Rayton Fissore Magnum

Rayton Fissore Magnum
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  • di Claudio Pavanello
Il Rayton Fissore Magnum fu un precursore del segmento dei SUV disegnato da Tom Tjaarda che fu apprezzato anche Oltreoceano
  • di Claudio Pavanello
14 settembre 2012

E’ arrivato troppo presto! Affermazione fin troppo facile per il Rayton Fissore Magnum, il SUV nato  quando ancora non esistevano i SUV. Una cosa che nel nostro Paese esisteva invece già nel 1985, anno del lancio, era la scarsa trasparenza delle amministrazioni pubbliche: citiamo questa attitudine perché, pensando a questa vettura, non si può non ricordare la sua sconcertante diffusione tra forze dell’ordine ed enti statali vari. Francamente i costi a carico dell’erario di questo bestione, usato spesso in attività di pattugliamento cittadino e quindi indifferenti alle quattro ruote motrici, lasciavano i cittadini  molto perplessi sulla scelta, ed il crack finanziario che rovinò l’azienda (passata negli anni attraverso varie proprietà e vicissitudini) coinvolse finanzieri, politici ed imprenditori potenti e discussi, alcuni dei quali in auge ancora oggi.

Le origini

Torniamo però al nostro interessante 4x4: la Rayton Fissore nasce nel 1976 sulle ceneri della Carrozzeria Fissore, che aveva saputo per oltre cinquanta anni costruire autovetture speciali, in particolare rielaborazioni di vetture Fiat, tra cui la fortunata 127 Scout. A rilevarla è Giulio Malvino, genero di Bernardo Fissore, uno dei quattro fratelli fondatori, che intendeva creare un centro stile che lavorasse per le Case, ma al tempo stesso che costruisse vetture esclusive in piccola serie con il proprio marchio (o per clienti di prestigio come lo svizzero Monteverdi).

Il design della Magnum è niente meno che di Tom Tjaarda, arrivato alla Rayton dopo tre anni come responsabile design dalla Fiat, dove si era occupato tra l’altro di Y10 e Thema.  E’ curioso che uno stilista di questa fama (autore tra l’altro della favolosa De Tomaso Pantera del 1970 e ispiratore in Ghia della prima Ford Fiesta) fosse giunto in una realtà di neppure 50 dipendenti: probabilmente la scelta fu frutto di una ricerca di piena autonomia.

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Il design della Magnum è niente meno che di Tom Tjaarda, arrivato alla Rayton dopo tre anni come responsabile design dalla Fiat

Linee ispirate alle Fiat dell'epoca

In ogni caso la Magnum risultò una ulteriore eccellente prova stilistica di Tjaarda, seppure ispirata alle linee Fiat del tempo: salta infatti all’occhio una certa parentela stilistica con la Uno del 1983, particolarmente  nel posteriore. TJiarda riguardo alla Magnum ha detto di avere voluto mascherare l’ingombro con forme morbide ed arrotondate, in controtendenza rispetto allo stile spigoloso di allora; un risultato ottenuto alla grande, visto che, contrariamente a gran parte delle vetture del periodo, appare ancora piacevole.

Risultato ancora più meritorio se si pensa che, come in molte produzioni in serie limitata dei carrozzieri, si è dovuto attingere, per contenere costi e tempi, a componenti di altre vetture, tra cui balzano agli occhi i fari posteriori della Citroen BX e quelli anteriori della Lancia Trevi. Oltre alla linea, un altro punto di forza di questa vettura sono gli interni: nonostante l’utilizzo di particolari (maniglie, interruttori ecc.) di derivazione Fiat, specie della Lancia Delta, è un trionfo di pelle, Alcantara ed accessori: quattro vetri elettrici, strumentazione completissima, condizionatore, specchi elettrici.

