Volkswagen: niente nuova fabbrica in Turchia

Volkswagen: niente nuova fabbrica in Turchia
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Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
Abbandonato il progetto di realizzare un nuovo impianto produttivo nella città di Manisa: forse ragioni di realpolitik alla base della decisione dei vertici di Wolfsburg
  • Alfonso Rago
  • di Alfonso Rago
1 luglio 2020

In patria si torna a lavorare a pieno ritmo, ma si bloccano i nuovi impianti all’estero: il gruppo Volkswagen ha fatto sapere, infatti, di aver cancellato il progetto legato ad un nuovi sito di un sito produttivo da realizzare ex-novo nella città turca di Manisa, poco distante da Smirne.

La scelta di aprire una nuova fabbrica in Turchia era stata annunciata solo pochi mesi fa, motivata dal basso costo del lavoro ed anche dalla posizione strategica del Paese, congiunzione tra l’Europa ed i paesi del Medio Oriente nei quali l’andamento del mercato automobilistico è in costante crescita.

Un progetto importante, ma anche contrastato all’interno dello stesso gruppo Volkswagen (solo lo scorso febbraio si era deciso di… non decidere sulla sua realizzazione) per il quale erano previsti investimenti per 1,3 miliardi di euro e l’allestimento delle linee di montaggio per modelli di segmento superiore, come la Volkswagen Passat e la Skoda Superb, con previsione di produzione annua fino a trecentomila unità.

Ma anche una scelta strategica, intesa a liberare spazio nelle fabbriche europee, da destinare alla produzione di vetture elettriche.

Insomma, una mossa potenzialmente vincente a tutti gli effetti dal punto di vista strategico.

Nel frattempo, però, sono accadute molte cose e gli scenari sono radicalmente cambiati: in particolare, è entrato in crisi il rapporto tra Germania e Turchia, storicamente speciale e preferenziale, ma che oggi vive uno dei suoi momenti più difficili.

Se all’inizio degli anni Duemila si parlava concretamente dell’ingresso turco nell’Unione Europea, con la benedizione proprio di Berlino, adesso i termini del dialogo sono radicalmente diversi: alla politica di Erdogan che si avvicina alla Russia e ricatta l’Europa sul tema dei migranti, fa da contraltare in Germania l’opposizione sempre più forte di esponenti politici e sindacalisti, che hanno espresso forti critiche dopo l'invasione della Siria da parte dell'esercito di Ankara e che osteggiano l’atteggiamento del “sultano“ nel campo dei diritti civili.

Insomma, Erdogan è diventato ora una figura con cui è difficile avere rapporti sereni: forse va letta in questa chiave di realpolitik la scelta di sospendere in via definitiva il progetto.

Anche se, ufficialmente, è tutto dovuto alle conseguenze della pandemia ed alla fase di incertezza economica globale.

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