Pneumatici, particolato sotto accusa: trovato anche in mare. Ma i costruttori corrono ai ripari

Pneumatici, particolato sotto accusa: trovato anche in mare. Ma i costruttori corrono ai ripari
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La lobby dei costruttori si sta difendendo a colpi di studi scientifici di parte per evitare leggi restrittive, accusano ex dipendenti di Cardno ChemRisk, la società di consulenza scientifica che ha assistito anche BP nel disastro Deepwater Horizon
24 aprile 2020

Le particelle derivate dall’usura dei pneumatici, insieme a quelle delle pastiglie dei freni, contribuiscono al particolato che inquina l’atmosfera soprattutto nelle grandi città, ma non solo: secondo diverse ricerche vanno finire anche nel cibo e in mare.

Alcuni componenti delle mescole, assimilabili alle microplastiche, sono state rilevate anche nell’Artico, tanto che lo scorso anno anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha detto chiaramente che, pur essendo ancora molto difficile quantificarne l’impatto, le polveri sottili create dal rotolamento delle gomme potrebbero contare tra lo 0,5 e il 10% del particolato, per cui è necessario adottare delle contromisure dal momento che ancora non è chiaro quanto, ma è molto probabile, che quanto queste possano impattare sulla salute della fauna e umana.

Secondo quanto rivelato alla Reuters da due ex dipendenti anonimi della società di consulenza scientifica americana Cardno ChemRisk, la stessa che ha assistito BP nel 2010 dopo il disastro della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon nel Golfo del Messico, però, è in atto una guerra sotterranea da parte dei produttori di pneumatici che fa leva su ricerche scientifiche quanto meno di parte che puntano espressamente a minimizzare i rischi.

Secondo i due ricercatori, sono almeno dieci gli studi commissionati dai produttori a Cardno negli ultimi cinque anni che mirano a dimostrare il contrario ed influenzare così le politiche pubbliche in tema di contrasto all’inquinamento. L’Unione Europea, ad esempio, sta studiando l’opzione di introdurre una nuova legislazione sulla progettazione delle gomme che ne limiti l’usura e favorisca l’utilizzo di componenti meno inquinanti, una misura che comporterebbe costi molti alti per i produttori.

Il “braccio armato” dei costruttori di pneumatici sarebbe il Tire Industry Project, un forum che fa parte del Wolrd Business Council, formato da 11 tra i maggiori costruttori mondiali, mentre in Europa la lobby che punta a minimizzare i rischi per la salute sarebbe la European Tyres and Rubber Manufacturers Association, che ha diffuso nei mesi scorsi una serie di report che mettono l’accento sulle lacune degli studi sulla correlazione tra usura delle gomme e inquinamento.

Queste associazioni avrebbero commissionato negli anni scorsi proprio a Cardno ChemRisk degli studi di parte, rivelano adesso due ex addetti, che miravano a preparare il terreno verso potenziali richieste di risarcimento che potrebbero essere presentate da privati, aziende o governi.

«Ci concentravamo su questioni in cui pensavamo ci fosse un alto rischio di potenziale contenzioso. Se però trovavamo qualcosa che avrebbe fatto apparire il nostro cliente sotto una cattiva luce, non lo pubblicavamo», ha riferito uno degli ex dipendenti di Cardno.

La società di consulenza si difende però così: «Cardno ChemRisk è una società indipendente che riceve supporto finanziario da sponsorizzazioni di settore, non diversamente dalle università di ricerca. Il nostro team richiede un principio di indipendenza scientifica come condizione per accettare il lavoro dagli sponsor. Quindi, la progettazione, la condotta e le conclusioni della nostra ricerca sono completamente indipendenti dallo sponsor. Mentre l'industria dei pneumatici ha identificato aree di ricerca basate su lacune nei dati e viene regolarmente aggiornata rispetto a progressi nella ricerca, qualsiasi conclusione sul nostro lavoro per colmare tali lacune nei dati non è influenzata dalle aziende associate del settore, né dalle associazioni di categoria che coordinano il completamento del lavoro. La qualità del lavoro è assicurata attraverso la presentazione della nostra ricerca scientifica per la peer review su pubblicazioni e conferenze scientifiche. Inoltre, la maggior parte del nostro lavoro è completata laboratori partner indipendenti o consulenze riconosciute a livello globale per la loro esperienza. Per esempio, per completare il nostro recente studio computazionale sulle microplastiche abbiamo intervistato sei gruppi di ricerca o istituti senza scopo di lucro e Deltares selezionati come nostro partner in base al rigore tecnico delle loro capacità».

Gavin Whitmore, portavoce del TIP, ha affermato invece che la ricerca sponsorizzata dal gruppo era volta a «rispondere a domande fondamentali sui potenziali impatti sulla salute umana e sull'ambiente dei pneumatici» e non come preparazione per possibili accuse di esposizione chimica, aggiungendo di non essere a conoscenza che Cardno ChemRisk abbia omesso informazioni sui suoi studi.

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