La storia delle distribuzioni desmo

La storia delle distribuzioni desmo
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
Delle distribuzioni desmodromiche si parla molto spesso e non sempre con autentica cognizione di causa. Ecco una serie di flash per chiarire le idee sull’argomento|<i> M. Clarke</i>
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
6 novembre 2012

Desmo, perché?

In origine le distribuzioni desmodromiche sono state ideate e (in qualche caso) sviluppate per porre rimedio a un grande limite, che nelle applicazioni più gravose si poteva tradurre in un serio problema, ovvero la scarsa affidabilità delle molle delle valvole. Oggi non si rompono più, ma una volta lo facevano tutt’altro che di rado, specialmente nei motori da competizione…

Il problema era molto sentito non solo negli anni Dieci del Novecento, quando ha fatto la sua comparsa una nutrita serie di proposte relative alla realizzazione di sistemi desmodromici per il richiamo delle valvole, ma anche in seguito. Negli anni Cinquanta la maggior parte dei motori monocilindrici da corsa era dotata di molle a spillo lavoranti allo scoperto, principalmente perché, in caso di rottura, esse potevano venire sostituite agevolmente e con rapidità senza dover smontare la testa.

Naturalmente i tecnici si sono ben presto resi conto che un sistema desmodromico poteva offrire anche un vantaggio, di notevole portata, quando si cercavano le massime prestazioni. Consentiva infatti il raggiungimento di regimi di rotazione sensibilmente più alti di quelli all’epoca ottenibili con le distribuzioni di tipo convenzionale, a pari massa delle valvole. Questo si traduceva nella possibilità di produrre potenze più elevate. Inoltre, anche portando il motore in fuorigiri, come poteva avvenire ad esempio nelle scalate più “selvagge”, non c’era il rischio che le valvole sfarfallassero.

distribuzione desmodromica
In origine le distribuzioni desmodromiche sono state ideate e (in qualche caso) sviluppate per porre rimedio a un grande limite, che nelle applicazioni più gravose si poteva tradurre in un serio problema, ovvero la scarsa affidabilità delle molle delle valvole

Desmo, quando?

L’idea di comandare gli organi che regolano l’ingresso e l’uscita dei gas dal cilindro anche in fase di chiusura senza fare ricorso ad organi di richiamo elastici, è più o meno vecchia quanto il motore stesso.

I sistemi di richiamo delle valvole che sono stati ideati nel corso dei decenni sono numerosissimi. I soli brevetti rilasciati assommano a svariate centinaia.  I più antichi riguardano addirittura i motori a gas della seconda metà dell’Ottocento! Diversi altri, fino agli anni Dieci del XX secolo, riguardano invece distribuzioni a valvole laterali.

Desmo come? (ieri)

Alcune di queste proposte si rifacevano a schemi già impiegati ad esempio sulle macchine che venivano utilizzate in campo tessile. Svariati progetti prevedevano l’impiego di un organo rotante munito di una cava sagomata nella quale si inseriva un grano di guida vincolato allo stelo della valvola. Numerosi sono stati anche gli schemi che prevedevano un disco rotante dotato di una particolare geometria, il quale comandava in entrambi i sensi il movimento della valvola, alla quale era opportunamente collegato. E poi c’erano i sistemi che prevedevano un doppio eccentrico lavorante all’interno di una staffa vincolata alla estremità dello stelo della valvola, come sulla Delage da corsa del 1914.

In tutti i casi, per evitare problemi meccanici derivanti dalle dilatazioni termiche degli organi interessati, tra la valvola e l’elemento di richiamo o in corrispondenza di quest’ultimo veniva piazzato un piccolo elemento elastico (cosa che ovviamente si è fatta anche in seguito). Di particolare interesse sono due brevetti rilasciati alla Fiat, che all’epoca era molto attiva anche in campo agonistico. Il primo risale al 1913-14 e prevede l’impiego di un bilanciere a dito la cui parte mediana passa tra due camme (una piazzata sopra e l’altra sotto) aventi geometria “coniugata”; durante la rotazione una muove il bilanciere in un senso, facendo aprire la valvola, e l’altra lo muove in senso opposto, facendola richiudere.

