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A pochi giorni dalla revisione del regolamento europeo che dal 2035 dovrebbe vietare la vendita di nuove vetture a motore termico, l’Italia torna a farsi sentire. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, insieme ai leader di Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Bulgaria e Ungheria, ha inviato alla Commissione europea una lettera che chiede una svolta netta rispetto alla linea finora adottata da Bruxelles.
Nella lettera – firmata da Meloni, Donald Tusk, Viktor Orbán, Petr Fiala, Robert Fico e Rossen Jeliazkov – si contesta un approccio definito “dogmatico”, accusato di aver "messo in ginocchio interi settori produttivi senza benefici tangibili sulle emissioni globali".
I sei capi di governo chiedono che il principio della neutralità tecnologica sia applicato fino in fondo. Per questo, ritengono necessario che anche dopo il 2035:
Le auto ibride e plug-in (PHEV) restino sul mercato;
I biocarburanti vengano riconosciuti come “carburanti a emissioni zero”;
Vengano inclusi nel quadro normativo anche gli e-fuel, i veicoli elettrici con range extender (ERV) e le celle a combustibile.
Posizione che si allinea con quella del nuovo cancelliere tedesco Merz e che rispecchia molti dei punti indicati dall’Acea, l’associazione europea dei costruttori.
Secondo quanto riferito dall’ANSA, la Commissione europea sta finalizzando la proposta di revisione del regolamento 2019/631, che definisce gli standard di CO₂ per auto e veicoli commerciali.
La pubblicazione era prevista per il 10 dicembre 2025, ma l’appuntamento potrebbe slittare. "A quando saremo pronti", ha dichiarato il commissario ai Trasporti Apostolos Tzitzikostas, lasciando intendere che i punti ancora aperti sono molti.
La proposta dovrebbe toccare aspetti cruciali per il settore: la definizione ufficiale di E-Car, gli standard di CO₂ post-2035, una strategia per rafforzare la filiera europea delle batterie (oggi dominata dalla Cina), un pacchetto di semplificazione normativa per l’industria e una possibile elettrificazione obbligatoria delle flotte aziendali. Ed è proprio quest’ultimo punto ad aver acceso nuove tensioni.
Meloni e gli altri leader dell’Est sottolineano che imporre quote obbligatorie di veicoli a emissioni zero nelle flotte aziendali significherebbe aumentare "burocrazia e costi inutili", soprattutto per le piccole e medie imprese. Un approccio – scrivono – che rischierebbe di creare una duplicazione normativa in contrasto con gli obiettivi europei di semplificazione.
Stessa attenzione viene chiesta per il settore dei veicoli pesanti, dove gli obiettivi di riduzione delle emissioni rischiano di risultare irrealistici se non accompagnati da una revisione mirata del regolamento 2019/1242.
La conclusione della lettera è un chiaro avvertimento politico e industriale: "Possiamo e dobbiamo perseguire i nostri obiettivi climatici senza compromettere la competitività europea. Non c’è nulla di verde in un deserto industriale", affermano i sei leader.
Un messaggio rivolto direttamente alle istituzioni europee, nel tentativo di rinegoziare un percorso di transizione che, secondo Roma e i Paesi firmatari, rischia di penalizzare industria, lavoratori e consumatori.