WRC18 Svezia. Tripletta Hyundai. Il Neuville che tutti si aspettano

WRC18 Svezia. Tripletta Hyundai. Il Neuville che tutti si aspettano
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Piero Batini
  • di Piero Batini
Il Belga di Hyundai conduce al termine della prima tappa. Situazione, in ogni caso, eccezionalmente equilibrata. “Big” in difficoltà a causa dell’ordine di partenza e delle condizioni delle strade. Il ritorno di Paddon e Citroen
  • Piero Batini
  • di Piero Batini
17 febbraio 2018

Torsby, 16 Febbraio 2018. Intanto Neuville. Thierry Neuville e la Hyundai i20 coupé. Un bell’inizio. Bello ma già visto, e quella volta il finale non è stato così bello. Affatto. Un anno fa il campione belga era al secondo tentativo dopo un Monte-Carlo allora considerato sfortunato, ma si apprestava a ripetersi in un gioco perverso e cinico del destino. Al “Monte” vinse Ogier, in Svezia, ancora un errore improvviso, fulminante, di Neuville, vinse Latvala, che colse così il primo successo per Toyota dopo sole due apparizioni. Neuville ha dovuto combattere per tutta la stagione con i contraccolpi psicologici di quel doppio errore, ma si è ripreso. Nel finale di stagione era già a posto, ma non si poteva dirlo. In Svezia sì, anche se il corso della 66ma edizione del Rally è equilibratissima, e l’ordine di arrivo della prima tappa solo indicativo, perché fragile, aperto. Diremmo apertissimo per almeno cinque Macchine ed altrettanti Equipaggi, ma per come vanno sovente le cose nel Mondiale della perenne, avvincente incertezza, magari anche per un altro paio.

Una cosa è certa, i “Big” soffrono. Meeke, Latvala, Tanak. Soprattutto Sébastien Ogier. Non è questione di bravura né di regolazioni, non almeno in maniera decisiva. Le condizioni delle strade, del manto di neve fresca che ha aperto il venerdì di Torsby e fino in Norvegia, dove il Rally sconfina, hanno reso ancora una volta definitiva la punizione dell’ordine di partenza. Chi seguiva Ogier parlava per il penta-Campione: tracce incerte, incroci di traiettoria, lunghi e frenate. Avere fiducia, e confidenza con la Macchina, quale che sia e anche se al di sopra di qualsiasi sospetto come può esserlo la Ford M-Sport anch’essa Campione del mondo, è una lotteria. Controllarla al punto da trasformarla nell’Arma al servizio della causa, praticamente impossibile. Semplicemente non è cosa. Questa è la definizione della situazione al termine della prima Tappa del Rally. Ci sono Piloti, come Tanak, per esempio, che si spingono oltre e garantiscono che non hanno mai corso in condizioni così difficili. Magari esagerano, ma un’idea di come vanno le cose la offrono, piuttosto chiara. Proprio da Tanak e, soprattutto, dall’espertissimo Latvala ci si aspettava qualcosa di più, ma la regola che tiene ingabbiato Ogier vale anche per i vendicatori di Toyota. Non è la Macchina, questo è certo, visto che Lappi è salito fino al terzo posto, sostituendosi ai compagni di Squadra all’inizio della Tappa, ed è scaduto indietro solo per una foratura. Di quelle che capitano e che solo parzialmente sono imputabili alla condotta di guida o alla strategia.

Neuville, no, non soffre. Ha già sofferto abbastanza e merita il riscatto nel luogo simbolo della disfatta dello scorso anno. Ormai il belga ha cambiato strategia generale, non se la sente più di spararsi allo sbaraglio. In questo senso, batoste o delusioni diventano ininfluenti, e il “pacchetto” esprime nel primato niente di più che il potenziale puro, “sicuro”. Come dire, il minimo garantito, che lascia nel cassetto un margine di miglioramento da utilizzare solo nei momenti cruciali, ossia non certo all’inizio di un Campionato. Neuville ha fatto il minimo, davvero, ha vinto la terza Speciale, Svullrya di 24 chilometri, ha messo dieci secondi tra sé e Tanak , ha scalzato l’estone in testa al Rally e ci è rimasto fino alla fine della Tappa. Niente da dire, perfetto. Da quel momento, via Tanak e Latvala, “ininfluente” Ogier e spuntato Meeke, restava solo la minaccia Lappi, ma della foratura si è già detto.