Risale a circa sette anni dopo il secondo brevetto, che prevede l’inserimento della estremità dello stelo valvola in un elemento rotante di forma cilindrica, coassiale rispetto ad esso, che ne guida il movimento grazie a una cava sagomata. La proposta prevede che gli elementi rotanti (uno per ogni valvola) siano collegati tra loro mediante ingranaggi.

La nascita dei sistemi desmodromici moderni coincide con il loro primo impiego di successo, su vasta scala, all’interno di un motore da competizione. Il merito in questo caso va ai tecnici della Mercedes-Benz

Desmo, come? (oggi)

La nascita dei sistemi desmodromici moderni coincide con il loro primo impiego di successo, su vasta scala, all’interno di un motore da competizione. Il merito in questo caso va ai tecnici della Mercedes-Benz. La Casa tedesca aveva deciso di tornare ai Gran Premi nel 1954, anno nel quale sarebbe entrato in vigore il nuovo regolamento che precedeva, per le Formula Uno, una cilindrata massima di 2500 cm3 (per i motori aspirati).

Venne deciso di realizzare un otto cilindri dotato di due valvole per cilindro. Quelle di aspirazione erano talmente grandi (ben 50 mm) che le molle delle valvole disponibili all’epoca non avrebbero consentito il raggiungimento di regimi di rotazione molto elevati e di alzate assai considerevoli, come era invece necessario in un motore da competizione. Il problema era di difficile soluzione, ma a Hans Gassmann venne l’intuizione di realizzare un sistema desmodromico razionale, efficiente ed affidabile (pare che l’idea gli sia venuta in tram, lungo il consueto percorso lavoro-casa).

Il primo brevetto relativo a questo sistema, al cui sviluppo ha lavorato intensamente Manfred Lorscheidt, risale al 1952 e il secondo al 1954. Il sistema prevedeva che per ogni valvola ci fossero due camme, aventi profili coniugati, collocate sullo stesso albero; una provvedeva all'apertura, azionando una punteria, mentre l’altra provvedeva alla chiusura, agendo su di un bilanciere a due bracci disposto in posizione “rovesciata” rispetto a quella usuale. Insomma, lo schema era analogo a quello impiegato in seguito sulle Ducati bialbero (dalla 851 in poi), con la differenza che la camma di apertura agiva su una punteria e non su di un bilanciere a dito.

taglioni 3 alberi
Di particolare interesse sono due brevetti rilasciati alla Fiat, che all’epoca era molto attiva anche in campo agonistico

 

Le Mercedes-Benz 2500 a otto cilindri dotate di questo tipo di distribuzione hanno vinto i due mondiali ai quali han preso parte (1954 e 1955), con Manuel Fangio alla guida. Il campionato mondiale per vetture Sport del 1955 è stato conquistato dalla Mercedes-Benz 300 SLR, con motore a otto cilindri in linea di schema analogo. Con una di queste splendide auto Stirling Moss si è imposto a media record nella Mille Miglia dello stesso anno.

Degni successori

Le straordinarie vittorie delle Mercedes da competizione hanno dimostrato quali risultati era possibile ottenere con le distribuzioni desmodromiche, se ben progettate e realizzate. Logico quindi che questa soluzione tecnica abbia stimolato l’interesse di numerosi costruttori. Nel giro di pochi anni sono così comparse molte distribuzioni di questo tipo, quasi tutte regolarmente brevettate; alcune sono rimaste solo sulla carta, altre sono state impiegate in certi prototipi da competizione, che in diversi casi sono stati oggetto di lunghe prove al banco.

Solo quattro sono state utilizzate effettivamente in gara negli anni successivi ai trionfi della Casa di Stoccarda; per quanto riguarda le auto, si tratta di quelle della OSCA, azienda dei fratelli Maserati che produceva ottime vetture Sport, con le quali ha ottenuto per diverso tempo eccellenti risultati, e della americana Scarab (poche gare, nell’ultimo anno della Formula Uno di 2500 cm3, con scarsi risultati).

