Cambi automatici: i CVT (terza parte)

Cambi automatici: i CVT (terza parte)
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
I CVT, strettamente imparentati con i variatori impiegati sugli scooter, consentono di ottenere un cambiamento graduale e continuo del rapporto di trasmissione. Ma possono anche avere le “marce" | <i>M. Clarke</i>
  • Massimo Clarke
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4 giugno 2014

La possibilità di modificare in maniera progressiva il rapporto tra la velocità di rotazione del motore e quella delle ruote, senza doversi fermare in posizioni prefissate (cioè nelle marce), costituisce una soluzione ideale, sotto diversi punti di vista. Per questo motivo sin dagli albori del motorismo sono stati proposti, e in alcuni casi anche realizzati, dispositivi di vario tipo in grado di assicurare tale variazione. Prima ancora, meccanismi di questo genere erano stati ideati per una utilizzazione in altri settori, come quello delle macchine utensili. L’idea base in effetti è piuttosto antica e pare che già Leonardo da Vinci abbia ipotizzato qualcosa del genere, poco prima del 1500.

Gli albori

Per quanto riguarda i veicoli a motore, vanno segnalati alcuni interessanti brevetti sul finire dell’Ottocento. In campo motociclistico si sono avuti esempi di impiego di trasmissioni a variatore nel 1910 (Zenith, con sistema Gradua), nel 1912 (Rudge, con dispositivo Multigear) e nel 1921 (Ner-a-car, con meccanismo a ruote di frizione). Nel settore automobilistico va ricordata l’inglese Clyno del 1923. In tutti questi casi il graduale cambiamento del rapporto di trasmissione non era automatico, ma richiedeva un intervento da parte del pilota.

I primi variatori automatici

Per assistere alla comparsa dei primi variatori con funzionamento realmente automatico è stato necessario attendere il dopoguerra. E pure in questo caso è stato inizialmente per il mondo delle due ruote che sono stati sviluppati questi dispositivi. In particolare è stato lo scooter Hobby 75 della DKW a mostrare la strada, nel 1954, con la sua trasmissione dotata di due pulegge a diametro utile variabile, collegate da una cinghia trapezoidale, e con un sistema di controllo automatico ottenuto per mezzo di un dispositivo centrifugo.

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Vista esplosa del variatore con cinghia trapezoidale lavorante a trazione del DKW Hobby 75 del 1954. È praticamente identico a quello degli scooter attuali

 

Per quanto riguarda le auto, è stato l’olandese Hub van Doorne a realizzare una trasmissione di tipo analogo, chiamata Variomatic, che nel 1958 ha impiegato sulla sua DAF 600. La cinghia trapezoidale lavorava a trazione, proprio come negli scooter attuali. In seguito questo brillante tecnico ha sviluppato un variatore innovativo, funzionante secondo lo stesso principio, ma nel quale la cinghia, dotata di una struttura completamente diversa, lavorava a compressione. Si trattava della trasmissione Transmatic, diretta antenata di quasi tutti gli odierni CVT (acronimo che sta per Continuously Variable Transmission) impiegati in campo automobilistico.

Variatore a pulegge espansibili

L’idea alla base del funzionamento di un variatore a pulegge espansibili è molto semplice. Il caso più tipico è costituito dalla trasmissione di uno scooter, alla quale si fa qui riferimento per motivi di chiarezza. Una cinghia trapezoidale, come noto, lavora grazie all’attrito dei fianchi e si avvolge attorno a due pulegge. Nel variatore ciascuna di queste è realizzata in due parti, delle quali una è fissa mentre l’altra può scorrere assialmente sull’albero. Allontanando la semipuleggia mobile da quella fissa la gola nella quale è inserita la cinghia si allarga; di conseguenza quest’ultima va a lavorare in una posizione più vicina all’asse di rotazione.

Diminuisce quindi il diametro efficace della puleggia, dato che il raggio di avvolgimento della cinghia diventa minore. Quando la semipuleggia mobile viene avvicinata a quella fissa avviene il contrario; la gola si stringe, la cinghia lavora in posizione più esterna e il diametro utile aumenta. La lunghezza della cinghia non varia e quindi a una data diminuzione del diametro utile di una puleggia deve corrispondere un proporzionale aumento del diametro dell’altra.

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Le cinghie dei CVT con pulegge a diametro variabile utilizzati sulle auto sono del tipo con piastrine metalliche e lavorano a compressione. Il principio di funzionamento è qui chiaramente mostrato

Riduzione di diametro della puleggia

La variazione si ottiene così in maniera assai semplice: riducendo il diametro utile della puleggia conduttrice (e contemporaneamente aumentando quello della puleggia condotta) il rapporto di trasmissione diventa più corto. Facendo il contrario esso invece si allunga; è come se si innestassero in sequenza tante marce sempre più alte, senza alcuno “stacco” tra una e l’altra. Il controllo automatico nel più semplice dei casi può essere affidato a un dispositivo a masse centrifughe. Naturalmente per la partenza e per consentire al veicolo di rimanere fermo ma con il motore in funzione, occorre una frizione, essa pure a funzionamento automatico.