L’unica vera rivale della Magnum, che veniva distribuita tramite la rete Iveco e una serie di concessionarie indipendenti, è la Range Rover, con cui condivide il motore diesel, il Sofim 2400 92 CV, e il prezzo, circa 45 milioni di lire (il doppio di una Croma). Le prestazioni quindi più o meno si equivalgono, con un lieve svantaggio per l’italiana, più ingombrante e pesante di circa 100 Kg.

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La Magnum ebbe una carriera anche negli USA, importata a cominciare dal 1989 dalla statunitense Laforza

 

I propulsori a benzina sono invece il Fiat/Lancia Volumex 2000 da 138 CV e l’Alfa Romeo V6 2500 da 160 CV (per delle velocità massime dichiarate rispettivamente di 155 e 168 km/h, ragguardevoli al tempo per un mezzo simile, la Range 3500 V8 non arrivava a 160 Km/h). Le critiche al SUV piemontese vengono invece portate da alcune riviste sul fronte dinamico, attribuendole al telaio (con freni, cambio e sospensioni) derivato (tagliato ed abbassato) da quello dell’IVECO  Daily 4x4 (base anche del VM90 militare) e rivisto secondo lo schema brevettato dalla Rayton “Univis”.

Nel 1989 la seconda serie

Rispetto allo spazioso, ovattato ed opulento interno, il SUV italiano su strada viene infatti giudicato da alcuni commentatori rigido e spartano. La seconda serie è dell’89, con alcuni aggiornamenti ed il nuovo propulsore diesel VM 2400cc, poi sostituito dal 2500. Nel travagliato periodo di fine produzione (nel quale la società si trasformò in Magnum Industriale), dove si alternarono diverse proprietà, saranno sperimentati vari altri motori a livello prototipale, specie BMW.

La Magnum ebbe una carriera anche negli USA, importata a cominciare dal 1989 dalla statunitense Laforza (che ad un certo punto comprerà tutta la Rayton), che la ripropose con motore e cambio Ford V8, rendendola una specie di sofisticato “Muscle SUV”. Con alterne fortune e vari cambiamenti di propulsori e proprietari, la Magmum/Laforza arriverà a vedere negli States il terzo millennio, scomparendo definitivamente solo nel 2003. Per saperne di più su questo interessante mezzo, abbiamo parlato con Alessio, probabilmente il massimo esperto al mondo di Magnum, avendone possedute sia versioni europee sia, da quando si è trasferito negli USA, americane.

Oltre alla linea, un altro punto di forza di questa vettura sono gli interni: nonostante l’utilizzo di particolari di derivazione Fiat, è un trionfo di pelle, Alcantara ed accessori


Alessio, come è nato questo amore per il Magnum?

«Possedevo una Range Rover 3500 del 1984, ma non ne ero soddisfatto; ad un certo punto, proprio nella concessionaria Land Rover, vidi in vendita un Magnum con soli 3200 Km: provandola la trovai una ottima vettura, con una eccellente finitura, cosa che mi fece superare i dubbi delle classiche “voci” che la descrivevano come un mezzo inaffidabile. Decisi di fare la “pazzia”, permutandola con la mia Range, e devo dire di non essermene pentito, facendo 250.000 Km in cinque anni.»


Quali i pregi del Magnum?

«Come prima cosa e come personale punto di vista il design, lo trovo molto equilibrato e proporzionato; poi lo spazio interno, la notevole visibilità in tutte le direzioni, la comodità dei sedili e l’impostazione di guida, la robustezza dei sovradimensionati organi meccanici specie nelle versioni prima serie TD Iveco e nelle versioni V8 Americane, la qualità dei materiali come pellami e componenti, strumentazione ben leggibile in tutte le condizioni, insonorizzazione degli interni rispetto alla concorrenza dell’epoca, motricità in fuoristrada eccezionale anche con i ridicoli pneumatici 205-75-16 in dotazione nel 1985, longevità, semplicità meccanica, reperibilità dei ricambi (nostrani per le versioni V6 TD Sofim e VM e 2.0Volumex, mentre negli USA monta Ford V8 comunissimi, trasmissione AOD altrettanto facile da reperire e riduttore ripartitore NP usato da svariate JEEP).»

