Kobayashi: un eroe per il Giappone a Suzuka

Kobayashi: un eroe per il Giappone a Suzuka
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  • di Maurizio Tanca
Terzo sul podio alle spalle di Massa e Vettel, Kobayashi è oggi divenuto il simbolo della passione giapponese per il motorsport| <i>P. Ciccarone, Suzuka</i>
  • di Maurizio Tanca
7 ottobre 2012

Suzuka – Non c’è dubbio che il Giappone della F.1 ha il suo eroe: Kamui Kobayashi, pilota della Sauber Ferrari, ha ottenuto il primo podio della carriera nella gara di casa e sentire i 150 mila presenti chiamare a gran voce il suo nome, ha fatto venire la pelle d’oca perché è il sintomo di una passione e di un amore per la F.1 che si trova raramente da altre parti.

Anche un pò di Italia in Kobayashi

Kamui, soprannonimato Cobra perché attacca sempre all’improvviso, è cresciuto agonisticamente in Italia, pagato dalla Toyota che lo mise in F.3 a farsi le ossa nel team Premaracing. E a Vicenza Kamui ha vissuto qualche tempo, passando poi a Viareggio alla corte del dottor Ceccarelli. Parla un poco di italiano ma quello che sa non è riferibile, perché coi meccanici ha messo insieme tutto il peggio del nostro lessico.

E per questo è uno particolarmente simpatico, perché si fa pochi problemi, fa gruppo e fa gran cagnara con i suoi meccanici e tecnici. Insomma, diventa uno di loro senza farsi troppe controversie mentali. Ancora oggi, a distanza di anni, Kobayashi racconta di quando, una notte, fu beccato dai carabinieri alla periferia di Vicenza.

Avventure e disavventure

Non aveva la macchina e non poteva guidare in Italia ma lui andava in giro in motorino alla scoperta della città. Purtroppo capitò nel mezzo di una retata della buoncostume e visto che era giapponese, parlava poco e male italiano e aveva chiesto informazioni alla fanciulla sbagliata nel momento sbagliato, fu portato in caserma.

Kamui, soprannonimato Cobra perché attacca sempre all’improvviso, è cresciuto agonisticamente in Italia, pagato dalla Toyota che lo mise in F.3 a farsi le ossa nel team Premaracing


Alle due e mezza di notte arrivò una telefonata al team manager della Prema «Guardi, qui è la caserma, c’è un tizio giapponese che abbiamo fermato che ci ha dato il suo numero, ne sa qualcosa?» «Ho capito – disse Angelo Rosin – ditemi dove siete che vengo a prenderlo.»

Pochi peli sulla lingua

Ancora oggi questo episodio è frutto di una risata a crepapelle che contagia tutti. Ma Cobra è un pilota coi controfiocchi perché è uno che attacca sempre, anche a costo di sbagliare. Di sicuro ci prova e ha una sua idea sui grandi campioni: «Li rispetto tutti per quello che hanno fatto ma credo che in questa stagione Schumacher dovrebbe farsi da parte, smetterla, non è più posto per lui, secondo me se si ritira a fine anno fa bene.»

Lo disse una sera a cena a Barcellona, dopo il GP di Spagna. Eravamo al tavolo alla Casa Fonda, lui, il suo manager. Ma anche la sua fidanzata e la suocera, che si porta dietro (come fece a Valencia). Insomma, sembra un kamikaze, ha una fama da donnaiolo, poi però va in pista con fidanzata e suocera. E già questa, forse, è la prova di coraggio più forte che possa dare un campione come lui.

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