L’imperfetto, se così si può dire, arrivo di tappa apre invece il sipario su altri scenari. Improvvisamente, e direi provvidenzialmente altri attori, a lungo attesi o da tempo in castigo, si portano al centro della scena e vanno meritatamente a caccia di applausi. È una bella compagnia. Mikkelsen, Paddon, Breen e Ostberg, Suninen. Il norvegese ultimo acquisto di Hyundai è il più sereno, perché nessuno discute della sua competitività, nessuno gli ha chiesto un risultato. Ci ha provato anche a Monte-Carlo, gli è andata male, ma non era un tentativo fine a sé stesso. Anche per Suninen, che è stato promosso in M-Sport dalla fuoriuscita di Tanak, non c’è pressione, a parte quella dell’eccitazione. Come per Lappi lo scorso anno, la promozione non viene per caso e un finlandese, se è arrivato sin lì, sa bene come gestire un’opportunità di crescita, perché glielo hanno ficcato bene in testa. E poi Suninen è bravo, anche su questo pochi discutono.

Su Paddon c’è pressione, sulle Citroen, Breen o il nuovo arrivato Ostberg non importa, c’è molta pressione. Il neozelandese è alla canna del gas da troppo tempo eppure il suo ruolo non viene messo in discussione. È una questione “educativa”, il metodo Nandan di recupero. Nonostante la differenza di terreni rispetto a quelli delle sue origini, in Svezia Paddon ha già dimostrato di andare forte, e Michel Nandan, il Boss di Hyundai, non si è lasciato sfuggire l’occasione per un tentativo di rilancio istantaneo. Paddon non ha tradito la fiducia. Ha convinto, ha stravinto due speciali mandando in scena, in ciascuno dei due casi, un autentico capolavoro. È terzo. Penso che non ci avrebbe scommesso nessuno, neanche il Pilota che ora alza la posta. Il suo “padrino” ha già vinto, il metodo ha vinto. Per fortuna.

Breen era partito come al solito, puntando a un piazzamento nei primi cinque. Anzi, per la cabala è meglio dire deciso a… spuntare un altro, ennesimo quinto posto. Se invece aveste chiesto a Ostberg, l’avreste sentito rispondere che il norvegese si presenta sempre per vincere. Non importa se è fermo da un anno o se non ha mai guidato la Macchina con cui è schierato. Ostberg, tuttavia, è una garanzia in Svezia, e questo Pierre Budar deve averlo messo in conto, ed è sufficientemente disinvolto e sicuro di sé da non curarsi troppo della “fama” della Macchina. Ostberg, insomma, raccoglie in questo momento il ruolo di Meeke, bloccato dalla propria storia e dall’ordine di partenza, e rilancia insieme a Breen la sfida delle Citroen. La sfida e le quotazioni. Non va male, si sente dire finalmente, la C3 WRC. Noi non l’abbiamo mai detto, abbiamo solo convenuto che non si guidava facilmente. Se di quello si trattava, sembra che il problema sia ora almeno molto ridimensionato. Breen, infatti, prima di stupire e di stupirsi arrivando fino al quarto posto, è stato anche sul podio e ha vinto due bellissime Speciali, e Ostberg, prima di calare per scelta, fatica e non perfetta stesura delle note e chiudere al quinto posto, ha fatto addirittura meglio, senza “furia” ma con una grande regolarità. Due Citroen nella “top five”, in ogni caso, sono oggi un evento.

Umberto Scandola? Naviga attorno alla trentesima posizione, ha una penalità e da farsi le ossa. Quindi sta andando bene.

Avanti con la penultima Tappa, che ci divertiamo.

Foto: Manrico Martella, Simone Calvelli, Fabrizio Buraglio, Claudio Cavion, Marcin Rybak 

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