Valvole e distribuzione: splendidi esempi di creatività

Valvole e distribuzione: splendidi esempi di creatività
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Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
I motori sono sempre più standardizzati, ma nella storia della tecnica gli ingegneri hanno dato vita a sistemi di distribuzione incredibili: si trattava quindi di tecnici o di artisti?
  • Massimo Clarke
  • di Massimo Clarke
16 luglio 2019

Da anni il nostro mondo è dominato dalla standardizzazione e dalla uniformità. Si sono affermati e vengono pertanto impiegati universalmente gli schemi più vantaggiosi ai fini non solo delle prestazioni ma ancor più della riduzione dei consumi, della razionalità costruttiva e del contenimento dei costi di produzione. Per quanto riguarda quest’ultimo è ovviamente positiva una riduzione del numero dei componenti e delle lavorazioni. Non si deve inoltre dimenticare che anche la standardizzazione si traduce in convenienza sotto l’aspetto economico. Se i volumi di produzione di un dato organo meccanico sono elevati, il costo unitario risulta infatti minore.

Il downsizing, così brillantemente affermatosi negli ultimi tempi, significa motori piccoli e sovralimentati. Turbo e cilindrate totali ridotte consentono di ottenere prestazioni brillanti con un peso contenuto (cosa vantaggiosa ai fini della riduzione dei consumi e quindi delle emissioni di CO2). Se le cilindrate unitarie sono rilevanti, ovvero se il frazionamento è ridotto, si hanno ulteriori vantaggi. Ciò sia in termini di rendimento, per via della minore estensione delle superfici di strisciamento e del più basso rapporto superficie/volume delle camere di combustione (a pari rapporto corsa/alesaggio), che in termini di diminuzione del numero dei componenti.

1-	Nella maggior parte dei motori automobilistici prodotti in gran serie le valvole vengono azionate da bilancieri a dito montati su supporti idraulici muniti di testa sferica (quello qui mostrato è prodotto dalla tedesca INA). Si tratta di un ottimo esempio di soluzione tecnica largamente standardizzata
1- Nella maggior parte dei motori automobilistici prodotti in gran serie le valvole vengono azionate da bilancieri a dito montati su supporti idraulici muniti di testa sferica (quello qui mostrato è prodotto dalla tedesca INA). Si tratta di un ottimo esempio di soluzione tecnica largamente standardizzata

È evidente che oggi c’è ben poco spazio per la creatività. In passato però le cose sono andate a lungo diversamente e non sono stati pochi i tecnici che hanno intrapreso strade diverse per raggiungere obiettivi analoghi a quelli che altri hanno conseguito con soluzioni più convenzionali. Nel settore delle distribuzioni gli esempi non mancano. In questa sede può essere sufficiente ricordare l’inconsueta disposizione delle valvole in alcuni modelli costruiti dalla Lancia durante gli anni Cinquanta e Sessanta. Si tratta dei prestigiosi V6 della Aurelia e della Flaminia e del quadricilindrico boxer della Flavia. In questi motori le camere di combustione erano emisferiche e per ogni cilindro vi erano due valvole inclinate che però non giacevano su di un piano trasversale, ovvero perpendicolare all’asse di rotazione dell’albero a gomiti, come vuole lo schema usuale. Erano invece piazzate su di un piano longitudinale. Giacevano cioè su di un piano che conteneva l’asse dell’albero. Questa soluzione (già impiegata precedentemente sulla piccola Ardea con motore a V stretto e albero a camme in testa) permetteva la realizzazione di teste compatte e di un sistema di comando della distribuzione (ad aste e bilancieri) semplice e lineare. Non si prestava però ad essere impiegata in motori con i cilindri in linea e di sicuro non era ottimale per quanto riguarda la fluidodinamica, ovvero la respirazione del motore…

2-	Sezione del motore della Lancia Flavia, prodotta dal 1960 al 1971. Le valvole giacciono sullo stesso piano che contiene l’asse dell’albero a gomiti. In altre parole, sono disposte longitudinalmente e non trasversalmente, come vuole la soluzione usuale
2- Sezione del motore della Lancia Flavia, prodotta dal 1960 al 1971. Le valvole giacciono sullo stesso piano che contiene l’asse dell’albero a gomiti. In altre parole, sono disposte longitudinalmente e non trasversalmente, come vuole la soluzione usuale

Nel settore motociclistico si è lavorato più intensamente sui sistemi di distribuzione non convenzionali e questo per un motivo molto semplice: per decenni i motori impiegati sono stati nella maggior parte dei casi monocilindrici. Rispetto a quelle che “servono” più cilindri in linea le teste individuali si prestano meglio alle sperimentazioni e alla adozione di soluzioni diverse da quelle usuali. Di tali schemi inconsueti alcuni sono stati utilizzati anche di serie, con buoni risultati. È questo ad esempio il caso delle camme discoidali, dette pure a tazza, impiegate solo in motori motociclistici negli anni Venti (in Germania e in Inghilterra) e negli anni Cinquanta (in Italia, dalla Capriolo). Il principio di funzionamento è assai semplice. Alla estremità superiore di un alberello parallelo all’asse del cilindro, ruotante con velocità dimezzata rispetto all’albero a gomito, è montato un disco dotato di due piste concentriche, ognuna delle quali è munita di una camma frontale che agisce sulla estremità di un bilanciere a due bracci. Quando quest’ultima viene sollevata, l’altro braccio del bilanciere si abbassa determinando l’apertura della valvola.

