QATAR GATE E se anche l'auto elettrica fosse una EURO-MAZZETTA?

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Emiliano Perucca Orfei
Emiliano Perucca Orfei e il collega Gianluigi Giannetti dibattono sul tema dell'auto elettrica e le strategie industrial - politiche che ci hanno portato a leggi europee e diktat all'industria che potrebbero essere stati pilotati
18 dicembre 2022

Il Qatar-gate scoppiato in questi giorni lungo l’asse Europa-Italia-Qatar potrebbe essere solamente la punta dell’iceberg di un sistema di mazzette che non ha influenzato solamente le questioni strettamente legate al Paese della penisola araba ma anche molte altre che riguardano decine settori in cui spesso ci siamo ritrovati a chiederci i perché di così tante pressioni in relazione agli scenari di quel momento.

Sono decine i settori che potrebbero essere stati influenzati in modo evidente dall’esterno ed è chiaro che il pensiero va da quello medico-farmaceutico alla produzione industriale dove, nello specifico dell’auto, abbiamo vissuto, stiamo vivendo e vivremo forti pressioni per la conversione della produzione e della filiera verso l’elettrico.

Tutto questo con meccanismi psicologici simili a quelli del Qatar-gate, ovvero in nome di un progresso che porta il nome di ecologia e che è tutto ancora da dimostrare che possa realmente passare per questa tipologia di propulsione. Un settore, quello dell’auto, che in Europa è sempre stato leader assoluto nella tecnologia relativa alla costruzione di motori termici e di automobili, con marchi che realmente hanno fatto la storia per i loro motori, per le loro tecnologie, per la capacità poi di abbinare questi motori ad automobili in grado di essere inarrivabili per la concorrenza mondiale: basti pensare a prodotti come quelli sfornati per oltre cent’anni dalle case tedesche o da quelle italiane per capire quale sia il patrimonio di competenze, di storia e di know-how che in pochissimi anni e su evidenti spinte politiche si sta disperdendo in favore di una tecnologia che non è nostra, non lo potrà essere per assenza di materie prime ed al quale ci dovremo adattare per stare al passo di costruttori che invece queste risorse le hanno e queste tecnologie le portano avanti in ambiti anche oltre a quello dell’automobile.

Una totale assenza di visione, di strategie, di capacità di proteggere il nostro patrimonio che va oltre al concetto di sovranismo: in America, per quanto stiano comunque guardando oltre al termico, non è così tangibile questo tipo di pressione ed è evidente che da 20 anni a questa parte anche i giapponesi hanno alzato gli scudi per proteggere le loro aziende, con i gruppi industriali di Honda e Nissan che lavorano con una filosofia che tende sempre più ad esaltare le proprie tecnologie ed i propri concetti di automobile alla stregua di quello che sta facendo Toyota con le partnership industriali in grado di salvare dall’invasione estera aziende come Mazda e come Suzuki.

Uno scenario in cui è quasi solamente l’automobile europea ad aver pagato un dazio incredibile con gran parte della produzione ormai in mano ad aziende orientali - il 10% di Mercedes, Volvo, Lotus per non parlare dell’acquisizione dei motori Renault - e soprattutto un trend dettato dall’alto che costringe le nostre aziende ad investire in tecnologie che sono di altri. Tutte da dimostrare, per quanto riguarda l’impatto sull’inquinamento, ampiamente dimostrabili per quanto riguarda l’impatto sulle nostre aziende. Di tutto quello che sta succedendo ne parliamo con Gianluigi Giannetti, giornalista con il pallino dell’economia automotive e di prodotto.

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