Formula 1: fallire i crash test è davvero un campanello d'allarme?

Formula 1: fallire i crash test è davvero un campanello d'allarme?
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Negli ultimi giorni sono circolate voci secondo cui sia la Mercedes che la Red Bull non avrebbero superato i crash test per l'omologazione del telaio per la stagione 2022 di Formula 1. Da Brackley è arrivata una sonora smentita, ma problemi del genere rappresentano un campanello d’allarme per i team?
31 gennaio 2022

Secondo quanto riporta l'edizione italiana di Motorsport.com, sia la Red Bull che la Mercedes avrebbero fallito i crash test dei telai delle loro monoposto per la stagione 2022 di Formula 1. Nello specifico, la RB18 non avrebbe superato il test frontale, mentre la W13 avrebbe steccato quello laterale. La Mercedes, nella giornata di oggi, ha smentito le indiscrezioni sul proprio conto, facendo sapere di aver completato il processo di omologazione il 13 gennaio scorso. In ogni caso, queste voci offrono uno spunto di riflessione interessante. Problemi di questo genere rappresentano davvero un campanello d'allarme per una scuderia? 

Per rispondere a questa domanda, bisogna partire dagli stessi crash test. Introdotti a partire dalla stagione 1985 per sopperire alle differenze negli standard di sicurezza tra i vari team, inizialmente i collaudi riguardavano solamente gli impatti frontali. Oggi, invece, le monoposto sono soggette a molteplici test, dallo schianto frontale a quello posteriore, passando per gli impatti laterali, i test alla struttura del roll bar, della cellula di sicurezza, del piantone dello sterzo e del poggiatesta. Una serie di prove che dimostrano come, con il passare degli anni, la sicurezza delle monoposto sia aumentata esponenzialmente, rendendo quasi innocui incidenti potenzialmente fatali tempo fa. Chiedere a Romain Grosjean per credere.

Detto questo, chi non avrebbe passato i crash test potrebbe aver optato per soluzioni ambiziose, al limite, che, stando alle voci circolate negli ultimi giorni, non avrebbero passato la tagliola della Federazione. Ma pensare che non abbiano pensato a un piano B nell'ambito di una strategia così ambiziosa è ingenuo. Se la RB18, ad esempio, avesse davvero fallito il crash test, la Red Bull avrebbe sicuramente in piedi una soluzione alternativa per non rallentare il lavoro pre-stagionale. 

La Mercedes, d'altronde, ha annunciato da tempo la presentazione della sua monoposto per il 2022, il 18 febbraio prossimo, forte dell'omologazione ottenuta settimane fa. La Red Bull, invece, non ha invece ancora ufficializzato la data in cui saranno tolti i veli alla RB18. Ma le motivazioni di questo ritardo nelle comunicazioni non dovrebbero essere riconducibili al presunto crash test fallito. Secondo quanto riporta Racingnews365, infatti, la Red Bull starebbe attendendo l'attivazione di un contratto con uno sponsor per accendere il semaforo verde per il debutto della RB18.

Un crash test fallito, in ogni caso, non rappresenta certamente un intoppo irreparabile per una monoposto che ambisce al titolo mondiale. La Renault, nel 2005, non superò il crash test laterale della sua R25, ma a fine anno si aggiudicò sia il mondiale costruttori che quello piloti, con Fernando Alonso. Il fatto che la Ferrari non abbia avuto problemi nei collaudi di sicurezza non è necessariamente indice di un progetto azzeccato. Ma per ora possiamo solo avanzare supposizioni. Perché le carte vincenti, mai come quest'anno, saranno svelate solo all'ultimo. 

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