenze ai box dovuti ai guai dell'Aston Martin AMR21. 

Se poi, come nel suo caso, ci si trova pure ad avere a che fare con una monoposto che non ha le caratteristiche da lui desiderate, con quel retrotreno così scomposto che gli ricorderà l'incubo vissuto in Ferrari negli ultimi anni, la frittata è bella che servita. E i test privati, da regolamento disputabili solamente con una vettura vecchia almeno di due anni, lasciano il tempo che trovano. Chi ha avuto la fortuna di poter girare in questo modo, come Sainz, in pista anche oggi a Fiorano con la SF71H, ha sicuramente preso dimestichezza con le operazioni in pista dei nuovi team, ma ha portato a casa poco altro. 

E guidare al simulatore, per quanto le tecnologie si facciano sempre più sofisticate, non è la stessa cosa. I piloti hanno bisogno di mettere alla frusta le monoposto in pista, di cercare il limite concretamente, librandosi su un tracciato reale, con le costrizioni fisiche del caso. Solo così riescono a limare quegli ultimi, pochi decimi che, mai come quest'anno, fanno la differenza tra l'accomodarsi nel salotto buono delle posizioni nobili e l'impantanarsi nelle limacciose retrovie. Non c'è nulla di virtuale che, per quanto vicino alla realtà, possa sostituire i chilometri macinati in pista. Si tratta di una condizione necessaria per adattarsi a una nuova realtà. 

Fortemente limitati per ridurre i costi, i test, sia collettivi che privati, sono un bene prezioso per i team di Formula 1. E la loro progressiva restrizione non ha affatto limato gli esborsi. Perché, per sopperire alla mancanza di dati reali, ci si è affidati alle gallerie del vento e ai simulatori, con investimenti ingenti. Se, alla riduzione dei test, sommiamo l'accorciamento delle prove libere del venerdì, con un'ora di meno rispetto allo scorso anno, si capisce con che facilità si possa finire in ambasce. È davvero questa la strategia più efficace per il futuro della categoria? Noi non ne siamo per nulla convinti. Così come, viene da pensare, saranno perplessi - e frustrati - i piloti che in questo momento sono in difficoltà. Si rifaranno, sicuramente, ma questa è una tendenza da non sottovalutare. 

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