Per quanto riguarda le moto, entra in scena quello straordinario personaggio che è stato l’ing. Fabio Taglioni, per circa trent’anni padre delle mitiche Ducati tanto di serie quanto da competizione. Altri costruttori motociclistici hanno cercato di seguire la strada indicata dalla Mercedes-Benz, ma solo la MV Agusta ha impiegato per alcune gare del 1959 una 125 desmodromica. Le proposte della Bianchi e della Norton sono rimaste sulla carta, mentre quella della Mondial è sfociata nella realizzazione di un prototipo che è stato provato ma non è mai sceso in gara.

Numerose sono state le Case che hanno sperimentato l'utilizzo del desmo, dalla MV Agusta alla Mondial, passando per Porsche e Ferrari

Le straordinarie Ducati desmo

Il più grande sostenitore delle distribuzioni desmodromiche è stato sicuramente l’ing. Fabio Taglioni, che dapprima ha realizzato una versione con tre alberi a camme, impiegata sulle formidabili Ducati da Gran Premio a partire dalla primavera del 1956, e quindi ha progettato una versione monoalbero, destinata fondamentalmente ai modelli di serie. Per la prima volta al mondo venivano prodotti dei motori desmodromici che chiunque poteva acquistare! Ciò è avvenuto a partire dall’autunno del 1968, con i monocilindrici di 250, 350 e 450 cm3 della serie “a carter larghi”. In seguito questo stesso schema è stato impiegato anche sui modelli a due cilindri di impostazione più sportiva e, in seguito, sulla intera gamma della Casa bolognese.

I bicilindrici Ducati raffreddati a liquido e con distribuzione desmodromica bialbero sono nati nel 1986 con la 851, grazie fondamentalmente al lavoro di Massimo Bordi e di Pierluigi Mengoli. In seguito questi motori si sono evoluti in quelli della serie “testastretta”, con angolo tra le valvole portato da 40° a 25° e con assi dei bilancieri a dito (di apertura) piazzati all’esterno della V formata dalle valvole, che sono stati seguiti dai bicilindrici della serie “testastretta evoluzione”.

ducati monoalbero
Grazie al desmo è possibile ottenere aperture e chiusure delle valvole estremamente rapide, il che ovviamente è vantaggioso ai fini della respirazione del motore e quindi anche delle prestazioni

Desmo e prestazioni

La distribuzione desmodromica consente di raggiungere regimi elevatissimi. Il limite è costituito dalla resistenza meccanica dei componenti. Le valvole non possono “sfarfallare” ovvero seguono sempre la legge del moto prevista in fase di progetto. C’è di più, però. Grazie al desmo è possibile ottenere aperture e chiusure delle valvole estremamente rapide, il che ovviamente è vantaggioso ai fini della respirazione del motore e quindi anche delle prestazioni. Potendo disporre di aperture e di chiusure particolarmente veloci è possibile, volendo, adottare fasature più strette, con una eguale sezione di passaggio complessivamente a disposizione dei gas, cosa che può avere conseguenze positive sull’andamento dell'erogazione.

Alla luce di queste considerazioni può forse sembrare strano che solo la Ducati impieghi la distribuzione desmodromica, tanto nei modelli di serie quanto in quelli da competizione. E che sotto l’aspetto delle prestazioni, i motori con questi sistema di comando delle valvole non siano nettamente superiori agli altri.

Evidentemente, per quanto riguarda i modelli di serie, gli altri costruttori pensano che il gioco non valga la candela. Lo hanno provato in tanti e grandi Case come Suzuki, Honda, Ford, Volkswagen e via dicendo nel corso degli anni hanno anche ottenuto fior di brevetti relativi a distribuzioni di questo tipo. Se hanno continuato ad impiegare il sistema tradizionale, con molle meccaniche di richiamo, hanno evidentemente avuto i loro motivi. Come ha i suoi la Ducati, che realizza moto dalla personalità eccezionale, con un'architettura costruttiva unica nel panorama mondiale e dalla straordinaria raffinatezza tecnica. Il desmo costituisce una autentica delizia, per gli appassionati della bella meccanica.

