Volkswagen e la grande contraddizione elettrica

Volkswagen e la grande contraddizione elettrica
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Blume predica bene e razzola male: stand tutto green a Monaco, ma chiede più tempo all'Europa
9 settembre 2025

Monaco di Baviera, c'è qualcosa di surreale nello stand Volkswagen al Salone di Monaco. Tutto elettrico, tutto verde, tutto futuro. Eppure, a pochi metri dalle scintillanti carrozzerie a batteria, Oliver Blume, il CEO del colosso di Wolfsburg, confessa senza giri di parole: "Il 2035? Troppo presto per il 100% elettrico". Benvenuti nel teatro dell'assurdo dell'automotive europeo, dove si espongono solo auto elettriche mentre si supplica Bruxelles di allentare la presa sui motori tradizionali.

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Il doppio gioco del gigante tedesco

La performance di Blume davanti ai media selezionati ha il sapore di una confessione a metà. Da un lato, il mantra obbligatorio: "L'elettromobilità sarà la tecnologia dominante del futuro". Dall'altro, la realtà cruda dei numeri: Volkswagen domina il mercato elettrico europeo con il 28% di quota, ma continua a pagare salate sanzioni CO₂ perché il mercato complessivo non decolla come sperato.

"Non si può punire l'industria per fattori che non controlla al 100%", si lamenta Blume. Una frase che suona come un grido di aiuto mascherato da ragionamento tecnico. Perché la verità è che il gigante tedesco, come i suoi concorrenti, si trova intrappolato tra le proprie promesse green e una realtà di mercato che fa resistenza.

Oliver Blume, CEO di Volkswagen
Oliver Blume, CEO di Volkswagen Volkswagen Group

La lezione cinese che fa male

Se c'è una cosa che fa impallidire i manager europei, è guardare verso Oriente. In Cina, racconta Blume con una punta di invidia mal celata, "oltre il 50% delle nuove immatricolazioni è già a zero emissioni, senza demonizzare i motori a combustione". Il segreto? Un ecosistema che funziona: infrastrutture capillari, incentivi mirati ed energia a 2-3 centesimi per kWh.

"In Europa si continua a partire dai divieti", attacca il CEO. Una stoccata diretta alla Commissione Europea e al suo approccio normativo a colpi di scadenze e sanzioni. Il sottotesto è chiarissimo: mentre Pechino costruisce le condizioni per il successo dell'elettrico, Bruxelles si limita a brandire il bastone contro un'industria che arranca.

IAA Mobility
IAA Mobility

I conti che non tornano

Dietro le dichiarazioni di facciata, emergono le crepe di un impero industriale sotto stress. Le politiche "neoprotezionistiche" di Washington hanno già bruciato "diversi miliardi di euro" nei conti di Volkswagen. I dazi americani, anche quelli al 15% in arrivo, vengono definiti senza mezzi termini "un freno".

La risposta? Spostare la produzione Audi negli Stati Uniti, decisione in arrivo entro fine anno. Un classico esempio di globalizzazione al contrario: invece di esportare il made in Germany, si delocalizza per aggirare le barriere commerciali. Quanto siamo lontani dai fasti dell'automotive tedesco che conquistava il mondo.

Future vetture elettriche
Future vetture elettriche Volkswagen Group

Il bluff delle tempistiche

La ristrutturazione avviata tre anni fa viene venduta come "un successo". Oltre 30 modelli elettrici entro il 2027, nuova architettura elettronica dal 2026, partnership strategiche con Rivian e Xpeng. Tutto molto bello sulla carta. Ma se i piani sono così brillanti, perché chiedere più tempo per il 2035?

La risposta sta nei dettagli che Blume lascia trapelare. L'ID. Buzz negli USA "suscita grande interesse con 200.000 potenziali clienti", ma il prezzo elevato "è un ostacolo". Tradotto: abbiamo i prodotti, ma sono troppo cari per sfondare. Un problema che riguarda l'intera industria europea, schiacciata tra i costi dell'innovazione e la concorrenza cinese a prezzi impossibili.

Oliver Blume
Oliver Blume

La strategia del doppio binario

Mentre in Europa si predica l'elettrico puro, negli Stati Uniti Volkswagen punta tutto su ibridi e SUV tradizionali. Atlas, Jetta, il nuovo Tiguan ibrido: prodotti che sanno di passato ma che garantiscono margini e volumi. Una strategia che rivela la vera natura del "futuro elettrico": più un'aspirazione che una certezza.

In Spagna, intanto, si costruisce la gigafactory di Valencia e si assemblano batterie a Martorell. Investimenti miliardari per un futuro che, a sentire lo stesso Blume, non è ancora maturo per il grande salto. Un paradosso che fotografa perfettamente l'impasse dell'industria europea: costretta a investire in una direzione mentre prega per più tempo nell'altra.

Quale sarà il futuro di Volkswagen?
Quale sarà il futuro di Volkswagen?

Il verdetto del mercato

"Il mercato deciderà", conclude filosoficamente Blume. Una frase che suona come una resa. Dopo anni di annunci roboanti sulla rivoluzione elettrica, il CEO di uno dei più grandi gruppi automobilistici del mondo ammette implicitamente di non avere il controllo della situazione.

La verità è che la transizione elettrica si sta rivelando più complessa, costosa e lunga di quanto i piani europei abbiano mai contemplato. E mentre Bruxelles continua a fissare scadenze sempre più stringenti, l'industria si dibatte tra le contraddizioni di un presente che non riesce a stare al passo con le promesse del futuro.

Il Salone di Monaco, con i suoi stand scintillanti e le sue auto del domani, rischia di essere ricordato come l'ultima grande illusione prima del risveglio. Perché quando anche chi espone solo auto elettriche ti chiede più tempo per l'elettrico, forse è il momento di rivedere i piani.

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