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Gli interni furono molto curati sulla Rayton Fissore Magnum

 

Difetti?
«Il principale è la scarsa conoscenza da parte dei meccanici; soprattutto negli USA, bisogna che il proprietario sia un esperto, perché i meccanici per default, considerandolo un mezzo esotico, applicano tariffe da Ferrari o Maserati. Alcuni componenti come i pulsanti sono presi dalla produzione di massa, e forse anche gli assemblaggi dei lamierati su alcune serie più recenti erano scadenti.  Sulle versioni europee costruite alla Pininfarina si poteva far sentire la mancanza dei trattamenti anti-corrosione delle lamiere nei bagni integrali a cui  le versioni americane venivano invece sottoposte. Sulle versioni americane, le scatole fusibile hanno bisogno di essere pulite ogni 2-3 anni perché con molte più opzioni elettriche e accessori delle corrispettive versioni europee.»

«Come esperienza personale riguardo l’affidabilità, la versione TD del 1986 in 250000km ha bruciato una sola frizione, una pompa acqua, mentre le pastiglie freno anteriori le ho sostituite solo 4 volte. Alcuni rumori sorgevano quando saltavo le lubrificazioni delle balestre posteriori e degli alberi di trasmissione. Con le varie versioni Americane possedute ho percorso circa 550000 miglia in 9 anni dal 2000 ad oggi; una La Forza in particolare  ha percorso circa 260000 miglia: ho avuto solo problemi di manutenzione ordinaria, mentre le trasmissioni Ford hanno necessitato di un intervento straordinario dopo le 120000 miglia.»

«In sostanza, è una macchina molto solida ma come ho potuto constatare alcune erano perfette e esenti da qualsiasi problema, mentre altre a seconda di chi le avesse assemblate (forse frettolosamente o perchè erano le vetture che non  erano state finite quando la proprietà della Laforza o Rayon Fissore passava di mano) non sembravano curate negli assemblaggi.»

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Sui Magnum vi erano molte dicerie, ma la meccanica era quella del Daily e l'impianto frenante era lo stesso del Mercedes-Benz G300

 

«Va detto che l’assetto della Magnum deve essere corretto per poterne apprezzare le doti su strada e fuoristrada; ci sono purtroppo auto su cui l’assetto è rimasto quello iniziale e non è mai stato corretto come da manuale di officina: dopo le prime 4-5000 miglia le barre di torsione andavano infatti regolate  per portare il veicolo all’altezza corretta. Solo alcune delle Laforza Americane sono state sottoposte a queste verifiche per i vari problemi verificatisi al circuito dei concessionari e servizi assistenza.»

In alcuni forum di poliziotti si parla dei Magnum in maniera terribile, con opinioni totalmente contrarie alle sue: come lo giustifica?
«Io ho sentito e letto anche di poliziotti che lo rimpiangono. Credo che sui Magnum ci siano molte dicerie, del resto la meccanica era in comune con quella del Daily, che mi sembra tutt’altro che un mezzo inaffidabile o poco robusto. Ad esempio, alcuni criticano i freni, ma l’impianto era lo stesso dei Mercedes-Benz G300. Penso che molte delle critiche si rivolgano alle versioni blindate, dove effettivamente era stato fatto un lavoro non certo accurato, semplicemente aggiungendo una pesante blindatura da 1000 Kg senza adeguare le altre componenti meccaniche, che venivano inevitabilmente sollecitate oltre ogni limite. In più, molte vetture polizia furono assemblate negli stabilimenti Isotta Fraschini dalla Magnum Industriale, probabilmente in maniera più approssimativa. Le prime versioni civili erano costruite infatti a Cherasco, con carrozzerie e pannellature alla GoldenCar di Caramagna, dove tra l'altro hanno realizzato fuoriserie come Iso Rivolta, Lamborghini Miura, Countach, Diablo, Lancia Stratos , De Tomaso, svariate Maserati  e alcuni componenti di modelli e prototipi Ferrari.»

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