Per quanto riguarda l’impiego delle distribuzioni di questo tipo nei motori da competizione, dopo gli anni Sessanta sono state lungamente provate da diversi costruttori (Cosworth, Porsche, Ferrari…), che però non le hanno impiegate in gara. L’entrata in scena delle molle pneumatiche sembra avere di fatto posto fine a ogni residuo interesse nei loro confronti. La Ducati continua ad impiegare il suo desmo con risultati eccellenti, ma non sembra che le prestazioni del motore siano superiori a quelle ottenute dalla concorrenza, che impiega sistemi dotati di molle pneumatiche.

Il rovescio della medaglia

Tra gli evidenti svantaggi delle distribuzioni desmodromiche nei confronti di quelle a molle spicca la maggiore complessità meccanica, che si traduce anche in un costo di fabbricazione più elevato. La cosa ha indubbiamente la sua importanza, quando si tratta di motori destinati ad essere prodotti in serie. Quando si tratta di scegliere tra due soluzioni differenti, una delle quali comporta costi maggiori, ci si chiede sempre se il gioco valga la candela anche (e spesso soprattutto) sotto l’aspetto economico.

Il modesto assorbimento energetico delle distribuzioni desmodromiche ai bassi regimi ha ultimamente fatto concentrare su di esse le attenzioni di alcuni tecnici, che stanno studiando una loro eventuale possibilità di impiego sulle auto di serie


Nel caso dei motori da competizione questa voce non ha molta importanza, ma ad essa si contrappone il fatto che le molle pneumatiche sono estremamente semplici e consentono la realizzazione di teste molto compatte. E in fin dei conti consentono di ottenere risultati perlomeno analoghi, in termini prestazionali.

Desmo e consumi

C’è un altro aspetto da considerare. Se si gira lentamente a mano nel senso di rotazione normale l’albero a camme di una testa a due valvole monoalbero e con normali molle, si avverte a un certo punto una forte resistenza, dovuta al fatto che si sta comprimendo la molla della valvola di scarico (che inizia ad aprirsi). Successivamente l’albero a camme tende a “scattare” nella sua rotazione in quanto la molla restituisce energia, distendendosi (la valvola si sta chiudendo).

Lo stesso avviene subito dopo per la valvola di aspirazione. C’è dunque un susseguirsi di assorbimenti e di restituzioni (parziali) di energia. Se si fa lo stesso con una testa desmo, non si avverte praticamente alcuna resistenza durante la rotazione dell’albero a camme (le molle eventualmente presenti per la ripresa dei giochi hanno un carico estremamente modesto).

Durante il funzionamento del motore però occorre fare i conti con le forze d’inerzia, che aumentano con il quadrato della velocità di rotazione. Qui la situazione è diversa, per quanto riguarda i due tipi di distribuzione. La potenza necessaria per azionare un sistema convenzionale aumenta con legge lineare, in funzione del regime di rotazione, mentre quella occorrente per comandare una distribuzione desmodromica aumenta con legge esponenziale. Col desmo l’assorbimento è minore ai regimi bassi, in corrispondenza dei quali le forze d’inerzia sono di entità contenuta, ma da un certo regime in poi può diventare maggiore, rispetto a quello di una distribuzione a molle.

Proprio il modesto assorbimento energetico delle distribuzioni desmodromiche ai bassi regimi ha ultimamente fatto concentrare su di esse le attenzioni di alcuni tecnici, che stanno studiando una loro eventuale possibilità di impiego sulle auto di serie; ciò potrebbe contribuire alla riduzione dei consumi di carburante, specialmente nell’uso cittadino. Naturalmente, occorrerà valutare con attenzione i costi… Chi volesse approfondire questo argomento può leggere le splendide pagine dedicate alle distribuzioni desmodromiche dall’ing. Augusto Pignone nell’eccellente libro “Motori ad alta potenza specifica”, edito da Giorgio Nada.

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