3-	La foto mostra chiaramente come sono fatte le camme a tazza. Si tratta di dischi in ciascuno dei quali sono ricavate due piste concentriche, munite di risalti frontali, sulle quali poggiano i pattini dei bilancieri
3- La foto mostra chiaramente come sono fatte le camme a tazza. Si tratta di dischi in ciascuno dei quali sono ricavate due piste concentriche, munite di risalti frontali, sulle quali poggiano i pattini dei bilancieri

Pure le teste con valvole disposte davvero radialmente e con camere realmente emisferiche sono state adottate in serie solo in campo moto. Basta pensare alla Rudge dei primi anni Trenta e, molto tempo dopo (e con una diffusione enormemente superiore!), alla Honda, nei monocilindrici della serie iniziata con la XL 600 del 1983. Il grande sostenitore di questa soluzione è stato Ludwig Apfelbeck, che per diverso tempo ha legato il suo nome alla BMW. Attorno alla metà degli anni Sessanta questo grande tecnico austriaco ha tra l’altro sviluppato per la casa bavarese una testa bialbero destinata a un motore automobilistico da competizione a quattro cilindri in linea che è stato realizzato in versioni di 1600 e 2000 cm3 (cilindrate delle monoposto di Formula Due dell’epoca). Per ogni cilindro c’erano due condotti di aspirazione verticali e due di scarico orizzontali, che terminavano uno da un lato e uno dall’altro della testa. Le valvole di aspirazione non erano dallo stesso lato ma una di fronte all’altro e lo stesso avveniva per quelle di scarico. Ciascuna di esse veniva azionata da due bilancieri a dito: uno era a contatto con la camma tramite un rullo mentre l’altro veniva interposto tra di esso e la valvola in modo da ottenere la corretta geometria di azionamento. Questo motore è stato oggetto di lunghe prove sia al banco che in pista (dove ha anche gareggiato) ma non è poi stato messo in produzione di serie, neanche per impiego agonistico. Alex von Falkenhausen lo ha comunque utilizzato per ottenere alcuni importanti record mondiali. Pure la Ferrari e la Repco hanno sondato questa strada.

5-	Disegno del brevetto Apfelbeck-BMW relativo a una testa automobilistica bialbero a valvole radiali. Per ciascun cilindro ci sono due condotti di aspirazione e due condotti di scarico. Ogni valvola viene comandata tramite due bilancieri a dito
5- Disegno del brevetto Apfelbeck-BMW relativo a una testa automobilistica bialbero a valvole radiali. Per ciascun cilindro ci sono due condotti di aspirazione e due condotti di scarico. Ogni valvola viene comandata tramite due bilancieri a dito

Lo schema utilizzato dalla Honda per i suoi monocilindrici prevedeva invece un albero a camme in testa e quattro condotti disposti in maniera usuale (cioè orizzontali, con i due di scarico dal lato anteriore della testa e i due di aspirazione collocati posteriormente). Le valvole di aspirazione erano adiacenti, ossia dallo stesso lato e lo stesso avveniva per quelle di scarico, dal lato opposto. Per ogni valvola c’era un eccentrico, che azionava un bilanciere a due bracci di tipo convenzionale, il quale a sua volta muoveva un bilanciere a dito che agiva sulla estremità dello stelo. Questo sistema è stato impiegato a lungo con ottimi risultati. La casa giapponese ha anche messo a punto uno schema con due alberi a camme nel quale ciascuna delle quattro valvole (assai meno radiali di quanto non siano nella soluzione monoalbero appena descritta) viene mossa tramite due bilancieri a dito.

6-	Questo è il motore BMW M10 di Formula Due con testa Apfelbeck a valvole radiali del 1966. La disposizione dei condotti di aspirazione (otto, verticali) e di quelli di scarico è evidente
6- Questo è il motore BMW M10 di Formula Due con testa Apfelbeck a valvole radiali del 1966. La disposizione dei condotti di aspirazione (otto, verticali) e di quelli di scarico è evidente

Da qualche anno a questa parte per alcuni motori da competizione e per pochi altri destinati a modelli di altissime prestazioni si parla talvolta di valvole radiali. In questi casi però le camere di combustione sono ben lontane dall’avere una forma emisferica e la “radialità” è davvero minima. Viene infatti ottenuta utilizzando camme leggermente troncoconiche che agiscono su punterie a bicchiere o su bilancieri a dito. Gli steli delle valvole di aspirazione, che giacciono su di un unico piano, non sono perfettamente paralleli ma convergono lievemente (l’angolo è di qualche grado soltanto) mano a mano che ci si avvicina alla camera. Lo stesso può avvenire per le valvole di scarico, poste su di un piano diverso, dall’altro lato della testa.

7-	La Honda ha utilizzato con ottimi risultati fino dai primi anni Ottanta teste monoalbero a quattro valvole radiali sui suoi grossi monocilindrici raffreddati ad aria. Come si può osservare, per ogni valvola ci sono un bilanciere a due bracci e uno a dito
7- La Honda ha utilizzato con ottimi risultati fino dai primi anni Ottanta teste monoalbero a quattro valvole radiali sui suoi grossi monocilindrici raffreddati ad aria. Come si può osservare, per ogni valvola ci sono un bilanciere a due bracci e uno a dito
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