Per inviarci segnalazioni, foto e video puoi contattarci su info@moto.it
Il mercato automobilistico cinese si avvia verso una fase di profonda selezione. L’avvertimento arriva da BYD, primo produttore mondiale di auto elettriche e ibride plug-in, che dal Salone di Monaco ha lanciato un messaggio chiarissimo: «Con oltre 130 marchi attivi, non resteranno in piedi neppure 20 costruttori».
Secondo Stella Li, vicepresidente esecutivo del gruppo, la saturazione del mercato interno, unita alla stretta normativa imposta da Pechino sugli sconti e sui pagamenti ai fornitori, renderà impossibile per molte aziende sopravvivere. Anche uno studio AlixPartners conferma il trend: entro il 2030 potrebbero rimanere soltanto 15 produttori solidi in grado di garantire sostenibilità finanziaria a lungo termine.
I segnali della stretta sono già evidenti. BYD ha registrato risultati trimestrali sotto le attese, con margini in calo, mentre diversi analisti hanno rivisto al ribasso — fino al 30% — le stime di vendite e utili da qui al 2027.
Il gruppo ha anche corretto in calo le proprie previsioni per il 2025: da 5,5 a 4,6 milioni di veicoli venduti, pari a una crescita del 7% sull’anno precedente, il ritmo più basso degli ultimi anni.
Il fenomeno cinese non trova riscontri in Europa o negli Stati Uniti.
In Europa, il mercato è dominato da pochi grandi gruppi (Volkswagen, Stellantis, Renault, BMW, Mercedes, Hyundai-Kia) che hanno già avviato la transizione elettrica, pur tra difficoltà legate ai costi e alla domanda. Qui la sfida è più regolatoria (limiti CO₂, Euro 7, investimenti nelle gigafactory) che di frammentazione del mercato.
Negli Stati Uniti, il comparto è ancora più concentrato: General Motors, Ford, Stellantis (tramite Chrysler e Jeep) e Tesla. La competizione è forte, ma nessuno scenario prevede un’ondata di fallimenti paragonabile a quella cinese.
Il caso cinese resta unico al mondo: un mercato enorme, iper-frammentato e sostenuto per anni da politiche espansive che ora hanno lasciato spazio a una fase di correzione violenta. Per BYD la risposta è chiara: guardare sempre di più oltre i confini nazionali. L’obiettivo dichiarato è vendere la metà della produzione fuori dalla Cina entro il 2030.
In Europa il marchio ha rivisto strategia, rete e management, puntando a rafforzare la presenza dopo un avvio stentato.
In America Latina e Sud-Est asiatico la crescita è già significativa, favorita da mercati meno maturi e dalla domanda di veicoli a basso costo.
Il Medio Oriente rappresenta un altro bacino in espansione, soprattutto nei Paesi che puntano alla diversificazione energetica.
Il messaggio di BYD è netto: la Cina non potrà sostenere più di una ventina di costruttori. La combinazione di regole più severe, calo dei margini e sovraffollamento del mercato porterà inevitabilmente a una concentrazione.
Per i grandi player come BYD, il futuro sarà fatto di espansione globale e di investimenti massicci in tecnologia. Per molti altri, invece, la corsa sembra già finita.