Nei CVT delle auto si impiega una cinghia di tipo particolare, costituita da due anelli (ognuno dei quali è formato da più nastri di acciaio sovrapposti) e da una serie di alcune centinaia di piastrine trasversali dalla particolare conformazione. Queste ultime, esse pure in acciaio, trasmettono il moto da una puleggia all’altra lavorando a compressione (e non a trazione, come avviene per la cinghia trapezoidale dei variatori degli scooter). Il mantenimento della corretta tensione è essenziale, ma non costituisce certo un problema, con i moderni sistemi di gestione elettronici. Sulle semipulegge mobili agiscono attuatori idraulici controllati dalla centralina, che provvede anche all’azionamento della frizione. Per la retromarcia si impiegano appositi ingranaggi, spesso di tipo epicicloidale.

I vantaggi del CVT

I vantaggi offerti dal CVT non sono di poco conto. A parte il fatto che il funzionamento della trasmissione è totalmente automatico, il motore può essere mantenuto sempre, o quasi, alla velocità di rotazione ottimale (o comunque in un arco di regimi ristretto, scelto in fase di progetto) ai fini dei consumi, delle emissioni o delle prestazioni. Non tutti gli automobilisti però gradiscono una vettura nella quale il motore praticamente non sale mai di giri ed emette un rumore che rimane più o meno invariato anche nelle accelerazioni; le sensazioni trasmesse al pilota in qualche caso sono anche troppo dolci e ovattate.

Per questa ragione diversi costruttori prevedono la possibilità di arresto delle semipulegge mobili in alcune posizioni prefissate, in modo da ottenere un funzionamento analogo a quello di un cambio tradizionale. Spesso è anche prevista la possibilità di impiego in modalità semiautomatica, con le consuete levette al volante, tipo Formula Uno. I CVT sembrano oggi essere oggetto di un considerevole rilancio. Trovano impiego, in versioni via via più evolute e raffinate, su diverse auto di piccola e media cilindrata e sono particolarmente utilizzati sulle vetture ibride.

I vantaggi offerti dal CVT non sono di poco conto. A parte il fatto che il funzionamento della trasmissione è totalmente automatico, il motore può essere mantenuto sempre, o quasi, alla velocità di rotazione ottimale ai fini dei consumi, delle emissioni o delle prestazioni

Varie tipologie di CVT

Tra gli sviluppi di maggiore interesse, che però in genere comportano un aumento della complessità costruttiva, vanno segnalati quelli che prevedono l’abbinamento con una frizione a dischi multipli lavorante in bagno d’olio (al posto della consueta monodisco a secco) o con un convertitore di coppia. Per il suo CVT denominato Xtronic la Nissan ha adottato un convertitore tra il motore e la puleggia conduttrice e un gruppo epicicloidale alla uscita della puleggia condotta, il che ha consentito tra l’altro un sensibile contenimento degli ingombri.

Un posto a sé stante meritano i CVT come il Multitronic della Audi, che impiegano essi pure pulegge a diametro utile variabile, ma non utilizzano una cinghia. Al posto di quest’ultima impiegano infatti una speciale catena lavorante a trazione e costituita da un gran numero (oltre un migliaio, in genere) di piastrine di acciaio, collegate da coppie di perni debitamente induriti. Anche in questo caso il moto viene trasmesso sfruttando superfici di contatto coniche.

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Nella trasmissione della Subaru il variatore a catena metallica è abbinato a un convertitore di coppia 

 

La catena lavora in bagno d’olio; la tensione corretta, indispensabile per evitare slittamenti e per ottenere il miglior rendimento, viene mantenuta grazie alla azione della centralina, alla quale pervengono informazioni in merito ai vari parametri di funzionamento da una serie di sensori. Il Multitronic è in grado di trasmettere coppie elevate ed è destinato a vetture di notevole livello. Può funzionare fornendo una variazione continua del rapporto o utilizzando svariate posizioni prefissate (nella versione più recente si hanno così otto “marce”), in modalità automatica o semiautomatica.

Il sistema di controllo consente anche di fare aumentare come opportuno il regime di rotazione del motore, in fase di accelerazione, in modo da rendere la guida particolarmente gradevole per gli appassionati più esigenti. Il CVT di questo tipo realizzato dalla Subaru e denominato Lineartronic, è dotato di un convertitore di coppia (con dispositivo di bloccaggio) alla entrata del moto. Oltre a quelli con pulegge espansibili, qui descritti, ci sono anche variatori di altro tipo, che funzionano sfruttando principi differenti e che meritano di essere trattati in un servizio a parte; alcuni di essi hanno già un discreto impiego in settori diversi da quello automobilistico.    

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