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Immaginate di comprare un dispositivo elettronico e non doverlo mai più ricaricare. Non per giorni, non per anni, ma per millenni. Sembra fantascienza? Bene, preparatevi a ricredervi, perché i ricercatori britannici hanno dimostrato che a volte la realtà supera persino le più sfrenate fantasie di Ian Fleming.
Gli scienziati dell'Autorità per l'energia atomica del Regno Unito e dell'Università di Bristol hanno compiuto quello che potremmo definire un miracolo dell'ingegneria: hanno creato la prima batteria al diamante alimentata dal carbonio-14, un dispositivo che promette di funzionare per oltre 5.700 anni senza mai perdere un colpo.
Ma come funziona questa meraviglia della tecnologia moderna? La spiegazione è tanto elegante quanto ingegnosa. Prendiamo il carbonio-14, un isotopo radioattivo che normalmente consideriamo un problema da smaltire, e lo racchiudiamo all'interno di una struttura di diamante artificiale. Quando questo carbonio decade naturalmente, trasformandosi in azoto-14, emette particelle beta, essenzialmente elettroni ad alta energia che viaggiano a velocità impressionanti.
Questi elettroni, nel loro viaggio attraverso la struttura cristallina del diamante, creano una cascata di elettroni a bassa energia che vengono poi raccolti dall'elettrodo esterno, generando una corrente elettrica continua e stabile. È come avere una centrale nucleare in miniatura, che lavora instancabilmente per migliaia di anni.
Ora, prima che vi facciate prendere dall'entusiasmo e iniziate a immaginare auto elettriche alimentate da diamanti radioattivi, dobbiamo fare i conti con la realtà energetica. Questa batteria genera appena 15 joule al giorno per grammo di carbonio-14, una quantità di energia così minuscola che vi servirebbe circa un anno per accumulare l'energia necessaria ad accendere una lampadina LED per un secondo.
Per mettere le cose in prospettiva, stiamo parlando di correnti nell'ordine dei microwatt, un milionesimo di watt. È come paragonare la potenza di un fulmine a quella di una lucciola. Ma ecco il colpo di genio: mentre la vostra batteria del telefono si scarica in un giorno e quella dell'auto elettrica degrada del 20-30% in pochi anni, questa piccola meraviglia continuerà a fornire la stessa identica quantità di energia per i prossimi 57 secoli.
La genialità di questa tecnologia risiede non solo nella sua longevità, ma anche nella sua sicurezza intrinseca. Il diamante artificiale non è solo il cuore energetico del dispositivo, ma anche la sua corazza protettiva. Come spiega Sarah Clark, direttore del Tritium Fuel Cycle presso UKAEA, il diamante racchiude in modo sicuro il materiale radioattivo, impedendo qualsiasi fuoriuscita pericolosa.
Le particelle beta emesse dal carbonio-14 sono facilmente bloccate da pochi millimetri di schermatura, pensate che persino un foglio di carta potrebbe fermarle. Questo significa che la batteria non emette radiazioni pericolose e può essere maneggiata con la stessa sicurezza di una normale batteria alcalina. È ironia della fisica: utilizziamo la radioattività per creare energia, ma la rendiamo così sicura che potrebbe essere impiantata nel corpo umano.
Uno degli aspetti più brillanti di questa scoperta è la sua filosofia di base: trasformare un problema in una soluzione. Il carbonio-14 utilizzato in queste batterie proviene dai rifiuti delle centrali nucleari, materiale che normalmente dovremmo custodire per migliaia di anni come scoria pericolosa.
Invece di limitarsi a contenere e sorvegliare questi materiali radioattivi, i ricercatori britannici hanno trovato il modo di trasformarli in una risorsa preziosa. È come se avessero scoperto l'arte dell'alchimia moderna: prendere il piombo radioattivo e trasformarlo nell'oro energetico. Come ha elegantemente spiegato il professor Tom Scott dell'Università di Bristol, "incapsulando materiale radioattivo all'interno di diamanti, trasformiamo un problema a lungo termine di scorie nucleari in una batteria alimentata a energia nucleare".
Le dimensioni contenute di questi dispositivi, circa 10 millimetri per lato con mezzo millimetro di spessore, aprono scenari applicativi affascinanti. Pensate ai pacemaker: attualmente questi dispositivi salvavita devono essere sostituiti ogni 7-10 anni attraverso interventi chirurgici. Con una batteria al diamante, un pacemaker potrebbe funzionare per tutta la vita del paziente e oltre, eliminando il rischio e il costo di operazioni ripetute.
Ma le applicazioni spaziali sono forse ancora più entusiasmanti. Nelle missioni interplanetarie, dove la manutenzione è impossibile e ogni grammo conta, questi dispositivi potrebbero alimentare sensori, trasmettitori e computer di bordo per decenni. Immaginate sonde che continuano a trasmettere dati dalle profondità del sistema solare per secoli, senza mai perdere energia.
Anche in ambienti terrestri estremi, come fondali oceanici o zone artiche remote, questi dispositivi potrebbero rivoluzionare il monitoraggio ambientale, fornendo energia costante per sensori che devono operare in totale autonomia per decenni.
Questa tecnologia rappresenta un paradigma completamente nuovo nell'accumulo di energia. Non stiamo più parlando di batterie che si scaricano e si ricaricano, ma di generatori energetici in miniatura che producono elettricità attraverso processi nucleari fondamentali.
Il team britannico ha già dimostrato la fattibilità del concetto e sviluppato le tecnologie di produzione necessarie, inclusa una piattaforma avanzata di deposizione al plasma per creare questi diamanti radioattivi su scala industriale. La strada verso la commercializzazione è tracciata, e le prime applicazioni in nicchie specializzate potrebbero arrivare prima di quanto immaginiamo.
Certo, non alimenteranno presto le nostre auto elettriche o i nostri smartphone, per quello dovremo aspettare rivoluzioni in altre direzioni. Ma per tutte quelle applicazioni dove serve poca energia per molto tempo, dove la manutenzione è impossibile o costosa, dove la sicurezza è fondamentale, queste piccole stelle di diamante radioattivo potrebbero davvero cambiare le regole del gioco.
In fondo, chi l'avrebbe mai detto che la chiave per l'energia del futuro sarebbe stata nascosta nei rifiuti del passato, racchiusa nel materiale più prezioso del pianeta?
A volte la scienza è più poetica di quanto sembri.