Plinio Vanini, Autotorino:«La partita si vince giocando, non aspettando che gli altri cambino le regole»

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Emiliano Perucca Orfei
Automotive Dealer Forum 2013, parla l'AD di Autotorino «In Italia chi governa va dalla parte contraria di chi lavora. Mai più i numeri di prima, serve reagire: cliente patrimonio dell'azienda, strategie di distribuzione diverse»
10 ottobre 2013

 

In occasione dell'Automotive Dealer Forum 2013 abbiamo avuto modo di parlare del mercato con Plinio Vanini, Presidente e Amministratore Delegato di Autotorino, che si è aggiudicato il premio per l’innovazione gestionale 2013, il riconoscimento di Quintegia riservato al concessionario che ha saputo maggiormente distinguersi nell’introduzione di processi innovativi nella propria azienda.

Autotorino è una realtà forte, da molti anni, in Italia e che gioca sempre in attacco.
«E' un'azienda che l'anno prossimo compierà 50 anni, quindi siamo cresciuti un passetto alla volta, continuiamo a crederci. Soprattutto pensiamo che ogni giorno bisogna andare all'attacco, sì, ma con la voglia di innovarsi e con la voglia di capire il contesto in cui viviamo e soprattutto saperlo interpretare per poi raccogliere le opportunità, nel senso che bisogna cercare di fare la partita con le regole della partita. Non si può pensare di vincere la partita pensando che gli altri cambino le regole per noi».

Ci descrive brevemente l'attività di Autotorino?
«Brevemente noi siamo presenti in Lombardia sulle provincie di Sondrio, Como, Lecco e Bergamo, inclusa poi Cremona che è l'ultima “conquista”. Poi siamo presenti in Emilia nei territori di Modena e Carpi.

Come è andato il 2012 e come vede il 2013?
«Per noi il 2012 è stato un buon anno. Il 2013 è un anno assolutamente interessante perché raccogliamo lo sforzo degli ultimi 20 anni nel rendere il più innovativa e tecnologica possibile l'azienda dal punto di vista dei processi e dei controlli che ci hanno permesso di creare grandissime sinergie, ma soprattutto di lavorare sull'efficienza, sull'efficacia e mettere al centro dell'attenzione il cliente. Questo ha dato, sta dando, dei risultati assolutamente in controtendenza con i tempi».

Chi terrebbe tra il Governo, la Casa madre o le banche?
«Il Governo indubbiamente. Banche e Casa madre sono né più né meno strumenti che vengono utilizzati per raggiungere il business, quindi io non “butto giù” né l'uno né l'altro sicuramente. Il Governo non c'è Neanche da discutere».

Rimanendo in ambito governativo, questi annunci che ci sono del taglio del superbollo che è stato introdotto l'anno scorso, secondo lei come può tornare il mercato ai livelli precedenti? Se ci può tornare.
«Intanto il mercato ai livelli precedenti non tornerà mai, in quanto ritengo che gli anni della rottamazione hanno né più né meno anticipato gli acquisti, quindi per me il mercato è questo o poco di più nei prossimi anni. Noi oramai viviamo in un Paese in cui la parte che produce va da una parte e la parte di chi governa va dalla parte contraria senza nessun tipo di responsabilità ed attenzione. Questo è un Paese che dal punto di vista imprenditoriale rasenta l'assurdo. Il mercato riprenderà dalla misura in cui questo Paese avrà la forza di ristrutturarsi e per ristrutturazione non ci sarà una via diversa che riguarda il taglio vero di tutto quel pubblico inutile che fa oramai ostracismo all'impresa, che non consente all'impresa stessa di svilupparsi perché uno sviluppo più libero dell'impresa significherebbe togliere autonomie a tutti questi enti che rasentano l'assurdo. Questo credo necessiterà di alcuni anni e di un cambio vero di mentalità che deve per forza arrivare».

Come vede le concessionarie del futuro?
«Io le concessionarie del futuro le vedo sempre più interattive con il cliente, sempre più con un cliente visto come vero patrimonio dell'azienda. Le vedo con un po' meno fronzoli attorno e più dirette sulla politica del fare: qualità dell'assistere e mettere i clienti in condizioni di poter acquistare automobili. Le strategie di distribuzione dovranno essere riviste perché tutto quel che c'è in mezzo tra noi e la fabbrica vera è un po' di troppo. I prodotti devono costare meno e per costare meno molto di quello che c'è in mezzo deve per forza scomparire».

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