Seat 4Drive: come funziona la trazione integrale della casa di Martorell [video]

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Siamo stati ad Innsbruck per provare su neve e ghiaccio il sistema 4Drive di Seat a bordo di Leon Cupra ST, Leon X-perience e Ateca
6 febbraio 2018

ESP, traction control, differenziali a controllo elettronico: a cosa serve la trazione integrale, con tutta la tecnologia che le moderne automobili hanno oramai a bordo? Secondo qualche brand, in effetti, la risposta è “proprio a nulla”. A detta di alcuni, infatti, per il 99% degli utenti, un sistema che ripartisca la trazione su tutte e quattro le ruote motrici serve soltanto a provocare un aggravio di peso e di consumi, senza un reale beneficio, in termini di usabilità, nella vita quotidiana. Non tutti, però, la pensano allo stesso modo. SEAT, ad esempio, continua a mettere a disposizione dei propri clienti il sistema di trazione integrale 4Drive. Ed è proprio per farci comprendere al meglio quanti e quali benefici sia in grado di assicurare questo tipo di equipaggiamento, che la Casa di Martorell ha deciso di metterci alla prova in una serie di esperienze “a bassa aderenza”, nei dintorni di Innsbruck, a bordo di tre modelli dotati di questa tecnologia: SEAT Leon Cupra ST, SEAT Leon X-PERIENCE e SEAT Ateca. Ecco com’è andata.

La tecnologia 4Drive

Il sistema di trazione integrale messo a punto dal Gruppo VolksWagen, per le vetture dotate di propulsore trasversale, si basa sul funzionamento di una frizione di tipo Haldex, posizionata davanti all’asse posteriore. In buona sostanza, un albero di trasmissione, collegato all’ingranaggio primario, trasmette il moto ad uno dei due dischi che compongono questo meccanismo. Al suo interno, un altro disco è collegato ad un rinvio connesso ai due semiassi posteriori. Nel caso in cui la centralina rilevi una perdita di aderenza sull’asse anteriore, la frizione viene messa in pressione. L’intero complesso ruota, così, in maniera solidale, trasmettendo il moto anche al posteriore. Fisiologicamente - per così dire - il sistema non permette di spostare più del 50% della trazione alle spalle del guidatore, ed è proprio questa la ripartizione che la vettura adotta in caso di fondi a bassa aderenza. Al contrario, nel caso di grip costante, la vettura procederà con il 100% della sua capacità motrice sulle sole ruote anteriori, a tutto vantaggio dei consumi. Non è previsto alcun differenziale auto-bloccante. Nel caso in cui, una soltanto delle ruote di un asse perda aderenza, la centralina azionerà l’impianto frenante, rallentandola e permettendo, così, al differenziale libero, di trasmettere nuovamente il movimento a quella capace di fare efficacemente presa sull’asfalto. La combinazione di questi due sistemi consente alle vetture che ne sono equipaggiate di avere sempre almeno due ruote in trazione. Un plus che ci ha permesso di affrontare con disinvoltura esercizi solitamente riservati a vetture dall’equipaggiamento decisamente più specialistico.

Cupra ST, X-PERIENCE e Ateca

Il primo esercizio della giornata ci ha visto coinvolti a bordo di una Leon Cupra ST 4Drive. Disponibile, sul nostro mercato, dalla scorsa estate, è la versione station wagon della celebre hot hatch spagnola, equipaggiata, al pari di quest’ultima, con un 4 cilindri turbo, da 2,0 litri di cilindrata, in grado di erogare 300 CV e 380 Nm di coppia massima, e capace, in questa configurazione, di uno 0-100 Km/h da 4,9 secondi, contro i 5,9 della due ruote motrici (è il primo modello della storia di SEAT a riuscirci). Per saggiarne appieno le potenzialità, gli uomini della Casa di Martorell hanno allestito un piazzale ghiacciato, sul quale sono stati posizionati alcuni birilli. Una gincana che ha preso il via con uno slalom, per proseguire con un tornante dal raggio molto ampio e concludersi, infine, con una esse veloce. A disposizione, tanto una vettura con gomme chiodate (da 1,2 mm, street legal in Austria), quanto un esemplare dotato di soli pneumatici invernali. Proprio a bordo di quest’ultima, l’esperienza di guida si è rivelata davvero impressionante: la Leon Cupra ST si è dimostrata incredibilmente capace di seguire con estrema naturalezza ognuno degli ordini impartiti dal guidatore, permettendo, al contempo, di sbizzarrirsi in entusiasmanti derapate, altrimenti impossibili con la sola trazione anteriore. Abbiamo, per altro, provato la vettura sia con l’ESP inserito, sia con l’ESP in modalità Sport, sia con l’ESP completamente disinserito. In nessun caso la scelta dell’una o dell’altra impostazione è in grado di variare la ripartizione della trazione. A cambiare, semmai, è la frequenza con cui la centralina chiede l’intervento dell’asse posteriore, decisamente più sollecitato nel caso in cui l’ESP non sia attivato - essendo disinserito, in questa maniera, anche il traction control. Priva di effetti sul bilanciamento della trazione è, allo stesso modo, la scelta di un driving mode, in luogo di un altro (in modalità Cupra, in altre parole, il sistema Haldex lavora sempre alla stessa maniera).

