Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Sei mesi dopo il suo addio alla guida di Stellantis, Carlos Tavares ha cambiato vita. L’ex amministratore delegato del colosso automobilistico che controlla marchi come Fiat, Jeep, Peugeot e Chrysler vive oggi in una fattoria nel nord del Portogallo, produce vino Porto e si dedica a nuove passioni. Ma non ha smesso di osservare l’industria dell’auto, che definisce in pieno “caos”, travolta da guerre commerciali, regolamentazioni crescenti e la sfida dei costruttori cinesi.
In una rara intervista concessa a media internazionali, Tavares – 66 anni – ha commentato anche la recente nomina del suo successore, Antonio Filosa, scelto ufficialmente dal consiglio d’amministrazione di Stellantis lo scorso 28 maggio. “Penso sia una scelta logica e credibile”, ha detto Tavares, riferendosi a Filosa, un manager di lungo corso nel gruppo, con esperienze in Fiat, Jeep e nelle operazioni nordamericane. “Spero che riceva il giusto supporto da parte del board. Vedremo come andrà.”
Filosa, ingegnere napoletano classe 1973, è in Stellantis (e prima in Fiat Chrysler) da oltre vent’anni. Ha ricoperto ruoli strategici sia in Europa sia in Sudamerica, ed è stato Chief Operating Officer per il Nord America, dove ha maturato un’esperienza ritenuta decisiva per affrontare una delle aree più problematiche per Stellantis, soprattutto sul fronte dei marchi americani e della rete di concessionari.
Con la sua nomina, l’azienda guidata da John Elkann punta a ristabilire il dialogo con il mercato USA, dopo i contrasti emersi sotto la gestione Tavares. Sarà proprio Filosa a dover guidare Stellantis in una fase cruciale: rilanciare le vendite, difendere i margini e gestire la transizione verso l’elettrico, in un contesto globale sempre più instabile.
Tavares ha lasciato Stellantis nel dicembre 2024 dopo una serie di tensioni interne. Secondo fonti vicine all’azienda, avrebbe avuto contrasti con il board sull’intensità dei tagli ai costi, misura che aveva già provocato l’ira di sindacati, politici e concessionari, soprattutto negli Stati Uniti. “Alla fine si arriva a un bivio, e qualcuno decide che è tempo di separarsi. Va bene così” ha spiegato l’ex CEO, negando però di essere stato licenziato: “È stata una discussione matura con John Elkann”.
Il malcontento verso la sua gestione era esploso apertamente: lo United Auto Workers (UAW) aveva lanciato una campagna pubblica per chiederne la rimozione. Dopo il suo addio, il presidente del sindacato Shawn Fain ha parlato di “passo nella giusta direzione per un’azienda gestita male e una forza lavoro maltrattata troppo a lungo”.
Tavares riconosce oggi alcuni errori: “Ci sono tonnellate di cose che avrei potuto fare diversamente. Ma mi assumo la responsabilità di non essere riuscito a convincere i concessionari USA a sostenere la nostra strategia”. Le sue politiche di taglio dei costi – come la sostituzione di parti metalliche con plastica nei veicoli più robusti – hanno alienato parte della clientela di marchi come Ram e Chrysler. E i dealer, alle prese con listini elevati, faticavano a vendere.
Secondo Tavares, la crisi che ha colpito Stellantis non è isolata. “Quando è arrivato l’allarme sugli utili, anche altri costruttori europei erano in difficoltà”, ha ricordato. Nel 2024, solo Renault è riuscita a evitare un profit warning. Ma la situazione è peggiorata: tra le tariffe USA, i problemi di fornitura e la crescente pressione regolatoria europea, il settore auto affronta una tempesta perfetta. E in Europa, i cinesi avanzano: ad aprile, BYD ha venduto più auto di Tesla.
Tavares è convinto che la risposta europea debba essere una maggiore specializzazione sull’alta gamma: “In termini di costo, non potremo mai competere. Ma possiamo farlo sulla qualità”. E sulle rivali americane, aggiunge con una frecciata: “Cercate video sulla Cybertruck sui social, vi stupirete per l’esperienza dei clienti”.
Dopo una carriera cominciata nel 1981 in Renault e culminata nel ruolo di primo CEO di Stellantis nel 2021 (nata dalla fusione tra PSA e Fiat Chrysler), Tavares ha deciso di fermarsi. “Ci ho messo 45 anni per capire che è meglio lavorare per sé stessi che per qualcun altro” ha detto. Oggi si dedica alla sua azienda agricola e vitivinicola nel Douro, corre auto una volta al mese, e ha investito parte dei 40 milioni di dollari ricevuti tra salario e buonuscita in hotel e, forse, in una piccola compagnia aerea. Sta valutando anche opportunità nei settori della salute, dell’intelligenza artificiale e della moda.
“Prima facevo 12 cose al giorno. Ora ne faccio cinque, ma in modo più profondo. E mi diverto più di prima” ha concluso.