Kvyat: «Il mio obiettivo? Dare il massimo possibile»

Kvyat: «Il mio obiettivo? Dare il massimo possibile»
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Paolo Ciccarone
Abbiamo intervistato Daniil Kvyat, scoprendo nel russo della Toro Rosso un lato quanto mai italiano. Il sogno nel cassetto? Correre un giorno con la Rossa | <i>P. Ciccarone</i>
20 giugno 2014

Sguardo deciso, poco incline al sorriso. Lo guardi negli occhi e ti ricorda un film di qualche anno fa e ti aspetti che Daniil Kvyat ti dica: “ti spiezzo in due” parafrasando una battuta del cult movie anni 80 con Stallone e Lundgreen.

Invece il ragazzino russo che sta stupendo la F.1 è un timido introverso e quando apre bocca parla un italiano perfetto, con accento romano, da far invidia a un borgataro.
«Infatti, mi sono trasferito a Roma nel 2005 quando ho capito che per fare il pilota, non potevo restare in Russia – dice Kvyat – e il perché è semplice. In Italia ci sono i costruttori e le squadre più competitive nel kart, se volevo emergere dovevo buttarmi nella mischia senza perdere tempo».

E di tempo ne ha perso davvero poco visto che dopo poco tempo è entrato nel programma Red Bull per i giovani piloti
«Correvo nel kart, mi chiamano per fare un test con una F.BMW di Antonio Ferrari, da quel momento ho capito che mi giocavo una carta importante e ci ho dato dentro» al punto che anche dopo in F.Renault e in GP3 i colori Red Bull li ha sempre indossati senza patemi.

Fino a quando dalla GP3, saltando il gradino intermedio, è arrivato direttamente in F.1.
«Sono stato sorpreso, ma ci sono state due cose importanti, la prima è che la F.1 cambiava le regole e quindi si ripartiva tutti da zero, la seconda è che mi sentivo pronto a fare il salto. Con la GP3 a Barcellona giravo in 1’33 con la F.1 mi son qualificato in 1’28, la differenza sta nella frenata diversa, la potenza non è un problema a quella ti abitui».

Non mi pongo obiettivi minimi, se arrivo secondo e so che potevo vincere, per me è un fallimento, se arrivo decimo e so che ho dato il massimo, sono felice. Quindi niente programmazione, ma solo andare al massimo possibile


Come ci si abitua a lottare con Alonso e gli altri top driver?
«Non vedo differenze, stai seduto in macchina e pensi a fare bene, chi hai contro non conta. So che sono tutti bravi, io penso solo a fare del meglio e a stare davanti a tutti. Non mi pongo obiettivi minimi, se arrivo secondo e so che potevo vincere, per me è un fallimento, se arrivo decimo e so che ho dato il massimo, sono felice. Quindi niente programmazione, ma solo andare al massimo possibile».

Essere russo ti aiuta?
«Non credo, molti credono che abbia grossi sponsor alle spalle. Forse era vero per Petrov, un pilota veloce sottovalutato, io non ho nessuno dietro anche se devo dire che la provenienza aiuta in un certo senso…».

Ovvero, credere che se va bene ci possa essere la mano di Putin o qualche ricco oligarca anche se non è vero, aiuta a far crescere la credibilità e l’appetibilità del pilota in diversi ambienti. Di sicuro con Kvyat ora e Petrov prima, l’interesse per la F.1 in Russia è cresciuto alle stelle. Il futuro? Potrebbe essere in Red Bull al posto di Vettel?
«Per ora sono in Toro Rosso, cerco di fare bene, il resto si vedrà. Ferrari? E’ il sogno di tutti, io poi che vivo in Italia, anche se ultimamente passo più tempo in aereo che a casa, capisci la differenza che c’è fra correre in F.1 e farlo con la Ferrari».

Infine un appunto: a Kvyat piace il calcio.
«Sono tifoso della Roma e tifo Totti, anzi con lui ci siamo scambiati la maglietta della Roma con la mia tuta di F.1. Non ci crederete ma è stato il momento più bello della mia carriera!».

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