Nuovi limiti di emissioni? L’Anfia è preoccupata

Nuovi limiti di emissioni? L’Anfia è preoccupata
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
A Bruxelles si vota su nuovi e più stringenti limiti di emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
2 ottobre 2018

Un occhio a Bruxelles, uno al mercato nazionale: non è un bel momento per le vendite di nuove auto (vedi qui per i dati più recenti) e nuove nubi di tempesta si affacciano all’orizzonte.

Infatti è imminente il voto in assemblea plenaria del Parlamento Europeo riguardante la proposta della Commissione Trasporti di ridurre del 15% entro il 2025 e del 30% nel 2030 rispetto al target già fissati per il 2021 le emissioni di CO2 di autovetture e veicoli commerciali leggeri immatricolati dopo il 2020.

Un appuntamento che preoccupa molto i costruttori: non a caso, l’Anfia (l’Associazione Nazionale della Filiera dell’Industria Automobilistica) lancia un appello affinché i livelli di riduzione delle emissioni proposti dalla Commissione europea, già molto impegnativi da raggiungere, non siano ulteriormente inaspriti dal voto del Parlamento.

«E’ necessario - ha dichiarato Aurelio Nervo, Presidente dell’Associazione - individuare una forma di equilibrio tra le necessità di proseguire nella direzione già intrapresa nella decarbonizzazione dei veicoli e le necessità di riconversione del settore industriale. Obiettivi ancora più ambiziosi, da raggiungere con tempistiche stringenti, rischiano, infatti, di privare la filiera industriale del tempo necessario per questa riconversione produttiva che, senza pregiudicarne la competitività, le consenta di contribuire alla transizione verso una mobilità a basse emissioni. In particolare, l’obiettivo al 2025 pone una forte criticità per la transizione che l’industria automotive sta affrontando».

Secondo l’Anfia, infatti, la scadenza ormai ravvicinata del 2025 non fornisce il tempo sufficiente per attuare gli indispensabili cicli di sviluppo e produttivi, arrivando solo tre anni dopo gli obiettivi già definiti per il 2020-2021.

«E’ in tal senso - prosegue Nervo - che il target posto dalla Commissione europea appare già eccessivamente sfidante. Siamo consapevoli dell’importante ruolo che come industria siamo chiamati a svolgere è per questo che la filiera automotive italiana è impegnata nello sviluppo di tecnologie a basso impatto ambientale e sta investendo ingenti risorse in ricerca e sviluppo sull’elettrificazione dei veicoli. Siamo anche consci, tuttavia, del fatto che mentre il regolamento in discussione pone obblighi ambiziosi per i produttori di veicoli, al contrario nessun vincolo ricade sulla diffusione delle infrastrutture, elemento propedeutico allo sviluppo dei mercati dei veicoli a basse emissioni».

Inoltre, indurre un massiccio e improvviso spostamento esclusivamente verso l'elettromobilità, puntando quindi su una sola tecnologia, ad oggi industrialmente non matura e che necessita di meno manodopera e di un minor numero di componenti per veicolo, rischia di diventare, per l’Italia, un boomerang.

In primis a livello occupazionale, a danno di un settore che negli ultimi anni ha trainato la ripresa economica dell’Italia, dove conta oltre 5.700 imprese con più di 253.000 lavoratori, di cui circa 66.000 impiegati per produrre veicoli a combustione interna e loro motori, ed almeno 14.000 nella produzione di trasmissioni, sistemi di scarico e sistemi ausiliari.

Che la regolamentazione debba garantire una transizione verso la mobilità a basse emissioni a ritmi gestibili è indispensabile non solo a livello industriale, ma anche per i consumatori italiani, che dovranno modificare radicalmente le proprie abitudini di acquisto, di solito basate sulla convenienza economica e disponibilità infrastrutturale.

Questo principio vale ancor più per gli utilizzatori di veicoli commerciali leggeri che devono adempiere a precise missioni di lavoro.

«In linea con le posizioni espresse dall’Associazione europea dei costruttori di autoveicoli Acea e dall’Associazione della componentistica automotive europea CLEPA - conclude Nervo - Anfia ribadisce l’importanza che questo avvenga senza stress per il mercato e senza mettere a rischio la competitività del sistema paese, evitando che a pagare le spese siano, nell’immediato, le imprese, i lavoratori e i consumatori italiani».

Qualcuno a Bruxelles sarà in grado di accogliere la proposta che arriva dall'Anfia? 

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