La nostra giornata è proseguita, così, a bordo di Leon X-PERIENCE, il crossover di Casa SEAT. La Leon “all-road” ci ha permesso di saggiare le capacità del sistema 4Drive nelle fasi di ripartenza su fondi innevati e in un classico esercizio da fuoristrada “vero”: il twist. Entrambe le prove ci hanno permesso di comprendere al meglio quanta importanza rivesta, nella guida di queste vetture, un impiego appropriato del pedale del gas. Perché la centralina possa lavorare, spostando parte della trazione al posteriore, è, infatti, necessario che il sistema percepisca la perdita di aderenza. Vietato, quindi, togliere il piede dall’acceleratore, quando l’anteriore comincia a slittare. Solo così, infatti, è possibile richiamare l’intervento dell’asse posteriore e levarsi dai pasticci. Un funzionamento messo in mostra alla perfezione dalla serie irregolare di dossi che compongono, appunto, il twist: un esercizio standard, durante il quale la vettura viene a trovarsi, a più riprese, con due delle quattro ruote per aria (una all’anteriore e una al posteriore). È proprio in questa occasione che è stato possibile osservare come la ruota che si trovi a girare liberamente, una volta sospesa da terra, venga fermata dalla centralina attraverso l’impianto frenante, in modo tale che il moto si trasferisca a quella che invece tocca saldamente il suolo. Anche in occasioni di questo tipo, rilasciare il gas significa non permettere al sistema di lavorare, impedendo alla vettura di avanzare.

L’ultima prova ha riguardato Ateca, naturalmente in versione 4Drive. A farsi apprezzare su un sentiero di montagna innevato, in questo caso, sono state le modalità off-road e snow, presenti tra i differenti driving mode a disposizione del guidatore. La prima delle due disattiva il sistema ESP e rende la vettura più docile nelle reazioni e nella gestione di numerosi parametri. La risposta all’acceleratore diventa più delicata, la cambiata risponde a logiche di tipo fuoristradistico, così come l’idraulica delle sospensioni (che varia la regolazione grazie al sistema DCC) e l’intervento dell’ABS, con questa impostazione meno invadente. Il driving mode “snow”, al contrario, non si discosta molto dalla modalità di guida “normal”: l’ESP rimane inserito, le cambiate e, più in generale, tutte le risposte, hanno un’impronta di tipo stradale. A variare è la reattività del sistema di trazione integrale, con la centralina decisamente più rapida nel trasferire motricità al posteriore. Interessante è il funzionamento del sistema Hill Descent Control, che interviene sull’impianto frenante, al posto del guidatore, anche qualora l’ABS non riesca a lavorare correttamente, a causa dell’eccessiva scivolosità del fondo stradale. In casi del genere, la vettura rilascia per poche frazioni di secondo le pinze, fino a ritrovare direzionalità, prima di intervenire ancora sui dischi e rallentare.

 

Una dimostrazione di efficacia davvero notevole, dunque, quella offerta da SEAT, che ci ha consentito di toccare con mano quanta e quale differenza possa fare la presenza di un sistema di questo tipo, anche su vetture destinate ad un utilizzo tutt’altro che specialistico. Un equipaggiamento in grado di rendere anche i percorsi più complicati, alla portata di tutti, e, perché no, di trasformare in un vero e proprio parco giochi, anche un semplice piazzale ricoperto di ghiaccio.

 

Alberto Capra

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